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Poliziano nacque nel 1454 a Montepulciano dove visse fino al 1469 anno in cui si
trasferì a Firenze.
La sua infanzia fu segnata da alcuni eventi molto negativi che contribuirono a
sviluppare la sua insicurezza ed accentuare la timidezza: l’ improvvisa morte del
padre (dovuta al suo lavoro di giurista) e l’ impossibilità, da parte della madre, di
garantirgli una stabilità economica.
Furono proprio questi due fatti che lo costrinsero al trasferimento a Firenze
(1469) dove riuscì a portare a termine i suoi studi e si avvicinò ai classici latini e
greci.
Nel 1473 dedicò a Lorenzo dei Medici i primi due libri dell’ Iliade di Omero che
aveva tradotto dal greco al latino e questo gesto gli permise di entrare nelle
grazie del signore di Firenze e della sua famiglia.
Il sodalizio tra i due durerà quasi tutta la vita e permetterà al Poliziano di
scrivere senza doversi arruolare o ricoprire cariche politiche.
Dal 1475 iniziò una vasta produzione di scritti tra cui possiamo citare alcune tra
le su opere più famose: Le Elegie, gli Epigrammi e le Stanze per la giostra
(poemetto dedicato a Giuliano dei Medici rimasto incompiuto a causa della sua
morte).
L’ assassinio di Giuliano scosse talmente tanto la sensibilità del Poliziano che
decise di comporre Pactianae coniurationis commentarium (Commentario
sulla congiura dei Pazzi) in cui viene descritto l’ accaduto.
Il 1478 fu l’ anno del cambiamento per Agnolo che, dopo l’ allontanamento da
Firenze (dovuto ad un epidemia di peste) arrivò a Cafaggiolo insieme alla
famiglia dei Medici.
In questo periodo i continui litigi con la moglie di Lorenzo lo portarono ad
allontanarsi non solo dalla famiglia ma anche dalla Toscana.
Dopo aver passato del tempo a Verona e Venezia, venne ospitato da Francesco
Gonzaga nella sua corte di Mantova dove nacque la Fabula di Orfeo (prima
opera teatrale profana italiana).
Il 1480 vede il ritorno a Firenze e la rinascita del rapporto con il Magnifico.
Fu questo l’ anno in cui iniziò sia ad insegnare presso lo Studio Fiorentino sia ad
approfondire la sua attività di filologo e commentatore di testi latini e greci.
Nove anni più tardi pubblicò parte de “I Miscellanea” (l’ opera che lo rese
famoso in tuta Europa), molte Epistole e alcuni testi in latino tra cui “Sylvae”.
Poliziano morì tra il 28 e 29 settembre del 1494 (ancora oggi si sostiene la tesi
dell’ avvelenamento) dopo aver passato gli ultimi anni senza punti di riferimento
(Lorenzo il Magnifico era morto due anni prima) e ricchi di insicurezza.
Opere
Elegie Latine
Le Elegie Latine sono l’ espressione più classica della poetica del Poliziano.
In ogni riga si può leggere la costante voglia di evasione che accompagna l’
autore durante tutto il corso della sua vita ma, ciò che distingue questa opera
dalle successive, è l’ humanitas che pervade ogni singola parola (unione tra
bellezza e verità).
Tra le varie Elegie quella che viene ricordata maggiormente è quella dedicata
alla morte di Albiera degli Albizzi, fidanzata di Sigismundo della Stufa in cui si
percepisce il dolore straziante per l’ improvvisa perdita.
Stanze per la giostra di Giuliano de’ Medici
Poliziano iniziò a scrivere “Le Stanze” nel 1475 quando Giuliano de’ Medici vinse
la giostra del 28 Gennaio.
L’ intento era quello di celebrare il combattimento ma l’ opera non venne mai
portata a termine in quanto, nel 1478, Giuliano venne ucciso dalla congiura
antimedicea.
Poliziano realizzò solamente le prime due parti non sviluppando per niente la
parte della giostra; il libro risulta, quindi, celebrare solamente i temi dell’ amore
e della bellezza descrivendo scene idilliache e mitologiche.
A differenza dell’ intento primario, “Le Stanze” risultano quindi essere un
componimento d’ amore con spunti mitologici in cui emerge costantemente la
cultura umanistica dell’ autore.
Nel primo libro si descrive l’ innamoramento di Giuliano di una ninfa che può
essere riconosciuta in Simonetta Cattaneo, donna del tempo di straordinaria
bellezza.
Il secondo libro, invece, tratta a fondo il tema della mitologia e vediamo la figura
di Cupido parlare con la madre di Giuliano del suo innamoramento.
Pactianae coniurationis commentarium
Nel 1478 la famiglia dei Pazzi diede vita ad una congiura contro Lorenzo dei
Medici e il fratello Giuliano per porre fine alla loro dinastia e creare un nuovo
inizio per la città di Firenze.
Nel conflitto le cose non andarono come dovevano e i Pazzi riuscirono ad
uccidere solamente Giuliano per poi perdere la vita a loro volta impiccati sulle
finestre del Palagio del Capitano.
L’ uccisione di Giuliano colpì talmente tanto il Poliziano che decise di comporre il
Pactianae coniurationis commentarium (Commentario sulla congiura dei Pazzi).
L’ opera è scritta in un latino perfetto e fa trasparire tutto lo sdegno per ciò che è
successo e, soprattutto, si riesce a percepire l’ aria che si respirava in quel
periodo (tensione e terrore).
Fabula di Orfeo
L’ opera è stata scritta, in soli due giorni, in un periodo compreso tra il 1748 e il
1483.
Anche se non vi sono riferimenti precisi si può collocare in quegli anni perché vi
sono molte parole tipiche del dialetto settentrionale (Poliziano visse infatti nel
nord Italia dopo aver rotto i legami con Lorenzo dei Medici) e molto
probabilmente è stata richiesta da Francesco Gonzaga.
La “Fabula” ha un inestimabile valore in quanto, per la prima volta, troviamo
un’opera teatrale che tratta un tema profano: il mito di Orfeo.
Pur facendo riferimento agli scritti di Virgilio ed Ovidio, questa può inserirsi nel
filone delle elegie d’ amore e, in ogni strofa, si può notare la costante della vita
che fugge via veloce.
A differenze degli altri scritti, il linguaggio della “Fabula” è volgare e si possono
trovare numerosi canti tipici dei pastori di quel periodo.