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IL DOLORE TORACICO NON TRAUMATICO
Il dolore toracico è un bell'impiccio, anche per il medico che lo deve inquadrare da un punto di vista
diagnostico. In emergenza, il dolore toracico, come sede anatomica, è quello che va dalla mandibola
all'ombelico.
Che eziologia può avere? Sicuramente cardiaca, vascolare, polmonare, gastrointestinale e muscolo
scheletrica. Praticamente possono essere vasti i motivi che portano una persona ad arrivare in
pronto soccorso dicendo che ha dolore in quella zona. È difficile valutare la sintomatologia, ma ci
sono dei riferimenti. Ci si deve, subito, concentrare sui seguenti aspetti:
La localizzazione, dove ha dolore, cercare di far si che il paziente precisi la sede.
Se il dolore è fisso o irradiato.
Quanto è forte (l'intensità).
Da quanto dura (da quanto tempo ha dolore?).
come è iniziato il dolore (a riposo, sotto sforzo, dopo mangiato, durante il sonno).
Se c'è stato un evento che l'ha scatenato (il paziente fa il muratore, stava lavorando in
cantiere e ad un certo punto ha avuto un insorgenza di questo dolore).
Se ci sono altri sintomi associati (vomito, cefalea).
Queste sono le domande che piano piano fanno inquadrare meglio questa situazione.
Il dolore toracico di tipo ischemico, quindi dovuto ad un danno vascolare, che tipo di
sintomatologia avrà?
Sicuramente retrosternale, il paziente non riesce perfettamente a dire dove lo ha;
Costrittivo, quindi lo avverte come peso;
Irradiato al collo, alle spalle, alla mandibola, anche dentale.
Questo dolore è dovuto ad uno squilibrio tra la richiesta di ossigeno e l'apporto che può venire dato
attraverso il letto vascolare, per un ostruzione parziale del flusso vascolare; in quel caso siamo di
fronte ad un'angina, oppure per un ostruzione totale, e siamo di fronte ad una crisi infartuate per
formazione di un trombo.
In alcuni casi si può avere anche mal di denti, che di solito è motivo per un invio sbagliato in
ambulatorio (se non scatta il meccanismo mandibola A mal di denti, si prenderebbe quel paziente
come codice verde, e quello magari ha un infarto in atto). Oppure una gastralgia, in cui ha dolore
allo stomaco che neanche il paziente avverte come potenzialmente grave per lui. Quindi, bisogna
considerare l'ampiezza anatomica che può riguardare l'infarto e bisogna considerare tutti gli organi
che può interessare.
Bisogna conoscerli bene per poter intervistare il paziente in modo giusto ed arrivare ad un'anamnesi
che abbia un senso. Naturalmente bisogna ricordarsi sempre che può esserci una sintomatologia
sfumata che nasconde l'infarto in atto, ma che l'infarto può evolvere in arresto cardiaco, e quindi già
prepararsi per un intervento in emergenza per il sostegno delle funzioni vitali.
Bisogna pensare a questo fatto, perché magari quando lo stiamo intervistando, ha dolore ma è
ancora presente a se stesso e dopo cinque minuti potrebbe non esserlo più e ci sono sei-sette minuti
al massimo per intervenire in modo fattivo con il sostegno delle funzioni vitali. Quindi è necessario
avere un carrello delle emergenze a portata di mano, perché in un attimo si potrebbe potere
intervenire.
Poi c'è il dolore toracico non ischemico (ad es. embolia polmonare, dissecazione aortica, pleurite,
pericardite, spasmo esofageo, attacco di panico). Molto spesso capitano soggetti fragili da un punto
di vista psicologico che vengono in pronto soccorso con un dolore toracico, che necessitano
prevalentemente di un sopporto di quel tipo, ma per paura di non essere ascoltati si presentano
riferendo una classica sindrome infartuale. 24
La valutazione soggettiva è quella che eseguono gli operatori mediante intervista, mentre quella
oggettiva è quella che si compie attraverso la valutazione delle funzioni vitali e i vari esami
strumentali. La valutazione soggettiva si basa sulla descrizione dei sintomi fatta dal paziente.
Quindi, da un lato bisogna fare le domande giuste e saper interpretare in maniera corretta le risposte
che ci dà. Ad esempio, dove ha dolore, da quanto tempo ce l'ha, che stava facendo quando è
comparso, se il dolore aumenta quando ce l'atto respiratorio, se ha avuto o no sintomi associati. La
valutazione oggettiva si basa sulla valutazione dei parametri vitali (PA, FC, FR, TC, saturimetria,
GCS, glucotest). Una volta fatto questo, abbiamo un minimo di valutazione oggettiva da presentare
al medico per confrontarci con lui. L'ispezione, andare a vedere il torace, la percussione, la
palpazione e l'ascoltazione. L'esecuzione di un ECG, l’incannulazione venosa e il prelievo ematico
per gli enzimi cardiospecifici. Per quanto riguarda i marcatori biochimici cardiaci, la troponina è il
test di prima scelta dell'angina e nella conferma di un infarto pregresso. La mioglobina ci dà
un'indicazione di un infarto precoce, ck-mb ci dà la valutazione dell'estensione dell'infarto.
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L’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA GRAVE
Altra grave sindrome è l'insufficienza respiratoria grave. Può essere:
Normocapnica ipossiemica, in cui non aumenta la CO ma si ha una diminuzione della
2
pressione parziale dell'ossigeno al di sotto di 50 - 60 mmhg;
Ipercapnica di tipo ipossiemica, in cui c'è un innalzamento dei valori di CO ,
2
contemporaneamente l'abbassamento dei valori di ossigeno.
Questo si vede attraverso l'emogasanalisi, che dà le percentuali di saturazione dell'ossigeno.
Vediamo ora i segni e i sintomi che presenta il paziente. Un paziente ipossico grave all'inizio è
irrequieto, ha fame d'aria perché si ossigena poco, e piano piano andrà in confusione, fino al sopore.
Avrà dispnea, sarà tachipnoico e la cute non sarà rosa, avremo prima una subcianosi sottoungueale
e delle mucose delle labbra fino ad arrivare ad una cianosi franca di tuta la cute. Sarà tachicardico
con presenza di aritmia, iperteso all'inizio per il compenso, poi può essere ipoteso e andare in
andare in shock. L'ipercapnico è letargico, si addormenta. Quella indica l'aumento della CO nel
2
sangue che può dare letargie fino ad arrivare al coma. C'è una vasodilatazione, quindi il volto è
arrossato, non bluastro come nel caso dell'ipossemico, il paziente è bradicardico e questi sono i
segni e i sintomi più presenti.
Esempio clinico: capita in reparto una signora ipossiemica normocapnica, con saturazione di
ossigeno pari al 40%. Gli viene somministrato ossigeno al 100%, il che è sbagliato, essendo una
terapia, l'ossigenoterapia, per cui la concentrazione dell'ossigeno deve essere adeguata al bisogno
del paziente; per cui non deve essere soverchiamente abbondate, più ce né, meglio è, senno si
bloccherebbe completamente la funzionalità dei centri del respiro. Anche se non arriverà ad avere
una concentrazione di ossigeno pari al 99%, però non andrà in coma. Non è, pertanto, salutare
abbondare con le dosi di somministrazione dell’ossigeno, per non sopprimere l’attività respiratoria
(ad es. nei pazienti con BPCO).
Ricapitolando, le tre fasi più importanti di una situazione di ipossia e/o ipercapnia:
Ci sono dei segni e sintomi precoci, che ci fanno capire che il paziente potrebbe andare
incontro alla letargia, quindi al coma, e sono l'ansia, la cefalea, la cute fredda, l'ipertensione,
la tachicardia, le aritmie.
Dei sintomi intermedi, in cui il paziente incomincia a diventare confuso, tachipnoico,
ipoteso, con aritmie continue e non episodiche, perché l'organismo si sta scompensando.
Segni e sintomi tardivi sono il coma, la cianosi, la diaforesi, fino all'arresto respiratorio nei
casi più gravi.
Cose da fare sempre:
Valutare lo stato di coscienza.
Garantire la pervietà delle vie aeree.
Monitorare i parametri vitali.
Eseguire ECG. 26
Rilevare la saturimetria.
Eseguire un EGA.
Somministrare ossigeno.
Reperire un accesso venoso.
In emergenza si usano molto spesso gli acronimi (BLSL, BLSD, EGA). Un acronimo mentale, che
suggerisce quello che bisogna fare nei momenti di emergenza è il move (monitor, ossigeno, vena,
ECG). Se in medicina vi arriva un paziente così, dove va? Secondo lo schema prima citato, va
trattato secondo lo schema appena descritto (Monitor, Ossigeno, Vena, ECG). Quando si ha
organizzato quest'assistenza nei confronti del paziente, si ha fatto un'assistenza di base giusta. Il
monitor serve a rilevare i parametri vitali, poi è fondamentale ricorrere all'ossigenoterapia, si
reperisce un accesso venoso e si monitora l’attività cardiaca tramite l'elettrocardiogramma. Di base,
si ha tutto quello che serve; è chiaro che si interverrà una volta fatta l'anamnesi più accurata con la
giusta terapia.
Ma questo serve al paziente in prima battuta. Poi nei casi più gravi c'è un approccio di tipo
rianimatorio. È chiaro che se il paziente ha una sintomatologia ingravescente, si chiamerà la famosa
equipe ALS. L'approccio rianimatorio è valutare le vie aeree, fornire l'adeguata ossigenazione,
ventilare, monitorare lo stato emodinamico, effettuare EGA (emogasanalisi), fare un ECG, fare un
eventuale RX del torace e ricorrere ad esami ematochimici.
Le azioni sono il trattamento delle vie aeree, cioè la protezione delle vie aeree, eventualmente la
ventilazione meccanica, perché è chiaro che se i valori di EGA sono così compromessi da non
essere più compatibili con lo scambio ventilatorio adeguato, si deve sedare il paziente, intubarlo,
ventilarlo a mano finché non si arriva in reparto, e poi collegarlo al ventilatore meccanico.
L'approccio in urgenza, non in emergenza, prevede un’accurata anamnesi, basata sull'esame fisico,
sulla diagnostica strumentale (EGA, ECG, RX torace, esami ematochimici).
Le azioni sono fornire l'ossigeno, dal trattamento farmacologico e dal monitoraggio dei parametri
vitali. Il paziente va rivalutato, dopo aver effettuato i primi trattamenti in urgenza. Si deve
ricontrollare, quindi.
Si faranno degli EGA successivi di controllo, per vedere se migliora il suo stato di ossigenazione, si
valuta come risponde alla terapia farmacologica ed i risultati della diagnostica.
Per quanto riguarda la valutazione delle vie aeree e degli scambi ventilatori (guarda, ascolta, senti),
bisogna guardare i movimenti del torace, se sono simmetrici o no, perché se non sono simmetrici, se
il paziente espande solo a destra o solo a sinistra, un aspetto molto importante; ciò va esaminato
con il medico, e probabilmente c'è un problema