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I risultati delle ricerche visuali vengono poi divulgati utilizzando sia il linguaggio
scientifico, se sono indirizzati alla comunità scientifica, sia tramite saggio
sociologico visuale, per coinvolgere e stimolare l’attenzione di un più vasto
pubblico.
2. Doug Harper: The Italian way
Douglas Harper, importante fotografo e sociologo americano, ha condotto una
ricerca visuale avente come focus il significato culturale e sociale del cibo nella
cultura italiana.
Questo lo ha portato a studiare il modo in cui gli italiani sono influenzati dalla
loro cultura locale, regionale e nazionale nella trasformazione degli ingredienti in
cibo, utilizzando il metodo dell’osservazione partecipante e fotografica, cercando
quindi persone che invitassero i ricercatori a quelli che sono stati definiti come
“research dinners”.
Hanno partecipato alla ricerca 25 famiglie, di diverse età, background culturale,
posizione sociale, reddito e composizione, comprese due coppie gay e una
famiglia mono-genitoriale. 2
Durante la ricerca, Harper ha scattato foto rappresentati i rituali della normale vita
quotidiana delle famiglie, raggruppabili in tre categorie:
1) Il normale flusso di attività, ritraenti persone che preparano il cibo, che si
muovono in casa e mangiano.
Queste foto leggono la cultura attraverso l’interazione sociale, i gesti, i
contatti, concentrandosi su come la gente occupa lo spazio sociale.
2) Persone che si mettono in posa, dove la cultura è svelata dalla presentazione di
sé.
3) Interni delle case, che svelano dove il cibo è preparato, l’ordine, il disordine,
come la tavola viene sistemata.
La sua analisi si è svolta su due piani: il primo, mirato ad approfondire il
significato sociale e culturale delle pratiche di vita quotidiane centrate sul cibo; il
secondo, focalizzato sul cibo stesso e sulla sua “costruzione”.
Da questa analisi, è emersi uno stretto legame fra il rituale del “mangiare
insieme” e la sfera dell’affettività, sia familiare che relazionale, poiché preparare
il cibo, offrirlo, e condividerlo è un atto d’amore.
Tuttavia, cibo assume anche i significati di potere e lavoro, messo nella mani
delle donne; se osserviamo questo fatto con le lenti culturali italiane, ciò non
suscita polemica poiché ritenuto normale, contrariamente a quanto avviene se si
cambia punto di vista, assumendo per esempio quello americano.
Si nota inoltre come la cucina italiana sia basata sul mangiar sano e bene: le varie
fasi del cibo e l’aggregazione degli ingredienti sono scandite, diversamente da
come accade sempre in America.
Il pasto inizia infatti con il gestum (o antipasto), procede poi con la prima e la
seconda portata, chiamate rispettivamente mensa prima e mensa seconda, per
poi concludersi col dulcis in fundo.
Sul piano tradizionale, si nota quindi come a livello ritualistico l’identità
dell’individuo derivi dalla tradizione locale del cibo, mentre pragmaticamente
parlando esso mangia cibo locale solo per comodità, senza altre implicazioni. 3
Su quello eclettico invece, l’individuo, nell’ottica ritualistica, esplora cibo di altre
regioni come identità culturale, mentre in quella pragmatica prepara cibi
attraverso la cucina pan-italiana per ragioni pratiche, riguardanti per esempio la
propria dieta, o l’armonia familiare.
Foto tratta dal libro The Italian Way: Food and Social Life, Douglas Harper e
Patrizia Faccioli, anno 2009.
3. Nascita ed obiettivi della sociologia del cinema.
Il primo ad accorgersi che il cinema può essere visto come uno specchio della
società, ed utilizzato come fonte di informazione, fu Siegfried Kracauer, con il
suo saggio sul cinema tedesco: “Dal Gabinetto del dott. Caligari a Hitler, 1918-
1933” (1947), dove analizzò i film tedeschi degli anni Dieci/Venti individuandovi
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quei tratti psicologici dominanti della piccola borghesia che avrebbero poi
partorito il mostro nazista, al di là degli aspetti economici e politici.
Egli osservò che c’erano dei personaggi autoritari in numerose opere, e questo
perché la Germania temeva l’autorità ma aspirava ad essa.
Kracauer pose quindi le basi per la nascita di un nuovo approccio metodologico al
cinema, inteso come spia luminosa dell’ambiente che ci circonda e come faro i
cui segnali possono avvisarci di cosa accadrà o potrebbe accadere.
L’autore sviluppò una teoria, destinata a evolversi con la scuola francese degli
Annales, secondo la quale il cinema, frutto di opera collettiva e del lavoro di tutte
le componenti della società, è fedele specchio della società stessa che interpreta e
che racconta più di ogni altra forma produttiva.
Capire il cinema non significa perciò solo analizzare i contenuti, ma soprattutto
ciò che sta dietro o che sta al lato.
Le origini di questa teoria risalgono in parte agli studi di Freud, e in particolare
alla sua psicologia delle masse e analisi dell’io, dove affronta il tema del conscio
e dell’inconscio a partire dai comportamenti individuali e collettivi, applicando
alla letteratura il metodo che svilupperà poi Kracauer riferendolo al cinema.
Mentre in Italia si utilizzava ricorrentemente il metodo della critica
cinematografica, saldamente ancorato al modulo tradizionale della recensione, in
Francia si raccoglieva la lezione che veniva dall’Austria e dalla Germania per
sviluppare una metodologia che vedeva nel cinema non lo specifico filmico, ma
una fonte vera e propria di informazione, essenziale per studiare e capire la
società.
Marc Ferro, Pierre Sorlin, Edgar Morin, Christian Metz sono gli studiosi francesi
che hanno basato il proprio impianto metodologico proprio partendo dalla
riflessione sul cinema italiano post bellico, e in particolare sulla produzione
neorealista .
C’è chi sostiene che ad usare per primo il termine neorealismo sia stato Mario
Serandrei, chi invece André Bazin, fatto sta che sia dei francesi la scoperta e la
riscoperta del cinema neorealista italiano che in patria ebbe scarsissimo consenso,
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