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MODELLI: Omonima tragedia di Sofocle e una tradizione letteraria che risale a
Omero, Pindaro e Ovidio: versi dal ritmo solenne (influenzati anche dalla traduzione
dell'Iliade che egli stava facendo) e modulati da una ricca varietà tonale: epica, lirica
e narrativa a seconda della scena e dei personaggi dialoganti.
PERSONAGGI: Foscolo, in una lettera del 23 febbraio 1813, in una lettere
indirizzata a Silvio Pellico, delineò le caratteristiche dei protagonisti ella sua tragedia,
in particolare:
-Ulisse: ("bello di fama e di sventura" in A Zacinto) il personaggio negativo di tutta la
vicenda, simile ad Agamennone nella violenza e nella perfidia dell'ambizione ma
dissimile nell'<< altezza di cuore >>.
-Agamennone: perfido nell'ambizione, ha i difetti dell'eroe ambizioso ossia la ferocia
dell'uomo che per ambizione ha sacrificato la figlia, chiude il suo cuore alla pietà ma
non al tradimento e al delitto, ha una sorta di superstizione verso gli dei. Tuttavia,
egli riesce a ricordarsi ancora della sua perduta "virtù" del tempo in cui fu venerato
dalla Grecia come "liberatore" e vede, ora vana ogni speranza di boria per lui. Il
riferimento è chiaro a Napoleone anche se non esplicato dal Foscolo.
Tuttavia, le parole che Calcante rivolge al condottiero dei greci, Agamennone, sono
proprio quelle che il poeta riterrà premonitrici delle luttuose campagne napoleoniche.
Ancora, egli illumina le contraddizione che in segreto sconvolgono Agamennone
ossia il potere solo grazie a pianti, rimorsi e vittime; e ricorda anche i meriti che egli
si è conquistato come difensore della libertà della Grecia.
E, proprio dal lessema liberatore il collegamento al "Bonaparte Liberatore" degli anni
giovanili del Foscolo è quasi immediato, quando nelle battaglie napoleoniche erano
riposte le speranze della libertà d'Italia.
-Tecmessa: sposa di Ajace, dolce e patetica, che nel racconto di Teuco, fratello del
protagonista viene descritta in base ai tratti essenziali del suo carattere. portatore
delle doti femminili per eccellenza secondo Didimo Chierico, ossia pudore e
compassione..
Da una critica di Catalano emerge che il pudore della donna sia nella capacità di
accendere e portare a galla la virtuosità di qualcuno che ne sembrava privo. E dal
passo di Tauco si deduce che le donne solo portatici della civile forza del pudore e
delle forze pacifiche.
Ella riesce, inoltre, a trasmetterlo anche nei soldati di Achille, pronti a infierire sui
prigionieri troiani.
Ella, viene invasa da un pacato delirio solo nelle ultime scene della tragedia che
viene espresso in versi che richiamano a motivi foscoliano che anticipano quelli delle
grazie: inni, muse, danze.
-Ajace: Diversamente dall'Aiace di Sofocle che impazzito per le armi che gli sono
state tolte, fa strage di una mandria prchè la crede una schiera di greci e una volta
rinsavito si uccide per onore, l'Aiace di Foscolo resta lucido per tutta l'opera, fino al
momento del suicidio.
E' proprio Ulisse a darci, nell'opera un ritratto di Ajace. Dipengendolo come un'eroe
virtuoso, ma imprudente, di alto cuore, tenace e coraggioso e di illustre tradizione
letteraria.
Proprio questo ritratto verrà inserito dal Foscolo anche nei Versi Del Rito.
Inoltre a differenza dell'Aiace di Sofocle, oltre alla lucidità ciò che caratterizza il
personaggio è il pessimismo tragico tipico di un'eroe che si sente incompreso ed
escluso dalla giustizia.
Sebbene passare dall'individualità all'universalità non è un passaggio poco noto
nella poesia del Foscolo, ecco, ancora, che nelle parole di Ajace, nei suoi versi in cui
esprime un rifiuto verso la vita, si passa in una visione storica-antropologica
dell'infelicità naturale con le immagini finali dell'eterno lume e del sepolcro.
COMMENTO DI WALTER BINNI: proprio nel commento di Ajace e nei suoi versi
finali la tragedia tocca il punto di pessimismo più intenso. E ci anticipa uno dei temi
più importanti delle Grazie: ossia la tragedia degli uomini divisi tra la vocazione di
amore e lo spirito belluino.
Nelle ultime parole di Ajace c'è un rifiuto allo spirito di lotta che implica un indebolirsi
delle prospettive eroiche del foscolo ma insieme evince un ricorso ai valori ideali,
strada spianata verso la zona purificatrice delle Grazie.
Ricciarda:
-
Tragedia promessa al viceré come riparazione alle intemperanze dell'Aiace, la
Ricciarda viene presentata in una lettera all'Albrizzi come una tragedia "tutta amore".
In cinque atti e in endecasillabi sciolti.
MODELLI: essa si ispira alla Rosmunda alfieriana per l'ambientazione medievale,
tragedie di Schiller, Romeo and Juliet di Shakespeare (trama), e inaugura un nuovo
filona di poesia drammatica in Italia
che sarà poi continuato da Manzoni e dal Pellico della "Francesca da Rimini".
Fonti sulla storia del Principato di Salerno, molto probabilmente, sono stati gli scritti
di Gessner e di Sismondi. Infatti, ad esempio il padre dei due fratellastri ha cognome
Tancredi, nome tipicamente normanno e come riferisce Sismondi il principe di
Salerno aveva accolto nel suo territorio truppe mercenarie normanne.
STRUTTURA: meglio teatrabilie grazie all'azione unitaria e la maggiore
concentrazione dei dialoghi. Questi ultimi sono maggiormente musicali grazie alla
presenza di assonanze, consonanze e rime.
STILE: clima cupo e sepolcrale, Medioevo di maniera, che in quegli anni si
esprimeva nella moda troubadour. Questa tragedia, nell'itinerario letterario del
Foscolo sono una nuova esperienza, specialmente per il tema prevalente amoroso e
l'espressione della figura femminile, della sua sensibilità (frequenti i richiami
petrarcheschi).
I versi esprimono tensione emotiva, e dunque si creano scene drammatiche
combattute da odi familiari ed ire politiche su cui, incombe, il tema della morte.
TRAMA: ambientata nella Salerno medievale rappresenta il dramma della
protagonista, combattuta tra il rispetto filiale (il padre Guelfo signore della città
assediata al fratellastro Averardo) e l'amore per Guido (figlio di Averardo). La
vicenda si conclude con la morte di Guelfo che, prima di togliersi la bita, uccide
Ricciarda.
Queste due forme d'amore sono sentite da tutti i personaggi principali:
Averardo è preso tra dilemma tra figlio e patria, Guelfo tra figlia e potere, e Guido e
Ricciarda sono combattuti tra amore filiale e amore reciproco.
Dai versi in cui ogni personaggio parla, si evince il loro spirito e, soprattutto la loro
esasperata conflittualità:
-Guido: vive un amore conflittuale, dalle sua parole sembra che, con lui, stia
parlando anche Ricciarda, vivono sulla stessa dimensione. Lega al tema dell'amore
quello della sciagura. Sostiene che la sua donna sia gestibile da altri (il padre,
Guelfo); ella ama Guido ma i suoi sani principi le fanno amare anche il padre per cui
non lo lascerà mai e Guido non lo indurrà a farla, perché la comprende. E solo
quando il padre non ci sarà più, loro potranno congiungersi.
Ancora, egli parla con il padre e gli dice che sebbene egli viva tranquillamente la sua
vita di re deve sapere che il suo Guido e Ricciarda saranno congiunto dalla sua
mano nel "Lagrimato Lavello". Dunque, moriranno insieme per stare insieme.
vi è un'insistenza sul tema della morte.
-Ricciarda: Le parole di Ricciarda a cui Guelfo ordinare di giurare odio verso Guido
sulla tomba della madre. Me lei si ribella e dice alla madre che si prefigura di trovare
pace solo nelle braccia della madre, scrive infatti "mi vedrai qui errano" camminare
con idea di spaesamento. La tomba, diviene reggia, esilio e speranza.