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Elementi Materiali Empirici e Elementi Formali Puri

(a posteriori) (a priori)

Dati sensibili → Estetica Trascendentale

(i dati sensibili vengono inizialmente schematizzati dalle categorie fondamentali di spazio e tempo, e in questo modo diventano manifestazioni o fenomeni)

Fenomeno → Analitica Trascendentale

Categorie dell'intelletto (è frutto della schematizzazione dei dati sensibili da parte di spazio e tempo, è manifestazione del sensibile pronta per essere acquisita e introiettata dalle categorie dell'intelletto)

Anima, Mondo, Dio → Dialettica Trascendentale

Ragione (di essi NON facciamo esperienza poiché non ne possediamo materiali empirici, ma nonostante questo esiste una facoltà predisposta a pensarle)

Nella terza grande critica, la Critica sulla facoltà di giudizio (titolo originale: Kritic der Urteilskraft) Kant si

Il tuo compito è occuparti di ricercare i principi a priori del gusto. Tale critica non si pone come pezzo mancante per delineare in modo completo l'esperienza sensibile, ma come una summa delle precedenti e in generale un'attuazione di tutto ciò che è stato definito nelle prime due critiche.

La sostanziale differenza fra la prima e la terza critica risiede nel tipo di giudizi adottati dal filosofo. Nella Critica della ragion pura, Kant utilizzava i cosiddetti giudizi determinanti, ovvero sussunzioni del particolare sotto l'universale, dove l'universale rappresenta una regola o legge e il particolare la molteplicità sensibile. Nel caso della terza critica, tuttavia, non esistendo un universale (una regola) sotto il quale sussumere il particolare, si cerca a partire dal particolare di individuare una sorta di universale soggettivo, ovvero un modo di definire le caratteristiche dell'esperienza del bello in modo tale che esse risultino uguali per tutti: il giudizio riflettente.

L'oggetto ha una finalità interna, è come se obbedisse a un suo fine intrinseco. Gli oggetti appaiono belli per tutti dunque non per proprietà fisiche particolari dell'oggetto, ma per le strutture a priori presenti nell'uomo.

Nell'attuarsi di un giudizio riflettente le facoltà risultano esser in un rapporto di libero gioco fra loro, in una generale disorganizzazione armonica.

La struttura della terza critica kantiana prevede due principali sezioni:

  • Critica della facoltà di giudizio estetica → Che a sua volta si suddivide in analitica e dialettica. L'analitica si suddivide ancora in analitica del bello, analitica del sublime e deduzione dei giudizi estetici puri
  • Critica della facoltà di giudizio teleologica → Nella quale si considerano aspetti del bello che hanno una spiegazione finalistica del mondo naturale.

Analitica del Bello

A questo punto Kant si occupa della definizione dei momenti del giudizio di gusto.

ovvero le quattro definizioni che il filosofo fornisce per il bello, in relazione rispettivamente alle categorie dell'intelletto. 1. Il 1° momento del giudizio di gusto è quello secondo la qualità. → "Bello è oggetto di un piacere senza interesse". Ancora una volta il filosofo ci tiene a sottolineare come l'esperienza del bello sia del tutto estranea a una finalità estrinseca, e nel farlo distingue di fatto il "bello" dal piacevole e dal buono. Egli definisce come interesse il compiacimento che leghiamo all'esistenza di un oggetto, ed è in qualche modo collegato alla facoltà di desiderare. In merito a questo punto Kant propone alcuni esempi, come quello del palazzo sfarzoso o del sachem irochese. Perché si parli di giudizio di gusto puro, dunque, è necessario essere totalmente indifferenti all'esistenza della cosa. Il piacevole è di tipo relativistico individuale (non

universale) e attiene pienamente all’esperienza sensoriale dei 5 sensi (come ad esempio un’esperienza alimentare). Esso è inoltre caratterizzato da un forte attaccamento materiale all’oggetto. In merito al piacevole si parla di sensazione. Definizione kantiana di piacevole è: “Piacevole è ciò che piace ai sensi nella sensazione”. La sensazione è qualcosa di strettamente legata all’oggetto e determinata dai sensi, ed è ben diversa dal sentimento, che invece attiene appieno alla dimensione soggettiva ed è fonte del piacere, non del piacevole. Il sentimento non può costituire una rappresentazione dell’oggetto. Nel piacevole si forma una inclinazione che, essendo tale, risulta essere solo mia. Il buono prevede un interesse, e si può distinguere in “buono a” (aspetto utilitario) e in “buono in sé” (aspetto morale). Il buono-a è qualcosa che piace solamente

come mezzo, mentre il buono in sé è qualcosa che piace per sé stesso. Entrambi condividono la caratteristica di avere un qualche interesse, e pertanto si distaccano dalla concezione di bello. L'errore che sussiste nel considerare il piacevole e il buono come identici risiede nel trascurare una differenza che esiste fra essi. Mentre un oggetto che mi si pone può essere mediatamente o immediatamente buono, ovvero può essere utile o buono in sé, il piacevole mi appare come qualcosa che piace immediatamente, senza necessità di alcuna distinzione. Nonostante questa differenziazione, essi condividono senz'altro il motivo della loro lontananza dal bello, ovvero l'interesse.

2. Il 2° momento del giudizio di gusto è quello secondo la quantità. → "Bello è oggetto di un piacere universale senza concetto". L'esperienza del bello deve essere inequivocabilmente condivisa da ciascun individuo.

senzache vi sia tuttavia una regola o una definizione che aiuti a definirla (concetto). Il soggetto deve parlare del bello come se la bellezza fosse una qualità dell'oggetto e il giudizio fosse qualcosa di logico. In questa affermazione Kant cerca chiaramente di rimandare il giudizio riflettente a quello determinante. Esso dovrà essere reso universale proprio come il giudizio determinante, sebbene non esista una regola sotto la quale sussumere la molteplicità particolare. In questo ragionamento Kant coglie ancora l'occasione per attuare una distinzione fra bello e piacevole e buono. Secondo il filosofo un alimento, un suono di uno strumento piuttosto che di un altro può risultare per me piacevole. Per me il colore violetto può essere amabile, mentre per qualcun altro può non esserlo. Fin qua tutto bene; non devo però assolutamente avere la pretesa di poter chiamare quel colore bello, poiché ciò che piace a me non piace.

ad altri. Chiamare qualcosa bello presuppone la costrizione di farlo essere bello anche per gli altri. Chiamare qualcosa bello vuol dire attribuirgli un carattere di universalità soggettiva, attribuendo agli altri il medesimo compiacimento che provo io nell'esperirla. È necessaria quindi una distinzione fra due diversi gusti. Il primo Kant lo chiama gusto dei sensi e ha carattere puramente individuale (relativistico). Il secondo è il gusto della riflessione, ciò che più precipuamente si intende come giudizio riflettente, ovvero giudizi che hanno validità comune. Dal punto di vista analitico, tali tipi di giudizi non si ricollegano all'oggetto, bensì al soggetto, e per questo il loro è un tipo di universalità speciale. Ma il sentimento di piacere che deriva dalla rappresentazione, precede o vien dopo il giudizio di gusto? Se esso venisse prima, e al giudizio di gusto fosse rimasto solo il compito di confermare

L'universale comunicabilità del piacere stesso, si avrebbe una contraddizione e si tratterebbe unicamente di un piacevole dei sensi. Quello che viene trattato in questa sede, invece, è un piacere di secondo livello. Se il primo può essere associato alla sensazione, questo secondo ben si può associare al sentimento. Risulta dunque evidente che il giudizio di gusto preceda il piacere; questo poiché, nel momento del giudizio, le nostre facoltà che sono messe in gioco si trovano in un libero gioco fra loro, senza che ne prevalga una in particolare. È proprio l'armonia che scaturisce fra le facoltà a determinare il piacere del giudizio di gusto, che è quindi fondamento del piacere stesso. È chiaro che il passaggio risulta astruso, poiché il filosofo sta tentando di dare una definizione a qualcosa che anche per lui risulta indefinibile.

3. Il 3° momento del giudizio di gusto è quello secondo la relazione.

“Bello è finalità senza un fine”. Strettamente collegata con il primo punto, questa definizione rimanda nuovamente all'idea che la bellezza pura sia qualcosa che ha la forma di una finalità ma che non presenta la rappresentazione di un fine. Si tratta di una finalità formale, interna e autonoma, del tutto intrinseca nel soggetto. Ci comportiamo come se l'oggetto possedesse una finalità interna, e in questo esso ha la forma di una conformità a scopi senza però che sia presente un vero scopo. Poiché lo scopo è una forma di interesse, risulta chiaro come la presenza di anche solo uno scopo alteri l'imparzialità del giudizio e ne comprometta la sua universalizzabilità. Un giudizio di gusto che non presenti alcuno scopo, che sia scevro da interessi e che ha quindi come principio di determinazione solamente la forma della conformità a scopi, si dice giudizio puro di gusto.

Sono inoltre due specie di bellezza: la bellezza libera e la bellezza aderente. La prima non presuppone alcun concetto in funzione della perfezione dell'oggetto, mentre la seconda presenta tale concetto e presuppone la perfezione dell'oggetto secondo tale concetto. Bellezze libere sono, ad esempio, i fiori e gli stormi di uccelli, le musiche senza testo e i disegni alla greca usati per decorare le opere architettoniche. Nel giudicare una di queste bellezze libere si attua il giudizio di gusto puro. Cosa diversa è invece per la bellezza di un essere umano, di un cavallo o di un edificio, che presuppongono tutti un concetto sotto il quale far rientrare ciò che la cosa deve essere. Il fatto che l'edificio sia, ad esempio, una chiesa, rende implicito lo scopo estrinseco dello stesso edificio, e la purezza del giudizio di gusto è compromessa dal buono.

4. Il 4° momento del giudizio di gusto è quello secondo la modalità. → "Bello"

è oggetto di un compiacimento necessario senza concetto”. Direttamente collegata alla seconda definizione, anche questa fa riferimento a una bellezza priva di concetto, ovvero non sussumibile sotto leggi universali esistenti a priori. In questo caso viene

Dettagli
A.A. 2019-2020
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/04 Estetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher biciogiovanardi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Estetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Angelucci Daniela.