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CROMATOFORI
Cosa colora il tegumento dei vertebrati? Tutta una serie di cellule chiamate
cromatofori.
I cromatofori non sono di origine epidermica, ma migrano dalle creste neurali
e portano al loro interno dei pigmenti di diverso tipo. Quelli che portano il
colore giallo-arancio si chiamano xantofori; quelli che portano il colore rosso
sono gli eritrofori (carotenoidi). Poi abbiamo gli iridofori, che al loro interno
non hanno nessun colore, ma dei cristalli di guanina che riflettono lo spettro
luminoso ed emettono un colore nella lunghezza d’onda dell’azzurro-blu.
I melanofori, inseriti anche nel derma, sono cellule che garantiscono la
presenza di colori più chiari o più scuri. Ci proteggono dai raggi ultravioletti e
contengono pigmenti di colore scuro detti melanosomi (nero o marrone), la cui
abbondanza determina il colore della pelle. Hanno la forma di un neurone:
posseggono tanti prolungamenti che si inseriscono fra le altre cellule della
pelle. Normalmente, questi pigmenti sono contenuti all’interno del citoplasma
che circonda il nucleo; in questo modo sono raggruppati e permettono
l’espressione di colori chiari. In situazioni di stress o di adattamento
ambientale, essi si disperdono sui prolungamenti della cellula e vanno ad
oscurare i colori già presenti nel tegumento, inducendo una livrea più scura.
Sono regolati da ormoni come la noradrenalina e l’MSH, ormone stimolante
della melanina.
Le variazioni dei colori nei camaleonti non dipendono da pigmenti colorati o
dalla loro dispersione, ma dalla posizione che assumono gli iridofori all’interno
del citoplasma: allontanandosi e avvicinandosi, seguendo stimoli forse di
natura ormonale, sono in grado di far variare la lunghezza d’onda assorbita dai
pigmenti. IL SISTEMA SCHELETRICO
Nei vertebrati l’ossificazione non è avvenuta sin da subito. Il tessuto osseo
costituisce una delle novità che hanno accompagnato l’evoluzione dei
vertebrati e il processo della sua formazione è stato graduale: inizialmente
abbiamo avuto una mineralizzazione solo esterna, che poco per volta si è
estesa anche ai tessuti interni. La prima fase è stata la corazza dermica,
posseduta da ostracodermi e placodermi, che come fonte di sostegno non
avevano una colonna vertebrale ma la notocorda. La seconda fase è stata la
mineralizzazione delle ossa del cranio e del cinto pettorale. Infine, quando
l’evoluzione dei vertebrati aveva ormai raggiunto grandi risultati, si è avuta
l’ossificazione proprio della notocorda. Questo processo ha permesso la
formazione delle vertebre, poi quella delle costole, degli arti e dei cinti
(pettorale e pelvico). Negli embrioni dei vertebrati, la colonna
vertebrale nasce da una modificazione della
notocorda, carattere plesiomorfico di tutti i
cordati.
La notocorda si allunga lungo tutto l’embrione
e, al di sopra della stessa, si forma il tubo
neurale (sinapomorfia dei cordati). È un tessuto
turgido e rigido, di tipo cartilagineo, formato da
cellule grandi e globose piene d’acqua, capace
di sostenere il corpo e mantenerne la forma. Le
cellule che circondano e compongono la
notocorda sono avvolte da un tessuto esterno,
tonaca
una fatta di tessuto connettivo. È stata la notocorda a sostenere il corpo
dei vertebrati quando sono comparsi per la prima volta, prima di diventare
colonna vertebrale.
Quando nell’embrione comincia la formazione delle vertebre, delle cellule
migrano dal mesoderma del somite (regione dello sclerotomo) e vanno ad
avvolgere la notocorda, formando il corpo della vertebra. Queste cellule
circondano anche il tubo neurale e formano l’arco neurale che protegge il
tubo spinale. In alcuni casi queste vertebre restano cartilaginee, ma nella
maggior parte si ossificano e formano una colonna vertebrale continua
resistente che sostiene il corpo e proteggere il midollo spinale.
Il risultato di questo movimento embrionale genera strutture chiamate
vertebre, cilindretti ossei metamerici circondati da un arco osseo. La funzione
della vertebra è sostenere e proteggere, per cui avremo un corpo della
vertebra, l’elemento solido che darà sostegno, ed un l’arco neurale al di sopra
di esso. Fra il corpo e l’arco ci sarà un foro neurale, che proteggerà il midollo
osseo che lo attraverserà. Più fori neurali messi in fila andranno a creare il
canale neurale.
Lateralmente tutte le vertebre hanno delle specie ali, prolungamenti laterali
chiamati processi trasversi su cui si agganciano i muscoli.
Poi abbiamo le zigapofisi, faccette articolari fra le vertebre che permettono un
loro movimento elastico e comparvero quando i vertebrati cominciarono a
camminare in modo fluido.
Le vertebre, posizionandosi una al di sopra dell’altra, formano dei fori
intervertebrali in cui passano i nervi spinali. Spesso esse sono separate da
cuscinetti o dischi intervertebrali, che servono a distanziare adeguatamente
i corpi delle vertebre, in modo che i fasci nervosi possano uscire senza venire
schiacciati.
Cosa succede quando uno di questi dischi non funziona? Si ha uno
sfiancamento del disco, le vertebre si avvicinano, il nervo che fuoriesce viene
compresso e partono dolori fortissimi (vecchiaia, eccesso di sporti e traumi).
Dicevamo, i primi vertebrati non avevano una vera colonna vertebrale, ma una
semplice notocorda che sosteneva il loro corpo. Gli archi neurali sono stati i
primi a comparire perché l’evoluzione ha ritenuto necessario proteggere, come
prima cosa, il midollo osseo. Gli archi vertebrali si formarono poggiando sulla
notocorda non ancora ossificata.
Nei pesci la notocorda fa ancora parte delle vertebre. Se osserviamo, la parte
esterna si è ossificata, ma all’interno troviamo ancora della notocorda, per cui
non si ha un’ossificazione completa.
In base alla quantità e alla presenza della notocorda, le vertebre assumono
forme diverse:
forma di clessidra o vertebra anficele, tipica dei pesci: il corpo ha due
facce concave con all’interno ancora la notocorda e al di sopra il processo
spinoso.
vertebra acele, la vertebra dei mammiferi, dove la notocorda è
completamente ossificata e le due facce che compongono il corpo sono
parallele. La notocorda si può trovare nei dischetti intervertebrali e forma una
struttura chiamata nucleo polposo.
Man mano che si sale nella scala evolutiva, l’ossificazione delle vertebre è
sempre più completa. PESCI
Le missine per la sistematica cladistica sono gli unici organismi che non hanno
vertebre, il cui corpo è solamente sostenuto dalla notocorda. Per questa
ragione vengono considerate come il sister-group di tutti i vertebrati; invece
nelle lamprede ci sono tracce di notocorda: dischetti cartilaginei vicino al
midollo spinale. Quindi, ancora una volta, le specie più antiche non hanno la
notocorda ossificata, ma solo dei dischetti che circondano il midollo per
proteggerlo.
Recentemente si è scoperto qualcos’altro. In base ai fatti esposti si tenderebbe
a pensare che le vertebre siano comparse con le lamprede, invece, la biologia
dello sviluppo ci dice che le vertebre compaiono anche nell’embrione delle
missine, nella regione vertebrale.
Si tratta di un adattamento secondario: esse non ne necessitano per cui
durante lo sviluppo le eliminano, quindi non sarebbero più il sister-group dei
vertebrati, ma sarebbero anch’esse dei vertebrati.
Le vertebre cominciano a diventare importanti e robuste quando i pesci
acquisiscono le mascelle.
I placodermi sono stati i primi pesci a sviluppare le mascelle. Il loro corpo si
irrobustisce, le loro pinne diventano pari e parallele all’acqua e loro diventano
degli ottimi predatori.
Nei condroitti abbiamo la formazione della prima colonna vertebrale vera e
propria: è fatta da cartilagine, quindi ha la necessità di essere irrobustita. Allora
la strategia evolutiva ha messo a punto diverse modifiche della colonna che le
permettono di sostenere il peso del nuoto di questi grandi animali. Il centro
delle vertebre è calcificato, quindi abbiamo un processo di calcificazione del
corpo vertebrale dei condroitti: il vantaggio è che se il centro si indurisce può
reggere meglio le spinte del nuoto di questi pesci. Tuttavia, questo rende le
vertebre estremamente fragili, così la natura ha inserito, fra una vertebra e
l’altra, delle piastre intercalari che irrobustiscono la colonna e le
conferiscono maggiore stabilità.
Nei pesci, nella regione della coda, le vertebre non hanno solo un arco neurale,
ma anche un arco caudale denominato arco emale. La sua funzione è ancora
quella di protezione, ma questa volta dei vasi sanguigni che scorrono all’interno
della coda del pesce (arteria e vena caudale), perché se quest’ultimi venissero
danneggiati l’animale non potrebbe più nuotare e morirebbe.
Nei pesci ossei le vertebre sono più sottili e leggere, ma la struttura è la stessa.
La differenza è che sono più sottili, completamente ossificate e al di sopra
dell’arto neurale abbiamo un prolungamento osseo detto spina neurale, posto
sulle vertebre della regione toracica. Sulle quelle della regione caudale
abbiamo lo stesso prolungamento, chiamato in questo caso spina emale.
Lo scopo di questi prolungamenti è duplice: l’inserimento dei muscoli utili al
nuoto e l’inserimento degli elementi ossei periferici che sorreggono le pinne,
sia le impari dorsali che le pari.
Non tutti i pesci ossei hanno una colonna vertebrale ossificata: alcuni di essi,
anche belli grossi, mantengono ancora la notocorda. Essi sono ovviamente i più
antichi, come gli Storioni o tutti quei pesci che ancora somigliano a quelli
comparsi nel Devoniano. Gli Storioni, ad esempio, possiamo capire che sono
molto antichi dal tipo di scaglie che presentano sul corpo (scaglie ganoidi) o il
fatto che non hanno una vertebra completa. Questo tipo di vertebre dei
condrostei si chiama vertebra acentrica.
Un’altra particolarità dei pesci antichi è la presenza, nella regione della coda, di
vertebre che non portano gli archi né neurali né emali. È come se si avesse uno
sdoppiamento del corpo vertebrale e questo si chiama diplospondilia: questi
pesci sono pesanti, con un corpo grosso ed una testa pensante, quindi il
raddoppiamento del corpo vertebrale senza archi rende più snodabile la
regione della coda.
La colonna vertebrale nei pesci è importante per il nuoto, fa da base per quella
che è la pinna caudale. L’evoluzione ha determinato la comparsa di diversi tipi
di pinne caudali:
pinna caudale eterocerca: la colonna vertebrale vi ci entra per tutta la sua
lunghezza, ma solamente nel lobo superiore. Non abbiamo si