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I principi su cui si basa sono l’asportazione dell’organo malato, dei vasi e dei linfonodi, oltre ai muscoli piccolo
e grande pettorale: è la mastectomia. Questa serviva per la classificazione, la stadiazione TNM (dimensioni-
interessamento dei linfonodi-metastasi). Dal 1800 si seguono quindi i principi di Halsted.
In seguito sono stati fatti studi randomizzati e si è visto che con una chirurgia conservativa unita alla
radioterapia la prognosi era migliore. Nasce la quadrantectomia. L’asportazione dei linfonodi non implica la
guarigione, ma è utile per fare degli studi sulla terapia da fare. Oggi si usa il principio del linfonodo sentinella.
Nella dissezione ascellare si tolgono i linfonodi di tutti e tre i livelli, mentre in altri Paesi la dissezione è
limitata, ma ha svantaggi.
Anche la diagnosi con gli anni è migliorata: ormai è pre-clinica, cioè che avviene prima che il tumore sia
palpabile, grazie agli screening mammografici (mammografia, ecografia e risonanza).
È importante la familiarità: attenzione al gene BRCA-1 e BRCA-2. Bisogna asportare almeno 1cm di tessuto
sano attorno al tumore. Per individualizzarlo ed estrarlo si usa la procedura ROLL, dopo aver usato il tecnezio
che mette in rilievo la zona almeno un giorno prima.
Oggi si usa la tecnica dello studio del linfonodo sentinella, il primo incontrato dal flusso linfatico dopo il
tumore. L’interessamento avviene sempre dal primo al terzo livello. Lo stesso discorso si è fatto con le
micrometastasi al linfonodo sentinella.
Qualche anno fa è iniziato un nuovo studio sul linfonodo sentinella in cui viene fatto solo il follow up e non
l’asportazione.
La radioterapia è possibile anche solo nella sede del tumore e non su tutta la zona della mammella, e
addirittura anche durante l’intervento, così da evitare di far venire la pz per i 30gg dopo. Spesso questa
terapia detta ELIOT può essere associata a chirurgia plastica.
Quando si fa la mastectomia si cerca di lasciare il capezzolo e si fa una tasca col pettorale in cui inserire la
protesi.
Oggi si fa la mastectomia robotica, ma solo in alcuni casi. Tutti questi interventi vengono fatti in day-hospital.
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Fisioterapia dopo l’intervento chirurgico al seno (Federica Baggio)
È molto importante la catena mammaria dei linfonodi e i muscoli grande e piccolo pettorale. Quando la
protesi viene messa sotto al pettorale c’è una perdita di forza, ma non significativa clinicamente perché lavora
con molti muscoli. In molti casi la protesi viene messa anche sotto al dentato anteriore, per chiudere la tasca
lateralmente. La debolezza del dentato è molto evidente e importante. Quando la ricostruzione avviene con
i lembi del gran dorsale la cicatrice è dietro, oppure si usa il retto addominale: il risvolto è complicato.
Durante il ricovero si vedono le pz in prima e seconda giornata dopo l’intervento. L’approccio è scientifico. Si
vedono solo le pz con dissezione ascellare (linfonodo sentinella positivo). Dopo la seconda giornata si fa
l’educazione.
-Osservazione:
La ferita di solito è coperta dal cerotto, bisogna far attenzione a edema, gonfiore, zone di dolore.
Il drenaggio è un tubo che arriva in zona chirurgica collegato a un recipiente e serve per eliminare sangue e
liquido. La normalità è che il drenato sia rosso che tende a schiarirsi e con un po’ di perdita. Bisogna stare
attenti al cambiamento di colore o alle scariche.
Edemi ed ematomi non devono essere presenti.
Bisogna controllare l’allineamento posturale per vedere i compensi da correggere.
-Valutazione:
Il dolore non deve essere maggiore di 4 su scala 0-10. Per controllarlo ci sono terapie antalgiche a orari fissi.
La presenza del deficit del gran dentato deve essere valutata. È una conseguenza dell’intervento. Con questo
deficit si hanno le scapole alate. Questo avviene per lo “stupor” del nervo toracico lungo, che innerva il
dentato. Di solito non viene reciso dal chirurgo, ma viene stirato o compresso o riscaldato durante
l’intervento per via delle posizioni. Lo stupor del nervo indica la difficoltà nel condurre gli impulsi. Il dentato
quindi è debole, la scapola non resta adeso al tronco e sono impediti alcuni movimenti della gleno-omerale,
soprattutto la flessione. Questo problema si valuta facendo mettere le braccia flesse a 90° e se si ha la
debolezza si vedono le scapole alate. Il tempo di ripresa è di 6-8mesi. È completamente recuperabile e non
influenza la qualità di vita della pz. Va valutato subito in prima giornata.
L’articolarità in flessione e in abduzione vanno valutate.
-Trattamento:
In prima giornata si fanno esercizi molto leggeri per via delle limitazioni chirurgiche. Si fa: respiro
diaframmatico, abduzione a letto con arto in scarico non oltre i 90°, apertura e chiusura delle mani per il
drenaggio da pz supina con braccia flesse. Bisogna evitare abduzione oltre i 90°.
In seconda giornata si aggiungono esercizi da in piedi (si aprono e chiudono i gomiti con le mani dietro la
testa o si fa finta di arrampicarsi) e si arriva al massimo grado di abduzione e flessione possibile, cioè fino alla
tensione, non al dolore.
Si fa un momento educativo: devono fare gli esercizi da sole una volta al gg tre ripetizioni per esercizio per
6settimane in cui si ha ancora il drenaggio (per recuperare l’articolarità), poi 3 volte al giorno 5 ripetizioni per
esercizio. Per un mese poi si recupera la forza. Quindi prima si recupera l’articolarità (6settimane) e poi la
forza (4settimane per ottenerla). Di solito la fisioterapia è autonoma, ma se ci sono problemi è consigliata
quella assistita. La parte educativa viene fatta o singolarmente o in gruppo. Gli argomenti dell’educazione
sono il linfedema e la sindrome dell’intervento ascellare. Si consegnano opuscoli informativi e sul sito dell’IEO
o su youtube ci sono gli esercizi da fare. Attenzione alla fatigue oncologica.
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Tra le sequele post-chirurgiche c’è:
-la lesione del toracico lungo, causata da radioterapia, tumore ecc, nel 8-30% dei casi, la cui conseguenza è il
deficit della scapola in abduzione e rotazione esterna. Il trattamento avviene accompagnando gli esercizi
normali con un lavoro specifico sul dentato anteriore e di rinforzo sulla spalla. Quindi lo stretching iniziale è
subito accompagnato agli esercizi di forza per evitare i compensi. Gli esercizi di stretcing si fanno solo quelli
dal letto, non da in piedi perché non c’è controllo, e si inizia col rinforzo. Di solito si usano gli elastici perché
economici. L’indicazione è quella di non superare i 90° attivi di abduzione e flessione. Altre terapie correlate
sono il tape o anche l’elettroterapia. Il trattamento in definitiva è l’esercizio, che può essere aiutato da queste
tecniche.
-l’Axillary Web Syndrome è tipica degli interventi di chirurgia senologica. È la formazione di cordini che
partono dall’ascella e arrivano fino al polso: sono un danno del sistema nervoso e linfatico dovuti a stasi
venosa superficiale e linfatica e trombosi dovute all’intervento. I vasi aderiscono alla cute sottostante, creano
dolore. Nascono nelle prime settimane dopo l’intervento. La causa è ancora non conosciuta. È una
complicazione comune (50% dei casi). Il trattamento avviene con manovre di scollamento, stretching e tape.
La manovra di scollamento si fa in massima escursione articolare, si afferra il cordino, si fa pressione e si tira
(si fa pressione in direzioni diverse e cambiando direzione). Così si staccano. Finita la manovra il braccio è
libero. Bisogna intervenire un po’ in maniera traumatica. Se non viene trattato in 8 mesi va via da solo. Il
problema è che non si hanno i movimenti articolari e si arriva alla spalla congelata. A volte questi cordini si
formano anche sotto alla protesi: si ha la Sindrome di Mondor, che avviene anche per altri interventi,
soprattutto ginecologici. Il trattamento è lo stesso.
-incapsulamento della protesi ed espansori: la protesi non viene messa sotto la cute perché se no si incapsula
per via della membrana che si crea. Per questo si usa una tasca nel pettorale, ma a volte succede lo stesso. È
normale che il corpo tenda a isolare il corpo estraneo, ma se diventa duro si attacca alla cute. Il risultato
estetico è molto compromesso. Il trattamento è chirurgico: si toglie la protesi, si pulisce e rimette una nuova
protesi sperano che non succeda ancora. Si può intervenire anche senza la chirurgia. L’incapsulamento si può
classificare con la scala di Beker in 4 stadi: nei primi 2 si può cercare di intervenire massaggiando vicino alla
protesi ed evitando i compensi muscolari. Anche in questi casi si può usare il tape.
-il linfedema: è il gonfiore. Il sistema linfatico è importante per la regolazione delle proteine e per
l’immunologia. Tutto ha inizio dal liquido che rimane nell’interstizio (10%), cioè il riassorbimento delle venule
è solo per il 90%. Il 10% viene riassorbito dal sistema linfatico. Quando c’è una dissezione ascellare il sistema
linfatico è pieno e non riesce a riassorbire: il braccio si gonfia. Questa condizione succede nel 20% dei casi. È
importante la prevenzione: evitare infezioni, oggetti che stringono il braccio, portare cose pesanti ecc. Ci
sono molti modi per valutare il linfedema: la valutazione è centimetrica. Si misura la mano con giro a 8, poi il
braccio, oppure il volume. Varia anche la consistenza: le proteine lo rendono duro, l’acqua no. L’ideale è
misurare in vari modi. Il trattamento avviene con linfodrenaggio manuale, bendaggio e guaina
elastocompressiva. È una patologia cronica, per questo serve la guaina su misura. Anche la pressoterapia va
bene, ma in fase di mantenimento, come richiamo ogni 1-2 anni. Non va assolutamente bene nella fase
iniziale del trattamento perché non traziona la cute, ma spinge solo le piccole molecole d’acqua. Non va bene
come trattamento principale.
-per le ricostruzioni con i lembi: nel caso del dorsale non ci sono grandi differenze di forza, mentre per il retto
sì. Non bisogna rinforzare il retto, ma gli obliqui e i trasversi per ripristinare l’equilibrio (tilting del bacino e
stretching). 3
24.11.2015 Daniele Sances e Paolo Veronesi
L’anestesia ha 3 componenti: antalgica, ipnotica, curarizzazione (per la contrazione muscolare). L’anestesia
elimina il dolore.
Il dolore è una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale primariamente associata a danno tissutale o
presunto tale. Il dolore può essere nocicettivo e neuropatico: nel primo caso un evento lesivo viene percepito
a livello periferico e trasmesso al SNC dove viene memorizzato, nel secondo caso il dolore &eg