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La rivoluzione russa appariva quindi come una sorta di banco di prova di una linea

che si tentava di far passare nel movimento anarchico internazionale e questo

spiegava perché Fabbri scegliesse di pubblicare gli articoli sopra citati.

La rivoluzione russa del 1905 nel “Corriere della sera”

Il “Corriere della sera”, in questo contesto anche la Russia trova uno spazio

inconsueto rispetto al resto della stampa italiana.

Negli anni precedenti la rivoluzione del 1905 appaiono molti comunicati d’agenzia,

raramente italiani, molto spesso francesi; talvolta viene citato l’autorevole “Times”.

Dal 1904 dalla Siberia al teatro della guerra russo-giapponese, si hanno lunghi articoli

a fianco delle quotidiane cronache riguardanti i fatti di Russia.

L’anno fondamentale per comprendere quale posizione tenga il “Corriere” durante la

fase rivoluzionaria del 1905, è il 1901. E’ in questo anno che in Russia comincia a

delinearsi un problema: il 1902, il 1903 e in parte il 1904 sono anni di riflessione sui

problemi che il 1901 porta alla ribalta. Il “Corriere”, che nota la Russia con

l’immagine del colosso europeo e non asiatico, nota già nei movimenti studenteschi

della primavera del 1901 il “primo grave sintomo” di un’agitazione rivoluzionaria.

E’ indubbio che a monte di queste valutazioni agisce un’immagine negativa dello

“slavismo”, inteso come oscurantismo, arretratezza, barbarie; metodi come

l’assassinio trovano quindi posto in un atteggiamento di tipo “orientale”, che non può

che sgomentare il mondo civile.

Ecco quindi che lo “spetro russo” e quello “rosso” cominciano ad essere appaiati,

secondo una logica che emerge chiaramente nel periodo della rivoluzione. Fin d’ora

emerge la convinzione che il terreno favorevole per le idee estreme nasce

dall’illiberalità del regime politico, la cui riforma sarebbe il miglior antidoto contro la

rivoluzione. Al momento questi timori sono episodici, perché la Russia viene vista

come un colosso in grado di sormontare le difficoltà interne e soprattutto di condurre

con successo una politica attiva in Estremo Oriente.

E’ interessante notare che si attua fin d’ora un mutamento di prospettiva nel valutare

il ruolo della Russia come potenza “europea”. Se inizialmente la Russia era

considerata un impero semi-asiatico e quindi destinato ad inglobare nuovi spazi in

Oriente, da ora in poi diviene quasi soltanto una potenza europea, in lotta con una

asiatica.

All’atto dell’attacco giapponese a Port Arthur emerge con chiarezza che per il

“Corriere” si tratta di una guerra tra due imperi di razza diversa per il possesso del

Pacifico; il vero pericolo giallo non era quello di un invasione giapponese ai nostri

danni, quanto la vittoria di un popolo di razza asiatica su uno della civiltà occidentale.

Vicende interne ed esterne cessano di essere considerate separate, ed alle

contestazioni di politica estera si aggiungono quelle relative alla politica interna della

Russia. Davanti al montare dell’agitazione interna, il “Corriere” argomenta che uno

stato assoluto (Russia) è alla prova dei fatti più debole di uno stato (Giappone) i cui

amministratori sono responsabili davanti al popolo.

Non è facile tuttavia rivedere per il “Corriere” l’immagine tradizionale dell’impero

come di un organismo troppo forte per essere scosso seriamente, anche se la materia

esplosiva non mancherebbe.

In risposta ad un articolo apparso sulla “Quarterly review” che individua nello Zar il

responsabile della politica estera russa e della guerra, il “Corriere” prende

decisamente le difese del sovrano russo, cui imputa semmai una buona dose di

debolezza.

Il “Corriere” segue con interesse il risveglio liberale, la crescita del movimento degli

zemstva, coltivando l’ipotesi che lo zar arriverà a promuovere uno statuto per il

popolo. Quando questo arriva, mancando le riforme liberali al suo interno, il

“corriere” ribadiva l’opinione che lo zar fosse impotente a mutare il sistema. Lo zar è

solo il simbolo di un sistema che si regge di per se stesso: è inutile sperare più di

tanto dall’autocrate, come è inutile accusarlo eccessivamente.

Il “corriere”, relativamente al processo rivoluzionario, ripone fiducia nello zar,

argomentando che solo il sovrano ha autorità agli occhi del popolo, perché

rappresenta una potentissima tradizione di razza e religione: egli è amato e rispettato

come capo dello Stato e della Chiesa dalla grande moltitudine, che invece prende di

mira e punisce l’autocrazia di cui lo zar è simbolo.

Ci si potrebbe chiedere come si risolva la contraddizione implicita nel considerare lo

zar come prigioniero del suo stesso sistema di governo e nell’appellarsi comunque a

lui di continuo. Ed in effetti questa contraddizione non viene mai risolta: in fondo par

sempre che lo zar debba vincere la propria debolezza, e per un’improvvisa

consapevolezza del proprio errore, compiere un atto conclusivo.

Ma nel frattempo la rivoluzione prende piede in Russia e le esitanti concessioni del

governo non valgono a bilanciare l’esasperazione per la durezza delle repressioni. Per

il “Corriere” un momento di chiarezza sopravviene quando l’agitazione

rivoluzionaria non accenna a diminuire, al contrario.

L’ottimismo si fa strada più tardi, quando il Manifesto d’ottobre e la nomina di Vitte a

primo ministro sembrano indicare che alla Russia è finalmente entrata nel novero

degli stati costituzionali. Sull’onda dell’entusiasmo per questa vittoria del movimento

costituzional-liberale si tende a vedere il Manifesto d’ottobre l’espressione della

capitolazione dell’autocrazia e il punto terminale della rivoluzione cominciata in

gennaio.

Nella prospettiva d’un organo di orientamento liberale come il “Corriere”, la

conquista delle libertà civili e la creazione di un Parlamento sono risultati più che

soddisfacenti: se la rivoluzione andasse oltre, non potrebbe che tradursi in un

rivolgimento sociale d’incalcolabile portata, non solo per la Russia, ma per l’Europa.

Sciogliendo le precedenti riserve il “Corriere” esorta i lettori ad avere piena fiducia

nello zar e in Vitte, ipotizzando che il ristabilimento della calma sarebbe naturalmente

seguito alla riconciliazione dello zar con le forze riformiste.

Speranza questa di breve durata, perché fu presto chiaro che soltanto i moderati erano

disposti a sospendere la lotta, mentre altre forze si andavano preparando con

maggiore intensità. Durante tutto il periodo che porta all’elezione della Duma, viene

ribadito che la rivoluzione ha perso ogni motivazione logica e che rischia di

trasformarsi in un bagno di sangue ingiustificato.

In fondo, per il “Corriere”, si trattava di vedere quale ruolo politico avrebbero assunto

i liberali russi davanti all’ingrossare della rivoluzione, di valutare quanto potessero

incidere in una realtà che appariva sempre più confusa e contraddittoria.

Il giornale non nasconde la paura per i contraccolpi che la vicenda russa può avere in

Europa e gli effetti dannosi di una crisi politica possono travalicare i confini di stato

in cui questa si produce.

Il “Corriere” poi ripropone con insistenza che il tema del carattere particolare che

avrebbe il popolo russo considerato nel suo complesso e cioè quel carattere “slavo”

che porterebbe a nutrirsi e ad assumere atteggiamenti “irrazionali”. Uno degli ultimi

articoli del 1905 conferma l’orrore che la violenza come metodo di lotta ispira al

“Corriere”, che è in linea con l’atteggiamento moderato, ma che, nello specifico caso

russo, assume una valenza più accentuata.

L’elezione della prima Duma attenua questo scetticismo ed alimenta grande speranza

per un’evoluzione liberale della Russia. Albertini, davanti al successo dei cadetti nella

prima fase di elezione della Duma, mostra accenti di partecipazione perché questo

partito offre garanzie di serietà e preparazione; egli specifica infatti che non si saluta

tanto la vittoria di un partito, quanto quella della libertà stessa.

Le peripezie della prima Duma, il suo scioglimento, la sua riedizione sotto Stolypin,

il secondo scioglimento non saranno sufficienti a far disperare che sia possibile

realizzare un esperimento liberale alternativo sia alla reazione, sia alla rivoluzione

come è successo in Europa occidentale.

Il compito dei cadetti è quello di mediare fra le posizioni delle sinistre e quelle del

potere statale. Il vero problema secondo il giornale è che bisognerebbe giungere alla

formazione di un gabinetto che sia espressione della maggioranza della Duma: è il

Governo che deve cedere a questa legittima aspirazione parlamentare.

Il voto del “Corriere” per la seconda Duma è che i cadetti riescano a costituirsi come

polo d’attrazione per gli elementi meno fanatici, distanziandosi sia dalla Destra sia

dalla Sinistra ed arrivino ad entrare nel Governo per porre fine alla frattura fra

legislativo ed esecutivo nell’interesse di tutta la nazione. In realtà nella composizione

della nuova Duma i Cadetti risultarono indeboliti e videro ridotto il loro margine di

manovra fra quelle che il giornale definisce Destra e Sinistra.

Lo scioglimento della Duma non è una doccia fredda per il giornale, che pur avendo

avuto fede nel nuovo parlamento fin dalla sua inaugurazione, sperando che la seconda

Duma si sarebbe comportata in modo da evitare d’essere soppressa, ha seguito con

attenzione i lavori parlamentari.

La rivoluzione russa del 1905-1907 e il raffreddamento dei

rapporti russo-italiani del XX secolo

Cause non ultime della rivoluzione del 1905 furono le discrepanze fra il livello

raggiunto dallo sviluppo economico e culturale e l’antiquata struttura politica

dell’autocrazia, nonché l’incapacità delle classi dirigenti di pilotare i cambiamenti.

Dallo stato multinazionale dei Romanov si levò la domanda sia di maggiori diritti, sia

d’indipendenza da parte dei paesi di confine.

Sotto questo aspetto, le testimonianze documentarie, nelle quali è riflesso come i

contemporanei percepivano gli avvenimenti significativi dell’inizio del XX secolo,

rivestono un grande interesse scientifico. La rivoluzione russa del 1905-1907 suscitò

una reazione in tutto il mondo e, prima di tutto, in Europa. Con particolare, intensa

attenzione vennero seguiti in Italia gli avvenimenti della rivoluzione russa. Ciò che

accadeva in Russia suscitava acute proteste d

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/03 Storia dell'europa orientale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alessio Rota di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'Europa orientale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Lami Giulia Maria Isabella.