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CARDIOPATIE
I meccanismi ezio-patogenetici in grado di determinare un fallimento della funzionalità cardiaca
sono fondamentalmente di 6 tipi:
-insufficienza nella funzione di pompa; muscolo cardiaco ipocontrattile con svuotamento
inadeguato delle camere (disfunzione sistolica) oppure rilasciamento del muscolo cardiaco
insufficiente che non consente un efficiente riempimento ventricolare (insufficienza diastolica)
- Ostruzione al flusso, lesioni che impediscono l’apertura delle valvole oppure che aumentano la
pressione delle camere ventricolari (es: ipertensione) causano un sovraccarico di lavoro per il
miocardio che deve aumentare al propria forza contrattile per superare l’ostacolo.
- Rigurgiti, lesioni valvolari che consentono il flusso ematico anterogrado.
- Shunt, difetti congeniti o acquisiti che deviano inapropiatamente il sangue da una camera
all’altra.
- Aritmie, mancata coordinazione degli impulsi cardiaci e/o il blocco delle vie di propagazione
dell’impulso causano aritmie che riducono la frequenza di contrazione e la gittata.
- Rottura di cuore e vasi principali ad esempio da ferite d’arma da fuoco.
Classificazione CARDIOPATIA ISCHEMICA
La funzione cardiaca è strettamente dipendente dal continuo apporto di sangue ossigenato attraverso
le arterie coronarie.
La cardiopatia ischemica è un termine generico che comprende varie sindromi strettamente
correlate causate dall’ischemia del miocardio.
Le cardiopatie ischemiche sono la principale causa di morte nei paesi sviluppati.
I fattori di rischio sono gli stessi indicati per l’ateroma. 6
In generale alla base della cardiopatia ischemica vi è una perfezione coronarica inadeguata rispetto
alle richieste del miocardio.
Nella maggior parte dei casi la cardiopatia ischemica è causata da lesioni ateromatose a carico
delle arterie coronarie (90% dei casi) cui si associa vasospasmo.
Lo spasmo coronarico è causato da un’alterazione locale che rende le cellule muscolari lisce del
vaso iperattive ad un’ampia varietà di stimoli costrittori. In circa il 50% dei pazienti, lo spasmo
interessa un’area coronario angiograficamente normale ma può anche verificarsi a livello di stenosi
coronariche.
Più raramente la cardiopatia ischemica è associata ad aumentate richieste (ad esempio sforzo fisico,
aumento della frequenza cardiaca, ipertensione), a ridotta ossigenazione (polmonite), o ridotta
capacitò di trasporto di ossigeno (anemia, intossicazioni da monossido di carbonio).
Le forme cliniche più rilevanti sono: l’angina pectoris e l’infarto miocardico acuto.
Angina pectoris
Letteralmente “dolore toracico”.
E’ un’ischemia che causa dolore ma non è abbastanza grave da causare necrosi del miocardio.
L’ischemia è transitoria e reversibile.
E’ caratterizzata da un dolore toracico intenso della durata < 10min.
Esistono 3 varianti, spesso rappresentano la successione evolutiva:
L’angina stabile o da sforzo è un dolore toracico episodico e prevedibile, scatenato da ben
• determinati livelli di esercizio fisico. Può essere ben controllata mediante trattamento medico. Le
crisi sono brevi e poco frequenti. Il dolore può irradiarsi al braccio sx o alla mandibola dal lato sx
ed è generalmente alleviato dal riposo (che riduce le richieste energetiche al miocardio) o da
farmaci vasodilatatori che aumentano la perfusione coronarica.
L’angina instabile è caratterizzata da episodi dolorosi di frequenza crescente, scatenati da livelli
• sempre più bassi di esercizio fisico o anche a riposo. L’angina instabile si associa spesso a rottura
della placca aterosclerotica con embolizzazione e/o vasospasmo; spesso è un precursore di
infarto, scatenato da occlusione vasale completa.
L’angina variante o di Prinzmetal è caratterizzata da crisi frequenti che insorgono anche a
• riposo. E’ causata a vasospasmo coronarico. E' difficile il trattamento medico.
Infarto miocardico IMA
Detto anche attacco cardiaco.
E’ la necrosi ischemica del muscolo cardiaco.
E’ causata dall’occlusione di un’arteria coronarica (dovuta a trombosi o spasmo prolungato) che
determina un’ischemia definitiva e irreversibile del territorio miocardico corrispondente con
evoluzione spontanea verso la necrosi.
La zona soggetta ad infarto diventa quindi funzionalmente inutile.
In assenza di intervento medico tempestivo l’IMA porta a necrosi del distretto coronarico
corrispondente all’occlusione. Il VS è il più frequentemente colpito.
L’infarto può interessare la parete a tutto spessore (transmurale, che interessa la parete ventricolare
a tutto spessore, dovuto ad occlusione di un grande vaso, una coronaria epicardica) o essere più
limitato (subendocardico, subpericardico limitato al terzo interno della parete miocardica,
solitamente dovuto all’ostruzione di un piccolo vaso). La necrosi inizia nella regione
subendocardica e con il tempo può interessare tutta la parete.
Il mancato flusso ematico causa profonde modificazioni funzionali, biochimiche e anatomo-
ptologiche nel miocardio. Le alterazioni precoci (rilasciamento delle miofibrille, depilazione di
glicogeno e rigonfiamento cellulare e mitocondriale) sono potenzialmente reversibili. Solo le
ischemie gravi e protratte per almeno 20-40 minuti causano danni miocarditi irreversibili e morte
dei cardiomiociti per necrosi coagulativa.
Ricordiamo la differenza tra necrosi coagulativa e colliquativa: 7
Necrosi coagulativa Necrosi colliquativa
Necrosi in cui prevale la denaturazione delle Necrosi tipica di infezioni batteriche o fungine.
proteine. Un’area di necrosi coagulativa è definita E’ dovuta a digestione enzimatica attuata dalle
infarto. E’ la necrosi caratteristica della morte per cellule infiammatorie nei confronti dei tessuti infetti.
ipossia in tutti i tessuti (ad eccezione del cervello). I tessuti vengono letteralmente “liquefatti”, ridotti
Le cellule necrotiche sono conservate per giorni, cioè ad una massa liquida vischiosa di colore giallo,
poiché la necrosi si attua anche con denaturazione definita pus.
degli enzimi (non solo di proteine strutturali) ed è E’ caratteristica anche della morte per ipossia del
quindi bloccata la digestione delle cellule morte. SNC (infarto cerebrale)
Nella zona incartata, la necrosi coagulativa attiva la reazione infiammatoria acuta locale (massima
dopo 1-3gg dall’infarto) che porta alla distruzione della massa necrotica (da parte dei macrofagi) e
successiva sostituzione con tessuto fibroso cicatriziale che non mantiene la stessa funzionalità del
tessuto originale.
Al microscopio a 4-12 ore dall’infarto sono visibili i segni distintivi della necrosi coagulativa.
Il miocardio con necrosi coagulativa appare con fibre eosinofile e prive di nucleo e con numerosi
leucociti nell’interstizio, ai margini dell’area necrotica sono visibili “fibre ondulate” indicative del
rilasciamento e ipotonicità dei cardiomiociti morti e non contrattili.
Fattori prognostici e complicanze dell’IMA
La gravità dell’IMA dipende da vari fattori.
- L’estensione in termini di spessore e superficie della zona infartuata
- La localizzazione più severi gli infarti anteriori
- Danno ischemico a carico di strutture specifiche (innervazione, valvole cardiache..)
- Le condizioni del miocardio restanti
- Cardiopatia pre-esistente (ischemica o altra)
– Eventuali condizioni morbosi associate (ipertensione, insufficienza respiratoria, anemia..)
Circa 3/4 dei pazienti sviluppa una o più complicanze post-IMA.
Le complicanze immediate più importanti dell’infarto sono rappresentate da:
Aritmie cardiache - l’IMA causa disturbi di conduzione che possono portare all’arresto carica; il
• 90% dei pazienti sviluppa qualche aritmia, ed il rischio è massimo nelle prime ore dopo IMA, va
diminuendo successivamente; le più frequenti sono le aritmie ventricolari: extrasistoli ventricolari
che possono precedere tachicardia ventricolare o fibrillazione ventricolare.
Turbe della conduzione intra-cardiaca - spesso blocco della conduzione dell’impulso
• contrattile da atri a ventricoli.
Incompetenza miocardia - compromissione della proprietà contrattile quindi della funzione di
• pompa da cui deriva insufficienza cardiaca acuta; questa può essere parziale (insufficienza
cardiaca sx —> edema polmonare acuto) o globale (—> rischio di shock cardiogeno).
Morte improvvisa - o arresto cardiaco; generalmente causato da gravi aritmie ventricolari,
• disfunzioni del sistema di conduzione (arresto cardiaco primitivo), incompetenza acuta del
miocardio (rottura). La rottura del cuore è una complicanza che interessa solo l’1-5% degli IAM,
ma è spesso fatale; la forma più comune è la rottura della parete del ventricolo sinistro con
emopericardio, a volte anche rottura del setto intraventricolare con conseguente shunt sinistro-
destro.
Tromboembolismo - in qualsiasi IAM, l’associazione di ipocontrattilità (che causa stasi) e danno
• endocardio (che genera una superficie trombogena) può indurre trombosi murale con possibile
formazione di emboli. 8
Complicanze a lungo termine:
Angina residua, più o meno stabile.
• Turbe del ritmo e della conduzione
• Insufficienza cardiaca cronica
• Aneurisma della parete ventricolare posteriore - l’IAM guarisce con tessuto cicatriziale che rende
• la parete più sottile. Si può verificare trombosi e rottura secondaria della parete.
Cardiopatie secondarie
Le cardiopatie secondarie sono dovute ad un aumento del post carico, cioè della somma di tutte le
resistenza che si oppongono all’efflusso.
La causa principale di cardiopatie secondarie è l’ipertensione.
- L’ipertensione arteriosa causa cardiopatia ipertensiva a carico del ventricolo sinistro.
- L’ipertensione polmonare, dovuta a patologie del parenchima o dei vasi polmonari che danno
insufficienza respiratoria cronica oppure associata a patologie acute come embolia polmonare, può
generare cardiopatia ipertensiva del cuore ventricolo destro detta anche cuore polmonare.
Basi fisiopatologiche essenziali della cardiopatia ipertensiva
Il sovraccarico di pressione determina 2 fenomeni essenziali di adattamento al postcarico:
Ipertrofia e dilatazione del ventricolo interessato + tachicardia.
L’ipertrofia è una risposta adattiva del miocardio al sovraccarico di pressione; la capacità adattiva
del cardiomiocita è però limitata e quindi l’ipertensione cronica causa insufficienza cardiaca,
cardiodilatazione, scompenso e talora arresto cardiaco.
Cardiopatie valvolari
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