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Contrariamente al pensiero classico, in Agostino la dimensione politica è una dimensione nella quale
l’uomo non può mai trovare la propria realizzazione né il proprio appagamento: il poli/thj deve cedere il
posto al fidelis
La Città di Dio, l. XIX, 5
Se dunque non è sicura la casa, un rifugio comune fra questi mali propri del genere umano, come può
esserlo la città che è tanto più grande e tanto più affollata nel foro di processi civili e criminali,
quand’anche non sia sconvolta da sommosse non solo turbolente, ma addirittura sanguinose, e da guerre
civili? Talora le città sono libere da questi eventi, mai però dai pericoli.”
Agostino asserisce che:
Il Cristiano è aperto a questi due modi di vivere.
La città di Dio e la città degli Uomini sono miscelate nella coscienza del cristiano che esperisce la
sua ricerca.
La distinzione fra la città di Dio e città degli uomini è una distinzione che percorre l’interiorità della
coscienza.
La ricerca esistenziale del cristiano non è definitivamente liberabile dall’errore ma si porta dietro
sempre il conflitto fra questi due possibili modi di agire. Ognuno di noi ha la possibilità aperta
all’errore (al peccato) finché si trova a vivere in questo mondo, i cittadini delle due città sono sempre
intimamente legati fra loro.
Ogni individuo è sempre cittadino sia della città di Dio sia della città degli uomini. Queste due immagini
sono sempre in conflitto finché non vi è l’accesso all’altro mondo.
In Agostino è chiaro che la dimensione politica è una dimensione contingente dell’esperienza umana.
L’uomo in quanto esperisce una ricerca esistenziale, non può mai trovare nella dimensione politica la
realizzazione o il proprio appagamento.
Il “polites” cede il posto al “fidelis” che trova piena realizzazione nell’altro mondo con la comunione con
Dio.
La “comunione dei santi” è la riunione di tutti coloro che hanno raggiunto in modo definitivo la salvezza,
uniti in Dio e conformati alla salvezza di Dio nella salvezza ultramondana. Coloro che non rientrano nella
comunione dei santi sono coloro i quali si trovano all’inferno. L’immagine del fuoco dell’inferno è il
bruciore della coscienza che capisce la mancanza della comunione con Dio.
La dimensione politica è di ricerca e quindi necessariamente di insoddisfazione, è la tensione verso
qualcos’altro che va oltre la politica stessa.
La mancanza è l’assenza della completa realizzazione della pace in Dio. Il fine della vita è la realizzazione
dell’ultima pace che si ha con la comunione dei santi che è mistica e non politica.
La Città di Dio, l. XIX, 12, 1
Risulta perciò che la pace è il fine che si desidera dalla guerra, ogni uomo infatti ricerca la pace anche
attraverso la guerra, mentre nessuno ricerca la guerra attraverso la pace. Anche coloro che vogliono
turbare lo stato di pace in cui si trovano, non odiano la pace, ma desiderano cambiarla a proprio arbitrio.
Non vogliono quindi che la pace non vi sia più, ma che sia come essi vogliono. Da ultimo, anche qualora si
separino dagli altri con una ribellione, non riescono a portare a compimento i loro disegni e mantengono
una qualche apparenza di pace con gli stessi congiurati e cospiratori.
La Città di Dio, l. XIX, 13
La pace del corpo pertanto è la costituzione ordinata delle parti; la pace dell’anima irrazionale è la quiete
ordinata degli appetiti; la pace dell’anima razionale è l’accordo ordinato della conoscenza e dell’azione; la
pace del corpo e dell’anima è la vita ordinata e la salute dell’essere animato; la pace dell’uomo mortale e di
Dio è l’obbedienza ordinata nella fede sotto la legge eterna; la pace degli uomini è la concordia ordinata; la
pace della casa è la concordia ordinata dei suoi abitanti nel comandare e nell’obbedire; la pace della città è
la concordia ordinata dei cittadini nel comandare e nell’obbedire; la pace della città celeste è la società che
ha il massimo ordine e la massima concordia nel godere di Dio e nel godere reciprocamente in Dio; la pace
di tutte le cose è la tranquillità dell’ordine. L’ordine è la disposizione di realtà uguali e disuguali, ciascuna
al proprio posto.”
L’ordine politico ha senso solo se conduce gli uomini verso Dio.
La Città di Dio, l. XIX, 16
Gli autentici patres familias però provvedono nella loro famiglia a tutti come figli, perché venerino Dio e
siano degni di Lui, desiderando ardentemente di giungere alla casa celeste, in cui cesserà il dovere di
comandare ai mortali, poiché cesserà il dovere di provvedere a chi è ormai felice in quella immortalità.
Finché ciò accada, però, devono sopportare più i padri, in quanto comandano, che gli schiavi, in quanto
servono.”
L’ordine è importante essendo il mondo costituito con un ordine gerarchico che va verso Dio. La sua ragion
d’essere è proprio quella di condurre gli uomini a Dio. L’ordine può anche essere garantito da un monarca
non cristiano, infatti il suo governo avrebbe senso poiché facente parte del piano di Dio. In altre parole, quel
monarca governa poiché Dio lo ha deciso. Il compito di governare è attribuito al sovrano in virtù della sua
funzione concessagli da Dio.
Il comando è pensato come servizio. Infatti, “ministro” deriva dal latino “minister” ovvero “servo”.
Il comando è un servizio che attribuisce al titolare un dovere maggiore rispetto a quello che grava negli altri
(e non una virtù).
La Città di Dio, l. XIX, 17
Anche la città terrena che non vive secondo la fede, desidera fortemente la pace terrena e ripone la
concordia dei cittadini nel comandare e nell’obbedire, nel far sì che ci sia una certa armonia delle volontà
degli uomini riguardo ai problemi che toccano la vita mortale. La città celeste invece, o piuttosto quella
parte di essa che è pellegrina in questa condizione mortale e vive secondo la fede, necessariamente si serve
anche di questa pace, finché non passi la condizione mortale alla quale la pace è necessaria. Perciò mentre
conduce la sua vita itinerante come schiava presso la città terrena, avendo già ricevuto però la promessa di
redenzione e il dono spirituale come pegno, non esita a obbedire alle leggi della città terrena, secondo cui si
regge tutto ciò che serve per mantenere questa vita mortale, cosicché, condividendo entrambe la stessa
condizione mortale, si conservi fra le due città la concordia per ciò che riguarda quella condizione.”
In questo senso si deve obbedire al sovrano anche se non cristiano.
L’esigenza dell’ordine terreno costituisce la ragione della coesistenza nell’animo dei cittadini della “città
terrena” e della “città celeste”.
Le due città sono raffigurazioni mistiche, ognuno di noi si trova in una condizione di ricerca che implica il
coesistere nel proprio animo questi due eventi. Le due città sono unite e mescolate l’una nell’altra. Il confine
tra loro passa attraverso la coscienza del singolo.
Queste due città (tensioni) sono congiunte dal comune desiderio di pace. Anche la città terrena che vive
senza fede desidera la pace terrena.
In corrispondenza con il senso della distinzione fra le due città, Agostino distingue fra:
potere giustamente esercitato e
«passione per il dominio» (libido dominandi),
che è quella che spinge a ricercare col potere la gloria terrena o, peggio, la soddisfazione di empi desideri.”
Cristiani e pagani vivono assieme in virtù di questa coincidenza di interessi ovvero il mantenimento della
pace. La coesistenza di questo interesse particolare tra sovrano cristiano e pagano non rende necessariamente
giusto la modalità con la quale esercitano il loro potere. Il potere politico è pensato come servizio gravoso e
non come privilegio. I governanti devono esercitare questo servizio gravoso nel modo giusto, se essi
nell’esercitare tale servizio cedono al desiderio di farne lo strumento per i propri desideri particolari, entrano
in contrasto con la giustificazione stessa del loro potere. Agostino distingue fra il potere giustamente
esercitato e la passione per il dominio (libido dominandi).
La distinzione fra
- il potere che si pone al servizio del perseguimento della pace e
- il potere asservito al desiderio di dominio
corrisponde alla distinzione fra le due città e a quella fra le due destinazioni dell’amore: anche in questo
caso l’alternativa esistenziale è scandita dal principio di ordine che risale a Dio.
Questo principio di ordine vale come criterio universale, che discerne:
fra ciò che è vero e ciò che è falso,
fra ciò che è autentico e ciò che è inautentico,
fra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto.
Le due tensioni corrispondono alla dimensione delle due città di Agostino.
Solo il perseguimento di un fine giusto può giustificare l’esistenza del potere.
Con il cristianesimo emerge quella questione che precedentemente non aveva senso porre ovvero il concetto
di legittimazione del potere.
Cos’è un potere legittimo? A che condizioni si può definire un potere non legittimo?
Aristotele parla delle diverse forme di governo (dei pochi e dei molti) che la polis può avere ma mai mette in
discussione l’ordine della polis. Mai si mette in discussione la legittimità dell’ordine della polis. In altre
parole, l’ordine della polis nel bene e nele male deve essere perseguito. Questo accade poiché l’ordine stesso
è giustificato dalla polis. Quest’ultima è l’unica dimensione esistente
Con l’emergere della distinzione cristiana tra i due mondi accade che il senso dell’esistenza di un ordine
politico non si esaurisce nel fatto che quest’ordine esista ma rinvia la ragion d’essere di quest’ordine in
qualcosa di più alto che è Dio. In virtù di questa ragione ora può emergere la questione se è legittimo o
meno. Se non esiste nulla sopra, non ci si può porre il problema della legittimazione: se nulla c’è oltre la
polis, inutile domandarsi se è giusta la polis o meno.
La presunta presenza di un ordine superiore apre la strada alla questione del sovvert