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ISCHEMIA
L'ischemia è una condizione di limitazione o di interruzione di apporto sanguigno ad un'area più o meno vasta di tessuto, che si verifica per cause intrinseche (occlusione) o estrinseche (compressione) ad un vaso sanguigno o per insufficiente pressione arteriosa. I tessuti più colpiti sono cuore, retina, cervello e rene, per la loro circolazione arteriosa terminale. Questo vuol dire che quel vaso non possiede rami collaterali amonte dell'occlusione né anastomosi a valle, che comunque permettano l'afflusso di sangue, nonostante l'occlusione.
L'ischemia da un lato impedisce l'arrivo ai tessuti di ossigeno e di sostanze nutritizie, dall'altro impedisce la rimozione dei cataboliti. L'effetto patogeno è dovuto prevalentemente alla mancata fornitura di ossigeno. I nostri tessuti, infatti, soprattutto quelli più differenziati, richiedono forti quantità di ossigeno per far fronte alle loro esigenze.
funzioni specializzate, per il metabolismo energetico. Non appena manca l'ossigeno, le fosforilazioni ossidative cessano. Si osserva una drastica riduzione e un arresto della formazione di ATP; l'ADP però non aumenta in proporzione perché parte di esso viene utilizzato dall'adenilatociclasi per mantenere i livelli di ATP. Nel frattempo, entra in funzione il meccanismo alternativo di produzione dell'ATP, ossia la glicolisi anaerobia con produzione oltre che di ATP, di acido lattico. Questa via vicariante però dura poco per la rapida scomparsa del glicogeno e l'impossibilità di apporto di glucosio col sangue; il sangue infatti ha anche la funzione di rifornire la cellule di substrati metabolici, tra cui il glucosio appunto. Visto l'aumento dell'acido lattico, nel tessuto si ha tendenza all'acidificazione. Gli effetti dell'ischemia dipendono dalla sua durata, dalla sua gravità (parziale o totale), dalle
Le caratteristiche dei tessuti coinvolti e dalla loro condizione al momento dell'instaurarsi della ischemia. Ciò che si osserva è il rigonfiamento dei mitocondri che perdono tra l'altro le proprie proteine enzimatiche della matrice e formano densi aggregati intramatricali da interpretarsi come proteine denaturate. Dai mitocondri poi il danno si estende alle altre strutture cellulari: le cisterne del RE si rigonfiano e si frammentano; il nucleo diviene piccolo e la cellula stessa si rigonfia. L'aumento del volume cellulare è attribuibile al blocco della pompa di estrusione del sodio, che è ATP dipendente, accompagnato da incremento iso-osmotico dell'acqua e da perdita di potassio. Si osserva inoltre un aumento della concentrazione intracellulare di calcio proveniente sia dall'esterno che dai compartimenti intracellulari. Il danno alla membrana plasmatica sembra essere il fenomeno critico nel determinare l'irreversibilità della lesione.
Con l'instaurarsi di questa danni la compartimentalizzazione, che è il requisito essenziale dell'organizzazione cellulare, è definitivamente distrutta. L'ischemia prolungata può portare a necrosi, ossia a morte di gruppi di cellule nell'ambito di un tessuto. La necrosi ischemica di un tessuto è detta infarto. Per evitare che si verifichi ciò, l'intervento più ovvio è un pronto ripristino del flusso sanguigno. Questa riperfusione ha un doppio effetto:- Fornisce la possibilità a cellule solo parzialmente e reversibilmente danneggiate di riprendersi.
- Nelle cellule in cui l'omeostasi dl calcio citosolico era stata profondamente alterata, per la disponibilità di ATP si ha l'attivazione abnorme di funzioni dipendenti dal calcio e dall'ATP. Questo paradossalmente porta ad una disorganizzazione irreversibile e quindi alla necrosi (danno da riperfusione).
conseguel'attivazione di una risposta infiammatoria e riparativa che riguarda sia l'interno dell'area di infarto che le zone circostanti, sia i tessuti adiacenti. Questa risposta ha un duplice effetto: se da un lato ha un effetto benefico perché porta al reclutamento di cellule staminali e all'attivazione di geni per la sostituzione delle molecole danneggiate; dall'altra è dannosa. Infatti, le citochine liberate localmente possono essere dannose su alcune cellule che erano solo moderatamente danneggiate e possono avviare un programma di apoptosi che amplia l'area di infarto.
Infarto del miocardio: è la necrosi ischemica del miocardio e può essere transmurale (quando viene occlusa una delle coronarie maggiori per cui l'intero spessore di una parete è interessato) esubendocardico (quando una delle coronarie viene parzialmente ma progressivamente occlusa).
Infarto cerebrale (o ictus cerebrale): è la necrosi del
tessuto cerebrale che può dare:
- Ischemia locale. Si ha l'occlusione di un'arteria cerebrale di medio calibro, più frequentemente per un embolo proveniente dalle sezioni sinistre del cuore, che provoca la necrosi di una bendefinita area cerebrale.
- Ischemia diffusa, derivante da un'ipotensione grave. Quando prolungata può portare a morte.
Infarto polmonare. Sia ha quando si ha l'occlusione di arterie bronchiali di medio calibro, senza la possibilità di stabilire circoli collaterali alternativi. L'area di necrosi appare rossa per emorragia. Questo si verifica in tutti quei tessuti che hanno una doppia circolazione per cui una è interessata dall'occlusione mentre l'altra va incontro a facile rottura dei vasi nell'ambito della regione di necrosi.
Infarto renale: è dovuto all'occlusione dell'arteria renale, quasi sempre per embolo trombotico. Viene colpita rapidamente la corticale dove vi sono
Le cellule epiteliali sono le più sensibili all'ischemia. Questo può portare all'insufficienza renale.
L'infarto intestinale è dovuto all'occlusione delle arterie mesenteriche. Il danno ischemico più precoce si manifesta a carico dell'epitelio della mucosa, solo successivamente vengono interessate le altre pareti intestinali (muscolare e sierosa). Grazie all'abbondante disponibilità delle cellule staminali, la mucosa viene facilmente riparata nel giro di pochi giorni. Nei casi più gravi si può avere perforazione intestinale.