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LA «STANZA DELLA TORTURA» E LA FAMIGLIA
Alcuni critici dicono che sembra quasi che Pirandello si diverta a mettere l’uomo in una
“stanza della tortura” in cui non vengono tormentati fisicamente, ma interiormente. Questo
perché l’uomo molto spesso si trova in situazioni senza via d’uscita che lo fanno soffrire,
ponendolo sempre in lite con l’altro perché alla fine l’uomo di Pirandello, non avendo
un’identità risolta poiché soffre della crisi dell’identità, essendo condannato a questa
condizione di non sapere chi è, non può comunicare con l’altro perché ognuno di noi si trova
rinchiuso in un oscuro carcere e per natura incapace di comunicare con l’altro, anche de
desideroso di farlo. Ogni personaggio quindi aspira a quella serenità, ma non potrà mai
averla e, nel farlo, si scontra con altri, che, allo stesso modo, aspirano a quella stessa
condizione. È importante quindi il concetto della incomunicabilità, che è l’altro dramma
dell’uomo di Pirandello, infatti molto spesso quest’ultima viene descritta dall’autore all’interno
della famiglia, per esempio in “Sei personaggi in cerca d’autore” o in “Così è, se vi pare”.
Esplodono quindi litigi tra i vari personaggi, fatti di incomprensioni totali a causa di
incomunicabilità assoluta. In Sei personaggi in cerca d’autore, ad esempio, i personaggi
urlano, sovrastandosi l’un l’altro, togliendosi la parola a vicenda poiché ognuno vuole dire il
proprio dramma. Qui si vede proprio l’esempio dell’uomo che cerca la propria identità
definita e serena, ma non potrà averla mai perché l’autore li ha abbandonati, ovviamente in
senso metaforico. Pirandello non vuole essere un critico della famiglia, tant’è che sosteneva
totalmente il governo mussoliniano, ma voleva cogliere una realtà. Il primo luogo in cui le
persone devono stare a contatto con l’altro è proprio la famiglia ed è chiaro che è in
quest’ultima che si colgono quei conflitti anche drammatici e quindi se si vuole studiare
l’uomo all’interno di un conflitto, logicamente si deve partire dall’ambito familiare.
IL TRENO HA FISCHIATO
Il treno ha fischiato è una novella del drammaturgo, scrittore e poeta italiano, Luigi Pirandello
scritta e pubblicata nel 1914. Scopriamo insieme riassunto e analisi dell’opera. Il treno ha
fischiato è inclusa nella raccolta “Novelle per un anno” e pubblicate “a puntate” sui principali
quotidiani italiani dell’epoca come il Corriere della Sera. Luigi Pirandello ha vinto il Premio
Nobel per la letteratura nel 1934 ed è considerato tra i più importanti drammaturghi del XX
secolo per la sua produzione, le tematiche affrontate e l’innovazione del racconto teatrale.Il
protagonista di questa novella è il dottor Bellucca, e attraverso un episodio che si trova a
vivere ci troviamo a esplorare un concetto che spesso sta alla base dell’opera pirandelliana.
Si tratta dell’idea che a volte basta un evento insignificante, qualcosa di cui forse all’inizio
neanche ci rendiamo conto, per rivoluzionare tutta la vita di una persona. La folgorazione,
l’epifania, in questo caso arriverà dritta e bruciante come un fulmine al protagonista con il
fischio del treno, simbolo di viaggio e evasione.
RIASSUNTO
Belluca è un uomo modesto. Lavora come contabile, con rigore e rispetto. È un uomo
scrupoloso, mite, umile; puntuale, sottomesso e sempre servizievole. La sua vita scorre
monotona tra la routine domestica e la carriera lavorativa. I suoi colleghi e il capoufficio non
hanno molta stima o particolare considerazione di lui, e anche la sua famiglia sembra non
valorizzarlo affatto. Se la situazione lavorativa è sempre deludente e umiliante, quella
familiare è a dir poco complessa: sua moglie, sua suocera e la sorella della suocera, sono
tutte non vedenti e vivono nella sua casa, insieme alle 2 figlie vedove con i loro 7 bambini.
Belluca è ora ricoverato in un ospedale psichiatrico. Ha avuto un brutto crollo e un giorno
che sembrava essere un giorno qualunque, sul posto di lavoro si è letteralmente scagliato
contro il proprio capoufficio inveendo contro di lui.Tra le grida sconclusionate di Belluca si
ode uno strano verso: il fischio del treno. È lo stesso che l’uomo continua a ripetere di averlo
sentito nella notte e che lo ha trascinato via lontano.Il fischio di quel treno nel cuore della
notte spalanca per Belluca prospettive nuove e mai esplorate e lo mette di fronte alla totale
mancanza di evasione e leggerezza nella sua vita.Il protagonista comprende
l’importanza, di tanto in tanto, di concedersi dei momenti di libertà e evasione da tutto, fosse
anche nel mondo del sogno e della fantasia.
ANALISI
Per quanto riguarda la struttura del testo troviamo una parte iniziale in media res, cioè il
lettore si trova già nella parte centrale della storia, senza una vera e propria introduzione. La
narrazione appare destrutturata rispetto allo svolgimento logico-cronologico, e la vicenda
viene osservata da 3 punti di vista ben distinti: quello dei colleghi d’ufficio, quello del
narratore vicino di casa e quello del protagonista stesso.I temi affrontati da Pirandello in
questa novella sono molteplici: la falsità delle apparenze; la concezione relativistica della
realtà; l’importanza della libertà; la ribellione alla realtà.Dal punto di vista del lessico lessico
ne troviamo due tipi, quello tecnico è legato alla professione di Belluca; quello semplice
invece all’evasione mentale. Nel testo troviamo numerose metafore e similitudini.Nell’opera
riscontriamo il forte contrasto tra quella che tutti sembrano definire follia (l’improvvisa
ribellione di Belluca) e la realtà dei fatti: la vera follia è adeguarsi alla vita di tutti i giorni
rinunciando al sogno e alla libertà.
LA GIARA E LA PATENTE
Le novelle “la giara” e “la patente” sono molto umoristiche con un ritmo serrato.
Ne La giara c’è un possidente siciliano ricco ma taccagno. Ad un certo punto quest’uomo ha
comprato una bellissima giara (la giara erano dei contenitori in terracotta, creta per
conservare vino, olio). Questa giara però gliel’hanno consegnata rotta e allora lui chiama
l’aggiustatore di giare, Zidima. Succede però che quando lui deve aggiustare la giara, entra
nella giara ma non aveva calcolato bene le misure e non può più uscire. Il proprietario dice
che non lo fa uscire, perché facendolo uscire dovrebbe rompere la giara. La tragedia diventa
commedia perché Zidima dice che allora avrebbe vissuto lì. Diventa una scena comica e
grottesca. Il proprietario è stato buffato, va su tutte le furie e poi c’è il finale a sorpresa.
La patente parla invece di un uomo che nel suo paese è accusato di essere iettatore e allora
per questo perde il lavoro. Va dal giudice e chiede la patente di iettatore. Anche qui sono
presenti una serie di scene: a volte comiche e a volte umoristiche.
DONNA MIMMA
Donna Mimma Jevola un’anziana donna dalla corporatura esile e dal portamento dignitoso e
vivace. I suoi capelli, ancora neri e lucidi, sono divisi in due bande. Orecchini massicci, a
forma di grosse lacrime, le pendono dai lobi. Gli occhi hanno una vaga forma ovale; le
palpebre sono esili e le ciglia lunghissime. Il mento un po’ aguzzo, con alcuni peluzzi
sporgenti.Donna Mimma indossa un lungo manto nero con frange e un fazzoletto di seta
celeste annodato largo sotto il mento. Al suo passare ogni cosa sembra diventare finta,
come se appartenesse ad un mondo di fiaba. Alla sua presenza anche gli adulti tornano
bambini. E’ lei che da trentacinque anni fa nascere i bambini del paese. Tutti la chiamano "la
Comare" e raccontano di lei che va a Palermo, con la sua bella lettiga bianca, portata da due
cavalli bianchi, a comperare, con i denari dei genitori, i bambini che vivono e crescono nel
paese.E’ simpatica e tutti le vogliono bene.Purtroppo, dopo trentacinque anni di pratica,
arriva dal continente un’ostetrica diplomata, una giovane che veste modernamente e che
non conosce le storie raccontate da Donna Mimma ai bambini e alle loro mamme. Quando
Donna Mimma col fazzoletto di seta celeste annodato largo sotto il mento passa per le vie
del paesello assolate, si può credere benissimo che la sua personcina linda, ancora dritta e
vivace, sebbene modestamente raccolta nel lungo "manto" nero frangiato, non progetti
ombra su l’acciottolato di queste viuzze qua, nel sul lastricato della piazza grande di là. Si
può credere benissimo, perché agli occhi di tutti i bimbi e anche dei grandi che, vedendola
passare, si sentono pur essi diventare bimbi a un tratto, Donna Mimma reca un’aria con sè,
per cui subito, sopra e attorno a lei, tutto diventa come finto: di carta il cielo; il sole, una sfera
di porporina, come la stella del presepio.Tutto il paesello, con quel bel sole d’oro e quel bel
cielo azzurro nuovo sulle casette vecchie, con quelle sue chiesine dai campaniletti tozzi e le
viuzze e la piazza grande con la fontana in mezzo e in fondo la chiesa madre, appena ella vi
passa, diventa subito tutt’intorno come un grosso giocattolo di Befana di quelli che a pezzo a
pezzo si cavano dalla scatolona ovale che odora di colla deliziosamente. Ogni dadolino - e
ce ne son tanti - e una casa con le sue finestre e la sua veranda, da mettere in fila o in giro
per far la strada o la piazza; e questo dado qui più grosso e la chiesa con la croce e le
campane, e quest’altro la fontana, da metterci attorno questi alberetti che hanno la corona di
trucioli verdi e un dischetto sotto, per reggersi in piedi.Miracolo di Donna Mimma? No. E’ il
mondo in cui Donna Mimma vive agli occhi dei piccoli e anche dei grandi che ridiventano
subito piccoli appena la vedono passare. Piccoli, per forza, perché nessuno può sentirsi
grande davanti a Donna Mimma. Nessuno...Elvira Mosti, questo è il suo nome, non viene
accolta a braccia aperte dagli abitanti del paese, che le preferiscono Donna Mimma. Per
vendicarsi la Mosti fa reclamo alla Prefettura e la levatrice, per potere "esercitare", è
costretta ad andare davvero a Palermo, per diplomarsi in ostetricia. Due anni all'Università a
contatto con quarantadue giovani studentesse e con insegnanti che spesso ironizzano sui
suoi cinquantasei anni e sulla sua esperienza senza "scienza", sono davvero duri. Il
carattere di Donna Mimma esce trasformato da questa esperienza. Anche i suoi capelli sono
cambiati: da neri ora sono diventati bianchi.Al suo ritorno al paese, Donna Mimma presto si