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QUATTROCENTO: UMANESIMO E RINASCIMENTO
Il Quattrocento italiano fu un periodo poco fortunato per la letteratura (tantoché prenderemo in
considerazione sol tre autori per questo periodo: Pulci, Boiardo e Poliziano). Leopardi definì il quattrocento
come il secolo del sonno.
L’UMANESIMO
L’Umanesimo è il Quattrocento (anche se la parola “Umanesimo” per descrivere questo periodo verrà
utilizzata solo in seguito). Pulci e Poliziano furono esponenti dell’umanesimo fiorentino mentre Boiardo
dell’umanesimo a Ferrara.
Per Umanesimo s’intende un’adesione formale e sentimentale ai modelli culturale dell’antichità greca e
latina recupero del latino fondamentale per questo movimento culturale. Diventa l’elemento unitario
della repubblica letteraria. All’origine ci sta il concetto di studia humanitatis, ossia gli studi (tutto ciò che è
materia d’indagine) di tutto ciò che riguarda l’uomo all’inizio c’è la distinzione tra divinitas e humanitas:
concetto ciceroniano e ripreso da Petrarca attraverso il quale si applica una sorta di rinascita di tutto ciò
che è l’operare dell’uomo; ciò che nel trecento era stato messo da parte: era Dio il centro (una visione
trascendentale).
Nel Quattrocento s’inizia a pensare che l’uomo è artefice della propria fortuna restaurazione di tutto ciò
che è umano.
L’applicazione dell’umanesimo avverrà nel Cinquecento con Machiavelli e Guicciardini.
Petrarca può essere considerato un pre-umanista poiché inizia a recuperare il latino; anche Boccaccio. Un
libro fondamentale che circola per tutto il Quattrocento è il “defensor paci” di Marsiglio da Padova
(aristotelismo), libro in cui si argomentava la superiorità dello Stato sulla Chiesa, del cittadino sul fedele.
Vengono recuperati molti codici, perciò i testi non tanto per un piacere estetico, ma per reintegrazione
dell’antico nel presente una sorta di imitazione.
Nel 1453, la caduta di Bisanzio (capitale dell’Impero d’Oriente) fa sì che ci sia una diaspora/dispersione
degli intellettuali greci: vengono in Europa (così come i gesuiti, diventati troppo potenti, il papa li fa
disperdere, quelli spagnoli vengono in Italia) e si assiste così al fenomeno dell’ellenismo umanistico. Viene
scoperto e letto Platone: il platonismo è una svolta idealistica-estetica (l’amore platonico è una forma
sublimata, distaccata di amore).
Nella prima metà dell’Umanesimo il Quattrocento è latinista, nella seconda metà è più volgare e rivolta
all’Ellenismo.
Nel Trecento c’era la distinzio0ne di divinitas e humanitas (quest’ultimo termine viene ripreso da Petrarca).
LE QUESTIONI LINGUISTICHE
L’Umanesimo non è basato solo sul recupero dei classici, sulla contemplazione del passato, ma è un secolo
in cui si discute molto su questioni, si elaborano idee. Il dibattito per avere una presenza deve esser svolto
in latino, poiché è la lingua dei dotti (Tasso è il primo a scrivere solo in volgare).
L’umanista è colui che raccoglie testi antichi, colui che scrive in quest’epoca, ma è anche un principe-
mecenate: con l’artista qualificato cerca di prevalere sulle altre, ma anche con le forme di collezionismo (lo
stato della chiesa non è da meno). 43 Letteratura Italiana di William Spaggiari
LA STAMPA E I LIBRI
Perché l’Umanesimo diventa una cifra distintiva dell’intero secolo? Quello che determina la fortuna e
l’omogeneizzazione delle tendenza culturali è l’invenzione della stampa che favorisce la circolazione dei
testi: migliaia di copie di un singolo codice. La circolazione dei libri favorisce l’unificazione.
Il modello più alto dell’Umanesimo è “Hypnerotomachia Poliphili”. Il titolo è dato dalla fusione di tre parole
greche che tradotte significano: combattimento d’amore fatto in sogno da Poliphilo. È un incunabolo
(stampato nei primi anni della stampa [1499], ‘nella culla della stampa’) stampato a Venezia da Aldo
Manuzio (Edizioni Aldine).
È un romanzo allegorico in due libri, anonimo. Ci furono molte discussioni su chi potesse essere l’autore.
Dopo essere stato attribuito a diversi autori. Grazie a un acrostico (cioè un componimento poetico, o
un’altra espressione linguistica, in cui le lettere o le sillabe o le parole iniziali di ciascun verso formano una
parola o una frase), contenuto nell’opera, si è alla conclusione che l’autore si chiama Francesco Colonna: è
il frate veneziano o il principe della Palestina? La distinzione è importante per il significato del libro, per la
sua filologia. La tesi di Colonna, frate domenicano del convento veneziano dei Santi Giovanni e Paolo, è
stata sostenuta da Giovanni Pozzi.
Altro esempio di acrostico letterario si ha nei primi 14 testi degli “Amorum libri” di Matteo Maria Boiardo.
Le prime lettere di ogni componimento compongo il nome della donna amata dal poeta, Antonia Caprara.
Era già successo: Dante nel canto XII del Purgatorio vv. 25-73 quattro terzine iniziano con la stessa parola
‹‹vedea››; le quattro successive con delle esclamazioni ‹‹Oh››, le quattro successive con ‹‹mostrava››. Se
vengono isolate le iniziali di ogni parola si ha per risultato VOM (l’uomo creatura miserabile e superba
insieme - Dobbiamo ricordare che nella grafia del tempo di Dante non c’era distinzione tra u e v-). Nella
terzina vv. 61-63 ritornano queste tre parole all’inizio di ogni verso. Dante voleva dire che ci sono dodici
esempi di superbia, il tredicesimo, il peggiore, è l’uomo (tipico gioco medievale; infrange inoltre la
numerologia dantesca).
“Hypnerotomachia Poliphili” è divisa in due libri: 24+14 capitoli. Se prendiamo la prima lettera di ogni
capitolo, ricaviamo la frase “poliam franciuscus colomnam”. Da qui ricaviamo quindi l’identità dell’autore. Il
protagonista, Polifilo, sogna di smarrirsi in una fitta selva (richiamo molto chiaro a Dante). È un percorso
dalla notte, dal buio alla luce, alla conoscenza. Itinerario spirituale che mischia elementi di diverse culture
dalla Bibbia all’esoterismo, alla cabala e al neoplatonismo. È un libro illustrato: 170 incisioni, di scuola
Mantegnesca.
Viene preso a modello per la lingua è artificiosamente latineggiante: porta alle estreme conseguenze certe
tendenze della prosa umanistica; si fonda, perciò, sul voglare, già di livello elevato, che viene nobilitato con
l’estrema dose di latinizzazione possibilie, al limite dello snaturamento, infarcendolo di preziossità lessicali
prelevate da autori latini tardi. 44 Letteratura Italiana di William Spaggiari
IL POEMA IN VERSI
Il poema è fondamentale nella cultura umanistica. È presente in tutta Europa (Non poema straniero che
ebbe grande successo è “Il paradiso perduto” di Milton).
I versi del poema sono costruiti in ottave è una poesia narrativa. Fioriscono in Italia le imitazioni dei
poemi classici di Omero e Virgilio, e soprattutto poemi narrativi. Si imitano gli antichi ma con delle
differenze. Il poema è un genere onnicomprensivo e immenso: i poemi dell’Ariosto e del Boiardo hanno
40.000 versi (il genere inizia a decadere con Leopardi è composto da 3.000 versi).
Hanno una struttura rigida che consente di metterci dentro una varietà immensa di argomenti che non
sarebbero adatti ad altri generi: le tre regole di Aristotele sono infrante (tempo, luogo e azione).
Sono centinai i trattati scritti sulle discussioni sui caratteri del poema. Ogni autore trova un metodo
differente su cui basare il proprio modo di comporre. Tasso troverà la soluzione: con la “Gerusalemme
Liberata” si avrà un nucleo della storia reale a cui si aggiunge numerosi elementi di fantasia (cioè del
‘meraviglioso’) secondo Tasso la materia cavalleresca, deve essere un trionfo della fede mantenendo un
minimo di elemento reale, deve essere nobilitata (punto di arrivo che si spiega con la Controriforma).
Ancora oggi vengono scritti poemi in ottave. È questo il caso del poema “Giovanna D’Arco” scritto, nel
1990, da Maria Luisa Spaziani composto da sei canti in ottave più un epilogo.
Le caratteristiche:
Adozione dell’ottava narrativa o toscana, diversa da quella siciliana: otto versi endecasillabi,
ABABABCC con distico finale a rima baciata (l’ottava siciliana prevede solo la rima alternata). È una
forma metrica che ha origine antica (Boccaccio è il primo a usarla in Italia) e appartiene alla
tradizione colta toscana. Viene adottata poiché è funzionale alla materia cavalleresca: nello spazio
di otto endecasillabi si compone/armonizza un breve arco narrativo che permette all’intreccio di
progredire nella storia e permette anche una pausa, a noi lettori, ogni otto versi (un sospiro
interno); è una cadenza data anche dal distico: si attua una coincidenza tra arco narrativo /(la
sintassi di un periodo) e la struttura metrica (l’ottava). Le ottave sono di regole raggruppate in
canti, in numero variabile (ad esempio “l’Orlando furioso” conta 46 canti). I canti possono essere
raggruppati, a loro volta, in libri (ad esempio “l’Orlando innamorato” è composto da 3 libri). La
misura media di un canto è di 70 ottave.
Fusione di due materie: le correnti narrative molto diffuse in Francia e in Bretagna dei due cicli,
ciclo carolingio (dedicato ai personaggi di Carlo Magno e dei suoi paladini. La sua intonazione è più
eroica che amorosa) e ciclo bretone (dedicato a Re Artù ed ai cavalieri della Tavola Rotonda. La sua
intonazione è più amorosa che eroica).
Molteplicità e varietà degli episodi tanto da perdere di vista quello principale: i lettore si perde (a
volte anche l’autore) materia eterogenea.
I commenti soggettivi dell’autore.
L’alternanza di registro: toni satirici, tragici, comici, etc.
Presenza varia di elementi magici, fantastici e sovrannaturali (angeli, demoni, giganti, ippogrifi e
altre creature fantastiche).
Tematiche fondamentali: amore e guerra (guerra tra i cristiani e pagani).
Elemento encomiastico: omaggio al padrone. Chi scrive vive a corte del signore (suo mecenate) ha
un committente. I poemi circolano a corte e sono di solito dedicati a qualche esponente.
Venivano letti ad alta voce a corte, erano degli elementi di intrattenimento.
LA PROTASI
L’elemento co