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PLATONE La Rebubblica Libro III, x (398-399-400)
“E’ inevitabile», rispose.
«E allora cosa faremo?», domandai. «Accoglieremo nella città tutti questi modelli, o
solo uno dei due puri, o quello misto?”
«Se prevale il mio parere», rispose, «accoglieremo l'imitatore puro di ciò che è
conveniente».
«Eppure, Adimanto, è piacevole anche il tipo misto, ma il tipo opposto a quello che hai
scelto è di gran lunga il più gradito a fanciulli, precettori e alla massa».
«Sì, è il più gradito!».
«Ma forse», continuai, «potresti obiettare che non si accorda alla nostra costituzione
perché tra noi non c'è un uomo doppio né molteplice, dato che ciascuno esercita una sola
attività».
«Certo, non si accorda».
«Per questo motivo allora solo in questa città troveremo che il calzolaio è calzolaio e
non pratica, oltre alla sua arte, anche quella del timoniere, il contadino è contadino e non
esercita, oltre all'agricoltura, anche il mestiere di giudice, e il guerriero è guerriero e non
si occupa di affari oltre che della guerra, e così via?”
“E’ vero», disse.
«Perciò, a quanto pare, se un uomo capace di assumere con abilità ogni aspetto e di
imitare qualsiasi cosa giungesse nella nostra città coll'intento di declamare i suoi
componimenti, lo riveriremmo come un essere sacro, mirabile e piacevole, ma gli
diremmo che nella nostra città un individuo simile non esiste né è lecito che esista, e lo
spediremmo in un'altra città dopo avergli versato mirra sul capo e averlo coronato di
lana; quanto a noi, mirando al nostro utile, ci terremmo un poeta e un mitologo più serio,
ancorché meno gradevole, che sapesse imitare il modo di esprimersi dell'uomo onesto e
parlasse attenendosi ai modelli che abbiamo fissato all'inizio, quando abbiamo intrapreso
a educare i soldati».
«Faremmo senz'altro così”, disse, «se dipendesse da noi».
«Ora, caro amico», ripresi, “E’ probabile che abbiamo trattato da cima a fondo l'aspetto
della musica relativo alle narrazioni e ai miti: è stato stabilito ciò che si deve dire e come
lo si deve dire».
«Sembra anche a me», disse.
«E ora», domandai, «ci restano da trattare i generi del canto e delle melodie?”
Socrate “E’ chiaro».
e «Ma se vogliamo accordare il nostro discorso con le premesse, non sarebbe ormai facile
Glaucone per chiunque trovare le parole adatte a spiegare come devono essere questi generi?» E
Glaucone sorridendo disse: «Io, Socrate, rischio di rimanere fuori da questo chiunque.
Non sono in grado, almeno per ora, di comprendere di quali generi dobbiamo trattare;
tuttavia posso congetturarlo».
«Se non altro, però», ribattei, «sei in grado di asserire questo primo punto, ovvero che
la melodia è composta di tre elementi: la parola, l'armonia e il ritmo».
«Sì”, rispose, «questo sì”.
«Ma per quanto concerne la parola essa non differisce in nulla dalla semplice
recitazione, poiché la si deve esprimere nelle stesse forme e nelle stesse modalità che