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Il differenziale di una funzione di due o più variabili
Siamo nel piano tridimensionale, dove oltre alle ormai classiche funzioni nelle variabili x e y,
viene ad aggiungersi una terza, la variabile di quota z.
In questo contesto vengono usate come variabili indipendenti la x e la y e come variabile
dipendente, cioè come risultato di una funzione di due variabili, la z.
Graficamente vedremo l’insieme dei valori che la variabile z assume a seconda dei vari punti
nella quale è definita, come un grafico della funzione nello spazio della terna di assi cartesiani x, y e
z; questo grafico lo chiameremo S.
Possiamo vedere una funzione di due variabili come f A->B dove A(dominio) è la proiezione di
S sul piano e B (codominio) è la proiezione di S sull’asse Z.
Il calcolo del limite per una funzione di due variabili è molto simile al caso monodimensionale,
fatta eccezione per i limiti iterati, infatti se volgiamo calcolare un limite bidimensionale per x e y
che tendono a dei dati x e y, possiamo farlo direttamente facendo tendere ai valori dati le due
variabili contemporaneamente, oppure possiamo iterare i due limiti, cioè quello per x e poi quello
per y in sequenza alla funzione studiata (si noti che i limiti iterati sono due e differiscono solo per
l’ordine di successione dei limiti in x e y).
Una prima condizione di continuità delle funzione ce lo da appunto il calcolo del limite, infatti se
il calcolo dei due limiti iterati (nelle due successioni di esecuzione diverse) danno lo stesso risultato,
allora possiamo affermare che il limite bidimensionale generale esiste ed è uguale a quello dei limiti
iterati.
Dopo questa breve introduzione, passiamo ora alla derivazione e al calcolo del differenziale in
due o variabili.
Diamo la descrizione del operatore di derivazione in due variabili che ci servirà per definire il
differenziale.
La derivazione in due dimensioni è una generalizzazione dell’operazione di derivazione nel caso
monodimensionale, solo che nel nostro caso avremo due funzioni derivate, a seconda che si derivi
la variabile x o la variabile y. Per fare questo mascheriamo la variabile che non deriviamo nella
funzione come un parametro, e quindi deriviamo la funzione. Il significato dell’operatore di
derivazione inteso come limite del rapporto incrementale al tendere a 0 dell’incremento h non
cambia, è solo che viene calcolato distintamente per ogni variabile indipendente.
Come risultato delle derivazione di una funzione di due variabili avremo quindi 2 deivate, cioè
una derivata parziale in x, e una derivata parziale in y.
Il vettore che ha come componenti le derivate prime di una funzione in 2 variabili come funzioni
dei versori i e j è il vettore gradiente, che è a sua volta un versore che indica il verso di massimo
incremento delle funzione.
f ( a , b ) f ( a , b )
∂ ∂
gradF i j
= +
x y
∂ ∂
Ora che abbiamo gli strumenti possiamo partire a definire il piano tangente al grafico S di una
funzione di due variabili in un punto che chiameremo P(a,b,f(a,b))
Il piano tangente (che chiameremo Q) non è altro che una superficie definita dalla funzione
risultato dall’unione della quota f(a,b), della derivata parziale rispetto a x per l’incremento della
variabile x, e, della derivata parziale rispetto a y per l’incremento della variabile y.
In formula: f ( a , b ) f ( a , b )
∂ ∂
Q f ( a , b ) ( x a ) ( y b )
= + − + −
x y
∂ ∂
Una funzione che ammette derivate continue di ordine n in un dato intervallo si dice di classe
Cn(T), quindi per avere il piano tangente (e quindi il differenziale) la nostra funzione dovrà essere
almeno di classe C1.