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CAPITOLO IV: IL GIOCO DELLE PARTI: CALORE E LUCE

Nel precedente capitolo sono stati analizzati i tipi di tecnologia ambientali disponibili nel corso dl

diciannovesimo secolo. È però importante analizzare come si sia trasformato nel tempo il tipo di

energia che poteva essere fornita alle abitazioni. All’ inizio i modi di ottenere questa energia erano

molto primitivi, il combustibile che veniva consumato direttamente sui punti dove l’energia veniva

richiesta era per esempio carbone, legna, petrolio e gas. All’ inizio dato che non esistevano

condotti appositi l’energia veniva incanalata direttamente nell’ambiente desiderato mentre l’acqua

restava l’unica sostanza incanalata in tubazioni. Fu proprio questo fatto a porre una soluzione

anche per il riscaldamento dell’aria, infatti con il tempo si iniziò e prescegliere il luogo in cui

scaldare l’aria e poi veniva introdotta in apposite tubazioni. Si svilupparono le prime caldaie che

producevano calore che si trasmetteva per convezione portandosi ai radiatori distribuiti attraverso

una rete di tubi. Successivamente venne introdotta la circolazione forzata che rese possibile

l’adattamento a installazioni molto più grandi. Dal 1860 il riscaldamento a vapore o ad acqua

bollente si trovava nella maggior parte degli edifici pubblici o privati; l’uso dei condotti nel

riscaldamento a vapore suggerirono un nuovo sviluppo nel campo del rifornimento energetico: se il

calore da una caldaia centrale poteva essere distribuito in varie parti della casa allora esso poteva

anche essere distribuito a case diverse. Il primo a sviluppare in pratica questa idea fu Holly che nel

1876 riuscì a collegare varie abitazioni con un'unica caldaia centralizzata. Questo tipo di impianto

infatti forniva calore pulito direttamente disponibile e che non lasciava alcun residuo nelle stanze

ma soprattutto non consumava l’ossigeno dell’aria.

Il calore quindi si introduceva nelle varie stanze tramite irraggiamento o convezione ma il

posizionamento di stufe o radiatori arano ancora dettati da fattori estetici o dall’abitudine fino a che

non si introdusse il cantuccio quindi una zona riparata dalle correnti d’aria con risultati termici

soddisfacenti(i primi ad inserirlo furono Wright, Voysey e i loro contemporanei). Si iniziò a

perfezionare anche la combustione con l’introduzione della grata con gola ristretta fatta da

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Rumford. Fra tutte le innovazioni però la più importante fu la separazione dei gas di combustione

dall’aria che riscaldava la stanza, questa separazione permetteva altri sviluppi del circuito.

Quest’ultimo infatti poteva servire stanze differenti da quelle in cui era collocata la stufa. Grazie a

questo passaggio, avvenuto sicuramente prima del 1836, si arrivò a collocare la stufa in cantina,

ad aspirare aria dal serbatoio di aria calda e canalizzare quest’aria verso le parti della casa che ne

necessitavano. Un altro aspetto positivo di questa innovazione fu dato che il calore veniva fornito

per mezzo dell’aria il processo della ventilazione era inseparabile. Questo però non fu sempre

semplice, infatti in molti edifici trovare spazio per i condotti verticali recò problemi agli architetti. Si

raggiunse una buona soluzione funzionale solo grazie alle case semi-standardizzate del nord

America ad un solo piano posizionando tutti i condotti in cantina. Facendo così si raggiunsero

notevoli risultati ma l’ingombro dei condotti limitava ancora molto la progettazione e creava

numerosi problemi in pianta e in sezione, per arrivare ad una soluzione ottimale si doveva

aspettare lo sviluppo dei ventilatori.

La ventilazione forzata fiorì intorno il 1860 grazie ai potenti stimoli derivanti dalla richiesta di

maggiore ventilazione nelle navi, nelle miniere, negli edifici sempre più grandi e complessi; all’

inizio l’energia necessaria era fornita dalle macchine a vapore e in seguito dai motori a gas a

bassa velocità collegati alla rete urbana del gas. Purtroppo però la grandezza e l’incombenza di

questi impianti rendeva ancora difficile il loro posizionamento all’interno dell’edificio stesso. L’uso

dei ventilatori su larga scala si realizzò solo negli ultimi anni dello stesso secolo, solo dopo aver

superato due grossi ostacoli. Il primo derivava dalla mancanza di conoscenze riguardarti

l’aereodinamica che fu lentamente rimossa con la progressiva formazione di un opportuno

bagaglio di conoscenze da parte di società di impianti come Sirocco o Sturtevant. Il secondo

ostacolo era rappresentato del fatto che non si disponeva ancora di una piccola sorgente di

energia che si potesse adattare ai piccoli ventilatori da usare in casa.

Fino a questo momento però la tecnologia della ventilazione aveva adoperato strumenti

direttamente legati ad una diretta applicazione del calore per assicurare il movimento convettivo

dell’aria con ovvi disagi durante il periodo estivo. In molte zone il raffreddamento e il controllo

dell’aria si rese necessario e di conseguenza anche un controllo globale dell’ambiente interno di

tutto l’edificio. Questo controllo però era legato e vincolato in maniera determinante

dall’illuminazione interna delle singole stanze. La maggior parte del calore all’interno dell’edificio

era infatti generato da lampadine fluorescenti.

Il consumo di luce artificiale aumentò dopo la metà del diciannovesimo secolo. Nel 1880 venne

sviluppata la tecnologia dell’illuminazione a gas grazie al barone Welsbach che diminuì

drasticamente la produzione di fuliggine provocata dalle precedenti lampade a carbone e quindi

anche l’inquinamento domestico anche se il calore prodotto dalla stessa lampada rimaneva

invariato rispetto a quello prodotto dalla lampada a carbone. Questo tipo di illuminazione però non

si diffuse in modo così capillare nonostante tutti i suoi benefici per l’invenzione dell’illuminazione

elettrica. L’illuminazione elettrica risolse due problemi fondamentali legati alla illuminazione a gas:

produceva meno calore e non creava fuliggine. Inoltre richiedeva meno manutenzione e pulizia e

l’impianto poteva essere installato in uno spazio molto più ristretto rispetto a quello necessario per

un impianto a gas. Il padre dell’illuminazione elettrica fu Thomas Edison che inventò la lampada a

bulbo ma anche il montaggio di un sistema completo di alimentazione della lampada elettrica

commercialmente disponibile. Con questo unico impianto poteva trasformare, controllare,

misurare, distribuire e utilizzare l’energia fornita da una centrale elettrica.

Grazie a questa invenzione la richiesta di energia elettrica aumentò esponenzialmente e

l’istallazione dei fili e delle lampade elettriche divenne un ramo fiorente dell’industria edilizia. Il

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fascino della luce pulita consentì all’industria elettrica di espandersi e di creare lampadine sempre

più grandi e di migliore qualità. Inoltre con il continuo perfezionamento del bulbo della lampada

fece si che la luce disponibile potesse essere indirizzata dal soffitto verso dove era richiesta. Slater

fu però uno dei primi che si oppose all’invasione sfrenata della luce negli interni. Egli inoltre

immaginò una distribuzione di piccole luci puntiformi distribuite lungo le pareti della stanza ma

anche l’illuminazione indiretta mediante pannelli schermanti che facevano arte dell’arredo fisso

della stanza. Al progettista infatti si aprono due strade di progettazione: la prima è quella di

simulare la luce naturale solare, quindi una luce diffusa oppure, la seconda strada da percorre è

quella di utilizzare una luce mirata dove è necessaria. L’ illuminazione elettrica però è stata anche

vista dall’architetto-artista come mezzo per esprimere con maggior forza il carattere dell’edificio.

L’uso della luce elettrica infatti può cambiare l’aspetto delle forme e dei volumi. Nei primi anni in cui

si iniziò ad utilizzare la luce elettrica per questo scopo però l’architetto sorvolò alcuni aspetti, uno di

questi fu proprio l’aspetto esterno dell’edificio durante la notte. Inserendo luci all’interno dei locali e

molte parti vetrate l’architetto non pensò all’effetto delle luci stesse durante la notte; se quindi si

voleva ottenere un risultato armonioso durante il giorno inserendo apposite luci questo risultato

poteva venir meno durante la fase notturna.

L’illuminazione elettrica ha cosi lanciato agli architetti la sfida della tecnologia ambientale perché

l’abbondanza di luce notturna che fuoriusciva dall’edificio ha finalmente dato la possibilità di

pensare il proprio edificio come un organismo vivente 24 ore su 24.

CAPITOLO V: GLI AMBIENTI DEI GRANDI EDIFICI

Nei primi anni del 900 i dispositivi meccanici per controllare l’ambiente hanno introdotto in

architettura due problemi o opportunità. Il primo riguardava le modifiche agli edifici che erano

imposte dell’uso di nuovi dispositivi quindi la ricerca di uno spazio che accogliesse l’impianto. Il

secondo riguardava le modifiche costruttive che venivano facilitate dall’introduzione e l’utilizzo di

nuovi materiali. Analizzando gli edifici più grandi si possono definire quali siano stati i vincoli

architettonici imposti da un macchinario ambientale e quali benefici ne siano derivati.

A dare origine a problemi nuovi non fu solamente il volume dell’edificio da ventilare ma anche la

forma e le tecniche di costruzione adoperate comportavano conseguenze ambientali. Dal punto di

vista degli ambientalisti molti di questi grattacieli erano insoddisfacenti e la loro scarsa

ventilazione, illuminazione, riscaldamento ecc era messa in evidenza dagli stessi. Un grande

problema, per esempio, fu risolvere la ventilazione interna, infatti, scaldando l’aria interna questa

saliva velocemente lungo tutto l’edificio creando così dei vuoti d’aria fastidiosi che provocavano

una grande perdita di calore. Si risolse questo problema inserendo la porta girevole(già inventata

in epoca vittoriana) che consentì un migliore controllo della ventilazione e una distribuzione più

uniforme di temperatura all’interno degli edifici. Anche questi accorgimenti però non bastarono a

risolvere i problemi ambientali derivanti dalle forme alte e strette degli edifici stessi, per risolvere

definitivamente i problemi sopra citati bisognava quindi migliorare gli impianti tecnologici. Su

superfici meno ristrette però queste innovazioni tecnologiche potevano garantire risultati

significativi. Uno di questi fu il Birmingham General Hospital del 1893 a Belfast. In questo edificio

Henman e Cooper presentarono un livello di innovazione tecnologica e di originalità planimetrica

che portar

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Publisher
A.A. 2015-2016
19 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher milla_te di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'architettura contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof De Magistris Alessandro.