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Kerenskij.
Questa situazione spingerà il generale Kornilov a tentare un colpo di stato nel luglio
del ‘17. Questo tentativo verrà presto sventato non dal governo provvisorio, ma dai
bolscevichi con la loro guardia armata, la Guardia Rossa. I seguaci di Lenin avevano
infatti numerosi membri tra i ferrovieri che furono in grado di bloccare lo spostamento
delle truppe di Kornilov.
La rivoluzione d’ottobre
Dopo il fallimento di Kornilov, sarà Lenin a realizzare un colpo di stato nell’ottobre del
‘17: la rivoluzione bolscevica. I bolscevichi infatti presero d’assalto il Palazzo
d’Inverno, arrestarono o misero in fuga i membri del governo provvisorio per passare
istantaneamente piena autorità a Lenin. Quest’ultimo istituì il Consiglio dei
Commissari del Popolo, a cui appartenevano anche Stalin e Trockij, che divenne il
nuovo nucleo del potere. Il Consiglio riuscì a far approvare il colpo di stato al
consiglio panrusso dei soviet dato che ormai nei più importanti si aveva una
maggioranza bolscevica.
Nell’immediato le altre forze politiche rimasero indifferenti e videro la cosa come un
normale cambiamento del governo provvisorio: avevano fiducia nel fatto che di lì a
poche settimane ci sarebbero comunque state le elezioni per l’assemblea
costituente. Quando queste ebbero luogo però il risultato fu sfavorevole ai
bolscevichi, che ottennero solo circa il 25%, e segnarono la vittoria dei Socialisti
rivoluzionari con il 50%. A questo punto Lenin sciolse l’assemblea costituente,
privandola di valore, sostenendo che il popolo fosse inaffidabile perché ancora
condizionato dalla mentalità borghese e zarista. Nel dicembre del 1917 istituì
addirittura la polizia politica bolscevica, la CEKA, perchè si opponesse a tutti i nemici
del partito.
La guerra civile
Le altre forze politiche giustamente si opposero con forza alla presa di potere forzata
dei bolscevichi e si organizzarono militarmente dando inizio alla guerra civile.
Gli anti bolscevichi, organizzati nella cosiddetta Armata Bianca, erano composti da:
● Menscevichi
● I socialisti rivoluzionari
● Gli zaristi
● I cadetti
Intervennero anche le altre potenze europee con propri contingenti armati o con
semplici supporti economici. La Francia e l'Inghilterra in particolare daranno aiuti
ingenti per punire la Russia per aver abbandonato l’intesa, ma in generale gli altri
Stati temevano soprattutto che la rivoluzione della Russia si potesse estendere
anche al resto d’Europa. La convinzione di Lenin era quella infatti che la rivoluzione
proletaria avrebbe potuto avere successo solo se fosse diventata europea e
tendenzialmente mondiale. La dottrina marxista che Lenin seguiva riteneva che la
rivoluzione proletaria sarebbe stata mondiale e per diversi anni questa convinzione
accompagnerà la classe dirigente bolscevica russa. Sembrerà anche trovare
qualche conferma nel fatto che tra il ‘19 e il ‘20, il biennio rosso, molti stati europei
sperimentarono tentativi rivoluzionari su modello russo
Due osservazioni:
1) La guerra civile fu atroce e crudele, facendo milioni di morti. Un episodio fra i
tanti che spicca per crudeltà è il massacro della famiglia dello zar a
Ekaterinburg.
2) Lenin riconobbe una sostanziale autonomia alle diverse nazionalità che
componevano l’impero russo. Ciascuno di questi popoli accese una guerra
civile nel proprio paese che fu sempre vinta dai bolscevichi: ciò porterà queste
stesse popolazioni ad unirsi alla russia dando vita al primo stato comunista
della storia, l’URSS (unione delle repubbliche socialiste sovietiche) dal 1922
al 1991.
La guerra civile si intrecciò anche con una guerra condotta sempre dalla Russia
contro il neonato stato polacco, nato con la pace di Brest-Litovsk. Quest’ultima tentò
di approfittare delle difficoltà russe per impadronirsi di alcuni suoi territori. Il conflitto
durò 1 anno e mezzo ed fu scandito inizialmente da un successo polacco a cui
seguirà una controffensiva vittoriosa della russia vicino a Varsavia, per concludersi
con un’altra controffensiva polacca che porrà fine al conflitto nel 1921 con la pace di
Riga.
La guerra civile verrà vinta dai bolscevichi e la Russia nel 1922 assumerà il nome di
URSS dandosi anche una prima costituzione, che definiva in termini istituzionali il
nuovo stato sovietico. Essa era incentrata sulla centralità dei soviet: sotto il profilo
istituzionale ogni città aveva un proprio soviet, eletto dagli operai e dai contadini, che
a sua volta eleggeva un soviet provinciale o regionale, il quale a sua volta inviava al
soviet supremo, con sede a Mosca, nuova capitale, i propri rappresentanti. I soviet
diventarono così l’organismo istituzionale di base. Essi in realtà erano solo di
facciata: i loro membri erano eletti solo tra candidati stabiliti dal partito comunista,
che era il vero centro di potere.
Il comunismo di guerra
Durante la fase della guerra civile, Lenin per sostenere dal punto di vista materiale
(cibo e beni di prima necessità) le città alla base del sistema bolscevico e l’Armata
Rossa, adottò il comunismo di guerra. Esso consisteva in una politica economica
dettata dalle emergenze della guerra, tenuta in atto dal 1918 al 1921, basata sul
controllo assoluto da parte del governo bolscevico della produzione agricola e
industriale.
Per quanto riguarda la produzione agricola i bolscevichi confiscarono gran parte del
grano prodotto dai contadini, lasciando loro solo il minimo indispensabile, dovendo
sfamare soldati e cittadini. Questo tipo di politica economica suscitò la risposta della
popolazione delle campagne che prima si ribellò, venendo aspramente repressa, poi
successivamente cambiò approccio. I contadini decisero di ridurre al minimo la
produzione dato che l’eccesso veniva sottratto causando un drastico crollo della
produzione agricola con gravi conseguenze umane e sociali.
A livello industriale, le fabbriche vennero sottratte agli operai e consegnate ai
dirigenti del partito che indirizzavano la produzione verso i loro interessi politici al
fine di vincere la guerra. Non c’è da sorprendersi se le proteste avvennero anche
all’interno del mondo operaio: a gestire le fabbriche era il partito che imponeva una
rigida disciplina con salari molto bassi per far fronte alla guerra, facendo trovare i
lavoratori nelle stesse condizioni di vita del periodo zarista. L’episodio più clamoroso
è la rivolta dei marinai di Kronstadt contro i bolscevichi, scoppiata nel 1921 e poi
repressa nel sangue. Un avvenimento soprendente dato che il Kronstadt era stata la
principale roccaforte comunista sul mar Nero
La Nuova Politica Economica
Di fronte a questa situazione Lenin si rese conto che il comunismo di guerra non era
sostenibile e superata la fase emergenziale adottò la NEP, Nuova Politica
Economica.
La NEP era un’economia mista, metà della produzione e delle proprietà era gestita
dallo stato, l’altra metà dai privati. Lo Stato teneva per sé le grandi industrie e le
banche, fornendo coordinazione complessiva al sistema produttivo. I contadini però
potevano, una volta fornita allo stato una quota fissa della propria produzione,
commerciare liberamente i loro prodotti e arricchirsi. In questa fase si creò una
piccola parte del mondo contadino che accrebbe la propria fortuna: i Kulaki, che
Stalin successivamente sterminerà. Oltre a lasciare una parziale libertà di proprietà e
commercio, anche le piccole industrie (al di sotto dei 10 operai) erano in mano ai
privati.
La NEP venne mantenuta dal ‘21 al ‘27, darà risultati economici importanti poiché i
contadini erano incentivati a produrre, anche per sé, ma sarà vissuta da Lenin come
una sconfitta politica perché la russia sembrava tornare al capitalismo. Dopo la
morte di Lenin, il mantenimento della NEP sarà oggetto di dibattito nel partito.
Stalin e Trockij
Nel 1922 Lenin ebbe un ictus a cui seguì la sua morte dopo due anni. Con la sua
dipartita si aprì una fase di conflitto interno al partito per deciderne la successione. I
due principali contendenti furono il georgiano Stalin e l’ebreo Trockij, cosa che
consolidò in seguito, per la propaganda nazista, i legami tra l’ebraismo e il
bolscevismo. I motivi della contrapposizione erano 3:
1) La NEP. Trockij la voleva abbandonare per instaurare subito il comunismo,
Stalin, con altri due o tre esponenti, voleva mantenerla.
2) Struttura interna del partito. Per Trockij, che era più democratico da questo
punto di vista, doveva essere lasciata aperta al dibattito tra più voci, mentre
Stalin credeva che ciò avrebbe creato problemi di guida politica e propose di
sopprimere ogni forma di dibattito in favore del suo potere personale.
3) L’opportunità/necessità di estendere la rivoluzione fuori dalla Russia. Trockij
era per la rivoluzione permanente, con l’intento espanderla in Europa in modo
tale da avere alleati esteri, mentre Stalin riteneva che il governo sovietico
avrebbe dovuto concentrarsi sull’affermazione del comunismo in un solo
paese.
Alla fine ne uscì vincitore Stalin che dal 1927 al 1953 diventerà la guida indiscussa
dell’Unione sovietica. Trockij fu costretto all’esilio e verrà fatto uccidere da Stalin in
Messico nel 1940. Nonostante tutto però Trockij farà sentire indirettamente la sua
presenza diventando il principale nemico e ideologico di Stalin, il quale prenderà più
volte a pretesto per eliminare avversari e nemici politici l’accusa di trockismo.
Addirittura nella guerra civile spagnola ci sarà uno scontro tra stalinisti e trockisti
nonostante fossero alleati contro Franco, rappresentante le destre.
Gli inizi dello stalinismo
Dal punto di vista della politica interna, i primi anni dopo la rivoluzione furono
caratterizzati dall’adozione di leggi “progressiste”: introduzione del divorzio,
riconosciuta la parità tra i sessi, accettata l’omosessualità, diritto all’aborto. Queste
misure tuttavia portarono alla dissoluzione dei costumi al fronte della quale dopo
alcuni anni ci sarà una marcia indietro nel campo dei diritti civili.
Per quello che riguarda la vita sociale, pur nella cancellazione delle libertà
individuali, verranno riconosciuti alcuni diritti fondamentali di carattere sociale come
quello all’istruzione, al lavoro e all’assistenza. Inoltre nella logica marxista/stalinista
fu ideata un’opera di dura repressione nei confronti del clero ortodosso: sia perché il
marxismo vede la religione come l’oppi