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Analisi di La sabbia del tempo D'Annunzio Pag. 1
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LA SABBIA DEL TEMPO (D’Annunzio)

Come scorrea la calda sabbia lieve

Per entro il cavo della mano in ozio,

Il cor sentì che il giorno era più breve.

E un'ansia repentina il cor m'assalse

Per l'appressar dell'umido equinozio

Che offusca l'oro delle piagge salse.

A

lla sabbia del Tempo urna la mano

Era, clessidra il cor mio palpitante,

L'ombra crescente d'ogni stelo vano

Quasi ombra d'ago in tacito quadrante.

TITOLO

La Sabbia del tempo è un titolo assai significativo che fa immediatamente ricordare un oggetto legato ad entrambi i sostantivi,

la clessidra. Essa è il mezzo col quale, anticamente, si misurava lo scorrere del tempo; è anche il luogo in cui, materialmente,

oltre al tempo scorre la sabbia, da un'estremità del vetro all'altra. In questo titolo sono perciò riassunte l'idea del tempo che

passa, la vista materiale dello scorrere dell'esistenza e la nostalgia del passato, ma anche la ciclicità del rapporto vita/morte e

l'interscambiabilità fra l'alto e il basso perché, per funzionare, la clessidra deve essere continuamente rovesciata.

METRICA

La poesia si compone di tre strofe, di cui le prime due sono terzine e la terza una quartina. I versi sono tutti endecasillabi.

Questo schema riprende quello del madrigale antico, componimento di 2­3 strofe di versi brevi terminate da un distico. Si può

infatti considerare l'ultima strofa come il raggruppamento di due distici. In origine questo metro era usato per la poesia

galante; da Pascoli, però, esso è usato anche in lode alla natura.

Lo schema delle rime è il seguente: ABA, CBC, DEDE.

PRIMA STROFA

E' nella prima strofa che il poeta improvvisamente, come folgorato da un lampo, si rende conto della brevità del suo giorno e

dunque della sua vita. E' sdraiato, forse in una spiaggia, su una distesa di leggera sabbia riscaldata dal giorno. Ozia sereno e

ignaro del male del mondo quando prende nel suo pugno un po' dei granelli su cui è disteso, che scorrono leggeri tra le sue

dita. E' in questo momento che il suo cuore avverte che il giorno, già breve di per sè, è diventato ancor più breve e

inesorabilmente.

SECONDA STROFA

E' nella seconda terzina che il poeta ci descrive ciò che quest'avvenuta consapevolezza genera in lui: Ansia, la parola chiave

della seconda strofe. Un'ansia improvvisa e travolgente pervade il suo cuore, anche per l'avvicinarsi della sera. E' la sera del 23

settembre, quella dell'equinozio d'autunno, da lui definito umido equinozio, che è infatti portatore delle prime piogge. Per cui

non solo il giorno, ma anche l'estate volge al termine. E con loro la parte migliore della vita di un uomo, quella della giovinezza,

della bellezza, del piacere dei sensi. Infatti la notte dell'umido equinozio, la vecchiaia, "offusca l'oro delle piagge salse", fa

perdere il suo color dorato alla sabbia, alla vita, intrisa di salsedine, con tutte le sue disavventure. Il tempo scorre inesorabile.

TERZA STROFA

E proprio il tempo diviene il termine chiave della terza strofa, una quartina, non a caso la più estesa dell'opera. E' infatti in

questa strofa che il mondo diventa assassino della vita, o, perlomeno, testimone della sua morte. Madre natura richiama a se

suo figlio. La mano del dio­poeta diviene un'urna per la sabbia che attraverso essa è passata e che adesso non c'è più, a

testimonianza di come anche gli uomini non resteranno che polvere e meno di essa entro le loro tombe. E, così, l'ansia

menzionata nella seconda terzina rimane e si acuisce anche nell'ultima strofe scandita dal tempo: dalla clessidra del cuore che

batte ritmicamente, dalle ombre degli steli che si allungano come fossero delle meridiane al tramontar del sole.

Ma in realtà questo non è l'ultimo giorno del poeta che, per fortuna, si risveglierà il mattino seguente pur in una vita più breve.

Non è dunque casualità la vita che Gabriele D'Annunzio condurrà. Una vita inimitabile vissuta come se ogni giorno fosse

l'ultimo, nel modo più intenso possibile.

Il che in netta opposizione rispetto a come Seneca concepiva la lotta alla brevità della vita. Tuttavia per entrambi la vita è una

realtà temporale. Una realtà che fugge via. La vita è la sabbia del tempo, la quale ricorda la polvere della tomba, residuo della

vita, e che non ci lascia presupporre in alcun modo una vita beata dopo la morte.

La sabbia del tempo è dunque un invito a vivere la vita in tutte le sue sfaccettature come D'Annunzio stesso fece.

Ma un'esistenza così è sempre perseguitata dall'angoscia. Quell'angoscia che nella poesia è rappresentata dalla realtà

circostante, orologio incorruttibile dell'esistenza, e dalla sua perpetua fuggevolezza.

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
2 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Itsscilla di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Bello Cecilia.