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INTEGRATED MARKETING COMMUNICATIONS IMC
pragmatismo, ottica dei risultati, marketing
Nasce negli anni ’70 negli Usa a livello accademico con Philip Cottrell nei suoi manuali di marketing
management sotto il nome di promotion o marketing communications, una delle 4 P del marketing mix,
che ha come obiettivo quello di incrementare le vendite, è la prima forma di comunicazione che ha
impatto sul risultato economico.
Fino agli anni ’70 gli strumenti di comunicazione erano di tre tipi:
-attività della forza vendita o personal selling: attività della rete di vendita presso i consumatori finali o
presso intermediari commerciali, si basa sulle capacità di storytelling dei venditori che siano in grado di
persuadere l’acquirente potenziale ad acquistare; viene sfruttata la relazione personalizzata che si
instaura tra venditore e potenziale acquirente. Es. rappresentanti della Folletto, Olio Carli, ecc
-attività di promozione delle vendite o sales promotion: incentivi teoricamente occasionali ma ormai
quotidiani fatti ai consumatori finali o intermediari commerciali per svuotare il magazzino, l’ottica è di
breve periodo: raccolte punti, concorsi a premi, settimane di scontistica, 3x2, prendi 2 paghi 1,
omaggistica, sampling, sottocosto
-pubblicità o product advertising: attività di comunicazione di massa che sfrutta i mass media a
carattere oneroso e persuasorio: ingenti sono gli investimenti da fare, perciò spesso rappresenta una
barriera all’entrata in certi settori, i prezzi dei listini delle agenzie concessionarie sono elevati e gli
spazi sono pochi, i registi e le celebrities negli spot costano, la pubblicità si paga in base al numero di
persone che il mezzo di comunicazione riesce a raggiungere, si sviluppa per gradi:
1. incrementa la awareness
2. sviluppa un’immagine favorevole del prodotto
3. genera una richiesta di informazione o di acquisto
messaggi con appello nominale: nello spot una persona chiede un certo prodotto, per automatismo
associativo l’acquirente chiederà lo stesso.
Negli anni ’70 si afferma la promotion, intesa come qualsiasi sforzo da parte dell’azienda, attraverso
attività di comunicazione, di persuadere gli acquirenti ad accettare e accumulare delle informazioni da
poter richiamare successivamente ai fini dell’acquisto.
La promotion fornisce una visione unitaria della comunicazione e pone al centro la pubblicità.
Punti di debolezza della promotion:
-non recepisce la sponsorizzazione, attività di comunicazione a livello corporate o di prodotto con la
quale un’azienda sostiene finanziariamente o con del materiale un evento/performer/atleta, che già
suscita tra il pubblico percezioni positive, per creare un’associazione di conseguenza positiva con
l’azienda; e le pubbliche relazioni, attività di comunicazioni a livello corporate o di prodotto, realizzate
da un ufficio apposito di pr, che può ad esempio dare in omaggio un prodotto a un influencer di modo
che ne parli poi spontaneamente al suo pubblico, le attività di pr non sono conosciute dal pubblico
perciò questo considera più credibile un influencer che parla bene di un prodotto piuttosto che una
pubblicità
-le attività di comunicazione non vengono coordinate tra di loro e con le manifestazioni che
trasmettono l’identità aziendale
L’IMC nasce come evoluzione della promotion negli anni ’80, come sforzo di integrazione e
coordinamento delle attività di comunicazione con lo scopo di creare valore aggiunto. La logica è
outside in: prima avviene uno studio di mercato, poi si cerca di sposare quello che si è prodotto coi
bisogni latenti, cercando di far percepire come necessario qualcosa che non lo è; questa logica è usata
dalle start up e dai nuovi business tecnologici. In passato si usava una logica inside out: prima si creava
una propria offerta e poi si cercava di piazzarla sul mercato. Si è passati a una logica outside in perché i
consumatori sono diventati più esigenti e i bisogni più frammentati. L’Imc oltre alle attività
tradizionali, a differenza della promotion considera la sponsorizzazione di prodotto, le pr di prodotto, la
comunicazione online, il packaging, eventi e fiere come strumenti di comunicazione.
Negli anni ’90 si diffonde la necessità di integrazione a causa di determinati fattori: la frammentazione
dei mezzi di comunicazione, la segmentazione dei bisogni e delle preferenze dei consumatori, il
diffondersi delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il ruolo centrale del
rapporto impresa-cliente. L’Imc presenta i seguenti aspetti: cerca di influenzare il comportamento degli
individui, cerca di instaurare una relazione stabile e duratura col cliente, il cliente e l’acquirente
potenziale diventano il target group, il processo di comunicazione è interattivo e le attività di
comunicazione sono integrate e coordinate in modo da delineare una chiara e distinta immagine di
marca. Il processo di integrazione della comunicazione si sviluppa in quattro stadi:
1. coordinamento tattico: il brand manager, definito un budget, fa un piano di comunicazione
2. ridefinizione dell’ambito di comunicazione di marketing
3. applicazione delle IT: raccolta di dati attraverso i cookies che vanno a costituire big data
all’interno di un database marketing, questi dovrebbero poi essere processati da un analyst
4. integrazione finanziaria e strategica: si va a vedere che vi sia un ritorno finanziario e la strategia di
comunicazione abbia funzionato
Punti di debolezza dell’Imc:
-modello rigido e controllato, non considera l’interazione tra individui e il fatto che possano contribuire
a creare un messaggio, il modello è sender biased e top down
-si rivolge al cliente quale stakeholder primario
-il coordinamento e l’integrazione è solo a livello di attività di comunicazione di marketing.
Dagli anni ’00 a causa della globalizzazione, le aziende iniziano a considerare l’impatto etico e sociale,
il perseguimento dell’interesse pubblico e del consenso sociale. L’Imc cerca di allargarsi fino a
comprendere la corporate communication, inglobando dimensioni istituzionali di comunicazione; si
trova spaccata in due macrocategorie: integrated communication/corporate communication, che opera a
livello istituzionale e integrated marketing communication/brand communication, che opera a livello
dei singoli brand o prodotti.
CORPORATE COMMUNICATION
multidisciplinarietà, visione olistica, unitarietà
Nasce negli anni ’70 in Europa presso delle società di consulenza strategica, si diffonde poi nelle grandi
aziende, da senior a junior management. La comunicazione aziendale è intesa come una disciplina di
management, distinta da quella di marketing, che deve avere una sua funzione e un suo manager, essa
serve per favorire l’allineamento e l’azione sinergica delle attività di comunicazione. Corporate
communication è uno strumento di management col quale le attività di comunicazione interna ed
esterna sono armonizzate in modo efficiente ed efficace in modo da creare una base favorevole per le
relazioni con gli stakeholder aziendali. Deriva dal latino corpus, a sottolineare il suo carattere di
unitarietà, di azienda come istituzione che contribuisce al benessere economico sociale; si può
applicare a qualsiasi tipo di azienda. Le finalità della corporate communication sono:
-minimazzare le discrepanze tra immagine e identità aziendale
-valorizzare i caratteri distintivi dell’azienda
-definire compiti e responsabilità degli addetti alla comunicazione
-stabilire procedure per fornire supporto al processo decisionale
Si divide in tre aree:
-management communication: comunicazione interna finalizzata a: creare una visione condivisa tra il
personale, creare e mantenere fiducia verso la leadership, stimolare e gestire il cambiamento
organizzativo, favorire l’empowerment e la motivazione del personale, comunicare all’esterno la vision
-marketing communication: insieme di attività volte a incrementare le vendite: attività della forza
vendita, pubblicità, attività di promozione delle vendite, sponsorizzazione di prodotto, pr di prodotto,
eventi
-organizational communication: insieme di attività volte a sostenere le relazioni istituzionali con gli
stakeholder: pr istituzionali, public affairs (attività micro o macro con soggetti politico-istituzionali),
comunicazione ambientale (impatto dell’azienda sull’ambiente, rendicontazione, tematiche di natura
ingegneristico gestionale), investor relations (soprattutto per le quotate, indicatori economici e
reddituali, investitori finanziari), comunicazione rivolta al mercato del lavoro (gestione controversie
sindacali; career day, employee branding, best place to work), pubblicità istituzionale (si fa poco),
comunicazione interna (questo punto non è coerente concettualmente con la management
communication).
Punti di debolezza della corporate communication:
-modello rigido e controllato, non considera l’interazione tra individui e il fatto che possano contribuire
a creare un messaggio, il modello è sender biased e top down
-il modello essendo olistico è di difficile realizzazione, questa quasi ostacola il dinamismo e la
flessibilità dell’impresa.
Corporate image
È la prima risorsa intangibile studiata a livello accademico e manageriale negli anni ’50 nell’ambito di
marketing, si sono sviluppati poi altri filoni di studio comunicazionale e organizzativo negli anni ’60 e
’70.
È una dimensione aziendale generata attraverso processi cognitivi ed emotivi che coinvolgono tutti i
soggetti che entrano in contatto con l’azienda.
È un quadro mentale o ritratto dell’azienda.
È un insieme di percezioni sull’azienda da parte di un soggetto.
È un insieme di valutazioni, sensazioni, esperienze e conoscenze sviluppate nei confronti dell’azienda.
È un insieme di stimoli comportamentali.
È una valutazione che scaturisce dall’insieme delle percezioni dell’azienda maturate dai diversi
pubblici con in quali essa entra in contatto.
Si basa sue due tipi di elementi:
-cognitivi: dati, fatti, esperienze che i soggetti hanno ottenuto direttamente o indirettamente, su questo
l’azienda può influire perché sono oggettivi, incontrovertibili: es. un dato di bilancio, es. un cliente
acquista un prodotto che effettivamente fa quello che dice di fare
-affettivi: che integrano e rielaborano in modo soggettivo gli elementi cognitivi, è la rielaborazione che
ciascuno fa dei dati e delle info che riceve, sono soggettivi, su questi l’azienda può influire poco, es.
brand di