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RISERVATO
contiene regole sui rapporti tra gli Stati e i sudditi/cittadini sottoposti alla loro sovranità con l'eccezione
del trattamento riservato ad ambasciatori e consoli che rappresenta una prima deroga agli affari interni.
Infatti, fino all'istituzione delle NU, il sistema di protezione dei diritti umani era fondato esclusivamente
su sistemi giuridici nazionali avanzati in tema di tutela dei diritti della persona: nel Regno Unito con la
Magna Charta Libertatum del 1215, l'Habeas Corpus Act del 1679 e il Bill of Rights del 1689, negli Stati
Uniti con la Dichiarazione dei diritti adottata dallo Stato di Virginia nel 1776 e la Dichiarazione
d'indipendenza del 1776, e in Francia con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789.
In seguito ciò verranno inseriti nella Dichiarazione dei diritti internazionali dell'uomo, conclusa
dall'Istituto di diritto internazionale nel 1929, il cui preambolo richiama le costituzioni nazionali che
prevedevano norme a tutela dei diritti umani quali fondamenti giuridici in tema di protezione dei diritti
umani.
Dalla metà del XVII secolo si sviluppano trattati internazionali con oggetto la tutela delle minoranze
religiose che stabilivano non solo il rispetto della fede e delle opinioni religiose dei rispettivi cittadini
residenti all'estero, ma anche il c.d. regime delle capitolazioni per cui i cittadini stranieri venivano
giudicati all'estero da tribunali speciali che applicavano le norme della loro legislazione nazionale. A ciò
si aggiunge la prassi con ulteriori limitazioni al potere statale mediante:
il divieto di adottare condotte lesive nei confronti dello straniero non legittimate da un sufficiente
- attacco territoriale,
il divieto di richiedere lo svolgimento del servizio militare,
- l'obbligo di adottare misure preventive e repressive di condotte lesive nei confronti dello straniero
- da modulare in base all'importanza delle funzioni svolte e/o della condizione particolarmente
vulnerabile a violazioni;
l'obbligo del rispetto del principio di non discirminazione,
- l'obbligo di consentire l'accesso alla giustizia interna da parte di stranieri lesi nei loro diritti
- contemplati dall'ordinamento internazionale, in virtù della differenza di accesso tra giustizia interna
e internazionale.
Verso la fine del XIX secolo il dominio riservato viene eroso ulteriormente quando si consolidano norme
internazionali riguardanti gli stranieri residenti in altri paesi, in quanto emanazione dello Stato di
appartenenza, quest'ultimo ha titolo giuridico e politico a intervenire mediante l'istituto della protezione
diplomatica nei casi di gravi violazioni dei diritti umani commesse all'estero nei confronti dei propri
cittadini. In situazioni meno impellenti essa è discrezionale perché lo Stato non ha l'obbligo nei confronti
del proprio cittadino e così è possibile che decida di non intervenire al fine di non pregiudicare
ulteriormente i rapporti in vigore con il paese ospite, come nel caso Regeni rispetto al quale l'Italia non è
intervenuta in modo forte per tutelare gli interessi geopolitici. Inoltre si è sviluppata la tendenza di
esercitare la protezione diplomatica per un individuo con doppia cittadinanza che abbia subito lesioni in
uno degli Stati nazionali. Al riguardo il Progetto della Commissione del diritto internazionale sulla
protezione diplomatica evidenzia il criterio della cittadinanza predominante seppur alcuni Stati tendono a
esercitare tale istituto ugualmente. Infine un'ultima questione riguarda la titolarità per cui inizia a essere
responsabile il singolo individuo e non solo lo Stato.
In seguito, sull'onda emotiva delle atrocità umanitarie commesse prima e durante la Seconda guerra
mondiale, avviene una svolta con la Dichiarazione universale sui diritti umani del 1948, una
risoluzione dell'AG ONU e conseguentemente non giuridicamente vincolante. Essa ha avviato il
consolidamento dell'istituzione di un corpus di regole e un insieme di meccanismi più sofisticati. Così
l'evoluzione viene influenzata dalle atrocità della Seconda guerra mondiale e della guerra civile spagnola,
dalla decolonizzazione, dalla violenza e persecuzione razziale istituzionalizzata di regimi - quali
l'apartheid in Sudafrica -, dalla diffusione della democrazia e dall'iniziativa di singoli.
Nel XX secolo si sviluppano gradualmente tre settori complementari del diritto internazionale, tutti
finalizzati a tutelare elementari esigenze di umanità e a rafforzare lo status dell'individuo nei confronti
degli Stati:
DIRITTO INTERNAZIONALE DEI DIRITTI UMANI → il focus principale è l'azione degli Stati e
1. i loro obblighi di condotta nei confronti degli individui ma anche gli strumenti in favore delle
vittime di violazioni o dei soggetti specializzati per far promuovere un innalzamento degli standard.
Dal punto di vista giuridico esso viene definito mediante l'adozione di dichiarazioni e trattati che
riconoscono agli individui una gamma di diritti indipendentemente dalla loro cittadinanza, anche se
col tempo si sono formate norme consuetudinarie. A ciò si affianca una specializzazione di organi
che muove da trattati generali utilizzati per istituire procedimenti di monitoraggio o luoghi di
discussione sui diritti umani che hanno un impatto sia sui governi che sull'opinione pubblica;
DIRITTO UMANITARIO o dei conflitti armati o bellico → si è sviluppato in parallelo alla
2. disciplina sui diritti umani se non prima poiché, già nel XIX secolo, gli Stati avevano cominciato a
stabilire delle regole da applicarsi reciprocamente in periodo di guerra - ad esempio gli scambi di
prigionieri o il divieto di determinati armamenti come il gas nervino. Dopo la Seconda guerra
mondiale si inizia a usare il termine 'diritto umanitario', il cui impianto viene rafforzato tramite
l'adozione di dichiarazioni e trattati che si applicano solo in presenza di un conflitto armato e
impongono dei limiti alla violenza bellica, che in sé è legittima durante lo stato di guerra, ma anche
con norme consuetudinarie. Così si fa riferimento inizialmente al diritto bellico che imponeva delle
limitazione all'uso di certi armamenti o di determinate tecniche di combattimento per poi passare al
diritto umanitario comprendente la protezione di civili, prigionieri di guerra e feriti ma anche la
creazione di meccanismi internazionali di monitoraggio seppur molto blandi e perciò spesso
interviene l'ONU;
DIRITTO INTERNAZIONALE PENALE → di fronte da un lato alla violazione del diritto dei
3. conflitti armati e all'assenza di meccanismi di risposta continuativi e dall'altro alle difficoltà per le
vittime e gli operatori umanitari di ottenere giustizia per violazioni della normativa ordinaria sui
diritti umani, si è sviluppato il diritto internazionale penale per portare a giudizio chiunque
commetta gravi violazioni dei valori fondamentali della comunità internazionale. Gli Stati nel
diritto internazionale sono destinatari delle norme e quindi, in caso di violazioni, ne rispondono
seppur ovviamente a capo di ciascun Paese vi siano delle persone. Inoltre lo Stato di appartenenza
degli autori delle violazioni sarebbe tenuto a punirli, ma spesso sono le stesse leggi interne od ordini
dati dai superiori ad aver determinato la violazione stessa portando a un alto tasso di impunità.
Indubbiamente è impensabile che tutte le violazioni dei diritti umani o delle norme del diritto
umanitario possano essere oggetto di trattazione nel diritto internazionale penale ma le violazioni
più gravi devono rendere possibile che non solo lo Stato ma anche gli individui responsabili vadano
incontro a una responsabilità giuridica. Infatti, mentre in passato gli autori materiali godevano di
immunità da azioni legali presso i tribunali di altri Stati ogni qual volta essi rivestissero la qualifica
di organi statali, oggi essi vanno incontro come individui a una responsabilità giuridica per gravi
violazioni di fronte a un tribunale statale estero o una corte penale internazionale - istituzione che
richiede una base giuridica, raggiunta mediante la firma di un trattato nel '98 - senza potersi
avvalere dello scudo dell'immunità o della scusante dell'ordine superiore o della difformità della
legge interna rispetto al diritto internazionale. Le condotte interessate da questo sviluppo sono
riconducibili a tre tipologie di violazioni accompagnate da un disvalore elevato:
crimini contro la pace → cioè scatenare una guerra di aggressione, delineato nel processo di
- Norimberga in ragione dell'annessione di alcuni territori al Terzo Reich. In questo caso si
giudica uno Stato basandosi sul modello della Germania nazista. Più recentemente, a seguito
dell'invasione del Kuwait da parte di Hussein, il CdS ONU adottò una risoluzione evidenziando
l'illegittimità dell'azione con il termine ‘violazione della pace’ piuttosto che ‘aggressione’ - da
ciò si nota la riluttanza della comunità internazionale ad applicare i mezzi necessari per reagire
al crimine di aggressione al fine di evitare la creazione di un precedente. In particolare esso è
previsto all'art. 5 dello Statuto della CPI ma affidato alla competenza della Corte solo dal 2018;
violazioni gravi e su larga scala dei diritti umani → si fa riferimento al genocidio e a crimini
- contro l'umanità quali lo sterminio, l'apartheid, le pratiche sistematiche di tortura, le uccisioni
sommarie e le sparizioni forzate, o la persecuzione di minoranze;
violazioni gravi di norme essenziali del diritto umanitario → si riferiscono a crimini di guerra
- come le esecuzioni di civili, le torture verso prigionieri di guerra, l'uso di armi chimiche o i
bombardamenti internazionali di obiettivi civili.
Rispetto ai crimini contro l'umanità e quelli di guerra vi è un'ampia prassi di sentenze per scenari
quali il conflitto nella ex-Jugoslavia o in Ruanda così come per i criminali nazisti, sottoposti a
meccanismi internazionali o statali favoriti dallo sviluppo del diritto internazionale. Ad esempio il
dittatore cileno Pinochet era riuscito a modificare la Costituzione garantendosi l'immunità dalla
giurisdizione cilena e la carica di senatore a vita, per poi spostarsi per motivi sanitari in Inghilterra,
dove era stato raggiunto da un mandato di cattura internazionale emesso da un giudice spagnolo.
Infatti, sulla base della Convenzione ONU sul divieto di tortura, la Spagna aveva svolto delle
indagini su alcuni delitti nei confronti di cittadini spagnoli o con doppia cittadinanza. Ma le autorità
britanniche rimasero indecise per via dell'alleanza passata con il regime di Pinochet e alla fine
approvarono il mandato, anche se non venne estradato perché il ministro dell'interno, p