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Regolazione dell'osmolalità e del volume plasmatico
Dell'osmolalità, secernono l'ormone antidiuretico o vasopressina che stimola nel rene il riassorbimento facoltativo di acqua. Al contrario, la riduzione dell'osmolalità plasmatica induce negli osmocettori una risposta opposta che determina il blocco della sintesi e della secrezione di AVP.
Il sistema nervoso autonomo: in caso di ipovolemia e/o di ipertensione si ha attivazione della branca simpatica che induce una risposta vasocostrittrice e tachicardica. Al contrario, nel caso di ipertensione e/o di ipervolemia, si ha l'attivazione della branca parasimpatica con conseguente vasodilatazione e bradicardia.
Ormone antidiuretico (AVP): Anche chiamato vasopressina, questo ormone è secreto dai neuroni dei nuclei sopraottico e ventricolare dell'ipotalamo anteriore (che secernono anche l'ossitocina) e stimola il riassorbimento facoltativo dell'acqua nelle cellule dei tubuli distali nel seguente modo:
- Dapprima, AVP interagisce con i
recettori specifici, V2 o AVP-R, espressi sulla faccia basolaterale delle cellule che formano la parete dei tubuli collettori,- Avviene la trasduzione del segnale tramite proteine G che attivano l'adenilato ciclasi che forma il cAMP che agisce da secondo messaggero ed attiva la proteinchinasi A. questa fosforila un residuo serinico dell'acquaporina 2 ed innesca una serie di eventi che stimolano il trasporto delle vescicole contenenti questi canali proteici specifici per l'acqua dal citoplasma nel doppio strato lipidico dellato luminale della membrana plasmatica della cellula tubulare. Oltre al trasloco di queste vescicole, che rappresenta l'effetto a breve termine, l'AVP svolge anche un effetto a lungo termine se la sua concentrazione ematica si mantiene elevata per almeno un'ora. Esso consiste nell'aumento numerico dei canali idrici per aumento della trascrizione del gene che codifica per essi. Difetti nella sintesi o nell'azione dell'AVP
Sono alla base del diabete insipido, termine con il quale si intende una sindrome caratterizzata da poliuria, con escrezione di una urina molto diluita. I pazienti emettono generalmente 5-10 litri di urina al giorno, ma sono stati anche descritti casi in cui la produzione giornaliera di urina è stata di ben 40 litri. La poliuria produce polidipsia di eguale intensità. Il diabete insipido può essere neurogeno e nefrogeno: è neurogeno quando è provocato dalla deficiente sintesi o dal mancato rilascio nel sangue dell'ormone antidiuretico; è nefrogeno invece quando le cellule tubulari del rene non sono in grado di rispondere all'azione di questo ormone o per mancata sintesi o per mancata espressione dei recettori specifici per lo stesso. In questo secondo caso la concentrazione dell'AVP nel sangue è normale o anche elevata. Differisce dal diabete insipido la polidipsia neurogena. In questa patologia infatti la polidipsia, che
Nel diabete insipido assume un significato compensatorio, rappresenta il difetto primario. I pazienti sono afflitti da una continua sensazione di sete. L'eccessivo apporto idrico è seguito da caduta dell'osmolalità plasmatica, che comporta l'inibizione della secrezione dell'ormone antidiuretico e conseguente poliuria.
Sindromi da aumentata produzione di AVP comportano iponatriemia, ipoosmolalità plasmatica, ritenzione idrica e oliguria. La causa di maggior rilievo è la produzione ectopica di AVP effettuata dalle cellule di varie neoplasie.
Sistema renina-angiotensina: La renina è una proteasi prodotta, immagazzinata e rilasciata dalle cellule granulari dell'apparato juxtaglomerulare, formato oltre che dalle cellule granulari anche dalle cellule della macula densa e dalle cellule extraglomerulari mesangiali. La sua emivita nel sangue è di 30-60 minuti, durante i quali questa proteasi espleta ininterrottamente la sua
Attività sull'angiotensinogeno. È quest'ultima una α-2 globulina, sintetizzata e secreta nel sangue dagli epatociti. Si forma così l'angiotensina I, un decapeptide che costituisce il substrato per un enzima legato alle cellule endoteliali, ACE o angiotensin converting enzyme, che genera l'angiotensina II. Questo peptide, durante la sua breve emivita, prima di essere trasformata in angiotensina III ad opera di diverse peptidasi, interagisce con il suo specifico recettore (AT1) espresso sulla membrana di numerosi citopi ed induce i seguenti effetti:
- Stimola la secrezione di aldosterone da parte delle cellule della zona glomerulosa del corticosurrene. L'aldosterone, a sua volta, stimola il riassorbimento di sodio a livello renale e di conseguenza il riassorbimento di acqua, e stimola inoltre l'escrezione del potassio. Infatti, in conseguenza della riduzione della concentrazione di sodio, il liquido tubulare va incontro ad
Una progressiva negativizzazione, che incrementa la differenza di potenziale che si viene a creare tra il liquido tubulare e il liquido interstiziale. È proprio questa differenza a costituire la spinta promuovendo la secrezione di K+ e di H+.
Stimola la midollare del surrene alla liberazione di catecolamine che hanno azione vasocostrittrice.
Stimola la contrazione della parete delle arteriole periferiche aumentando così la resistenza delle arteriole periferiche.
Peptide natriuretico atriale (ANP): è sintetizzato dai miocardiociti atriali, prevalentemente da quelli dell'atrio destro. La sua secrezione è regolata da un meccanismo a feedback. Gli stimoli secretivi sono rappresentati dalla distensione delle pareti atriali causata dall'aumento del ritorno venoso, che a sua volta consegue dall'aumento del volume circolante; quelli inibitori invece sono forniti dalla riduzione volumetrica delle stesse. L'ANP causa vasodilatazione, con conseguente
la sua importanza nel controllo della pressione arteriosa. Infatti, la vasodilatazione causata dall'ossido nitrico permette un aumento del flusso sanguigno e una riduzione della resistenza vascolare, contribuendo così alla diminuzione della pressione arteriosa. Inoltre, l'ossido nitrico svolge un ruolo importante nella regolazione dell'equilibrio idrico. Infatti, stimola l'escrezione urinaria del sodio e dell'acqua, aiutando così a ridurre la ritenzione idrica e a mantenere un adeguato equilibrio dei liquidi nel corpo. È importante sottolineare che la sintesi dell'ossido nitrico avviene grazie all'azione della NO sintasi, un enzima presente in diverse forme nel nostro organismo. Questo enzima catalizza la trasformazione dell'arginina in citrullina e ossido nitrico. L'ossido nitrico ha una vita breve perché viene rapidamente inattivato da composti ad azione riducente. Pertanto, la sua azione si manifesta principalmente a livello locale, nelle immediate vicinanze delle cellule che lo hanno prodotto. Tuttavia, una volta che l'ossido nitrico penetra nel sangue, può agire anche a una certa distanza dal sito di produzione. Infatti, quando entra in contatto con l'emoglobina nel sangue, si lega ad essa e acquisisce una certa stabilità. Questo permette all'ossido nitrico di diffondersi nel corpo e di esercitare i suoi effetti benefici sulla vasodilatazione e sulla regolazione dell'equilibrio idrico. In conclusione, l'ossido nitrico svolge un ruolo fondamentale nella regolazione della pressione arteriosa e dell'equilibrio idrico nel nostro organismo. La sua azione vasodilatatrice e di stimolo all'escrezione urinaria del sodio e dell'acqua contribuisce a mantenere una pressione arteriosa adeguata e un corretto equilibrio dei liquidi nel corpo.L'effetto benefico della nitroglicerina nell'angina pectoris, consistente nel rilassamento della parete delle arterie coronarie per la vasodilatazione provocata dall'ossido nitrico in cui essa è trasformata. L'NO, inoltre, agisce sulle piastrine inibendone l'aggregazione ed il rilascio di molecole vasocostrittrici.
Endoteline: prodotte prevalentemente dalle cellule endoteliali, sono presenti nel sangue in quantità estremamente bassa. Si ritiene perciò che esse agiscano con un meccanismo autocrino/paracrino, più che endocrino, stimolando l'attività contrattile del citoscheletro delle fibrocellule muscolari lisce della parete arteriosa con conseguente vasocostrizione.
Ipernatriemia ed iponatriemia: il sodio viene assorbito a livello intestinale nel tenue e nel crasso grazie a diversi tipi di proteine che sono presenti sul lato luminale della membrana plasmatica degli enterociti. Questo ione non si accumula nel citoplasma delle
cellule intestinali perché viene attivamente espulso nell'liquido interstiziale attraverso la membrana basolaterale da una pompa sodio-potassio ATPasi che, nel contempo, trasporta potassio nel citoplasma. L'acqua, che segue il sodio e gli altri soluti, invece, è assorbita per via paracellulare. Quasi tutto il sodio che giunge nell'intestino è assorbito in quanto con le feci ne viene eliminata soltanto una piccola quantità. Oltre che con le feci, piccole quantità di sodio vengono giornalmente perse anche con le perspiratio sensibilis e con il sudore e dunque attraverso la cute. L'escrezione di sodio avviene prevalentemente attraverso il rene. In condizioni fisiologiche il bilancio di questo ione è in pareggio nel senso che le uscite equivalgono alle entrate in quanto l'escrezione urinaria del catione aumenta in caso di maggiore assunzione e diminuisce in caso di assunzione ridotta. Vi sono però casi in cui questo bilancio
Non è possibile. Quando la concentrazione plasmatica di sodio supera i 150-160 mEq/L si parla di ipernatriemia. Essa può verificarsi:
- in conseguenza di deplezione idrica (per ridotta assunzione o per eccessiva perdita di acqua) che determina riduzione del volume del solvente con conseguente relativo aumento della concentrazione dei soluti,
- Per aumento della quantità assoluta di sodio che a sua volta consegue all'aumentata assunzione di NaCl o alla ridotta escrezione del catione. Le patologie più frequentemente responsabili di ciò sono la sindrome di Conn (o iperladosteronismo primario) e il morbo di Cushing (o iperglicocorticosteroidismo). L'aumento della concentrazione di sodio nei fluidi del compartimento extracellulare induce il richiamo di acqua. Ne conseguono ipervolemia e il rischio di comparsa di edemi.
Una patologia in cui si osserva ipernatriemia (per eccessivo assorbimento di sodio) e dunque ipertensione è la sindrome di Liddle.
in cui si hanno mutazioni con guadagno di funzione a carico del gene che codifica per una subunità del canale del sodio localizzato nella porzione distale del nefrone e del colon. Si parla di iponatriemia quando la concentrazione plasmatica del sodio si abbassa al di sotto di 125 mEq/L. Ciò si può verificare: - Quando vi è ritenzione idrica, senza variazioni del contenuto totale di sodio, con conseguente diluizione di tutti i soluti del plasma e del fluido extracellulare. - Quando la perdita di sodio supera quella dell'acqua. Questo si verifica in pazienti che eliminano eccessive quantità di questa catione attraverso l'apparato gastroenterico (vomito e diarrea), per via cutanea (fistole) o per via renale (ipoaldosteronismo, insufficienza renale e pseudoipoaldosteronismo di tipo I). Questa sindrome è dovuta alla perdita o alla riduzione della funzione del canale sodio specifico, lo stesso che subisce guadagno di funzione nella sindrome.e da un aumento dei lipidi o delle proteine nel sangue, che causa una diluizione apparente del sodio. Questo fenomeno può essere causato da condizioni come l'iperlipidemia, l'ipoproteinemia o l'ipergammaglobulinemia. La pseudoiponatriemia può essere diagnosticata tramite un esame del sangue che misura la concentrazione effettiva di sodio nel siero.