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Mo: Piuttosto tenterò queste canzoni, che poco fa ho scritto su una verdeggiante corteccia di faggio, mentre regolavo/misuravo, segnai alternando note e parole. Tu poi ordinerai ad Aminta digareggiare. Immo haec, in viridi nuper quae cortice fagi carmina descripsi et modulans alterna notavi, experiar: tu deinde iubeto ut certet Amyntas.

M: Quanto il flessibile salice cede al pallido ulivo e il basso nardo selvatico ai roseti scarlatti, tanto Aminta cede a te, ma tu, o fanciullo, cessa le parole, siamo entrati nella grotta. Lenta salix quantum pallenti cedit olivae, puniceis humilis quantum saliunca roseti, iudicio nostro tantum tibi cedit Amyntas. Sed tu desine plura, puer: successimus antro.

Mo: Piangevano Dafni, le Ninfe, estinto per morte crudele, (voi noccioli e i fiumi testimoni alle Ninfe), quando la madre stretta al corpo miserabile di suo figlio invoca gli dei e gli astri crudeli. Nessuno condusse in quei giorni i buoi al pascolo [dopo aver pascolato] ai gelidi fiumi, o Dafni.

Nessun quadrupede gustò/assaggiò la corrente/l'acqua, né toccò lo stelo d'erba. O Dafni i monti impervi e le selve raccontano che anche i leoni d'Africa piansero alla tua morte [abbiano pianto]. Dafni incominciò ad aggiogare le tigri armene al carro, Dafni [incominciò] ad introdurre i riti di Bacco e ad intreccire con le tenere foglie i flessibili bastoni come la vite è di ornamento agli alberi, come le viti, come i tori al gregge, come le messi ai fertili campi, tu di ogni amore ai tuoi. Dopo che il destino ti ha portato via, la stessa Pale abbandonò i campi, e anche lo stesso Apollo. L'infausto loglio e sterili avene nascono nei solchi ai quali affidiamo spesso i grandi semi d'orzo, il cardo e la marruca dalle acute spine sorgono al posto della morbida viola e del purpureo narciso. Spargete la terra con le foglie, conducete le ombre alle fonti (Dafni raccomanda d'essere celebrato con tali cose) o pastori.E fate un sepolcro e aggiungete al tumulo un'iscrizione:

Io fui Dafni nelle selve daqui agli astri noto, custode più bello del bel gregge stesso."

Exstinctum Nymphae crudeli funere Daphnin flebant (vos coryoli testes et flumina Nymphis), cum complexa sui corpus miserabile nati atque deos atque astra vocat crudelia mater. Non ulli pastos illis egere diebus frigida, Daphni, boves ad flumina; nulla neque amnem libavit quadripes nec graminis attigit herbam. Daphni, tuum Poenos etiam ingemuisse leones interitium montesque feri silvaeque loquuntur. Daphin et Armenias curru subiungere tigris instituit, Daphnis thiasos inducere Bacchi et foliis lentas intexere mollibus hastas. Vitis ut arboribus decori est, ut vitibus uvae, ut gregibus tauri, segetes ut pinguibus arvis, tu decus omne tuis. Postquam te fatatulerunt, ipsa Pales agros atque ipse reliquit Apollo. Grandia saepe quibus mandavimus hordea sulcis, infelix lolium et sterilies nascuntur avenae; pro molli viola.

pro purpureo narcisso carduus etspinis surgit paliurus acutis. Spargite humum foliis, inducite fontibus umbras, pastores (mandat fierisibi talia Daphnis), et tumulum facite, et tumulo superaddite carmen: “Daphnis ego in silvis, hincusque ad sidera notus, formosi pecoris custos, formosior ipse.”

M: Tale [è] il tuo canto per/a noi, o divini poeta, quale il sonno nelle gramigne per gli stanchi, quale durante il caldo spegnere la sete al ruscello che scorre d’acqua dolce, né tu eguagli il maestro solo con il flauto ma anche con il canto [voce]. O fortunato ragazzo, tu ora sarai l’altro dopo quello [tu ora sarai il suo erede]. Noi tuttavia canteremo a te questi nostri canti a vincenda e allora innalzeremo Dafni alle stelle, porteremo Dafni alle stelle, Dafni amò anche noi.

Tale tuum carmen nobis, divine poeta, quale sopor fessis in gramine, quale per aestum dulcis aquae saliente sitim restinguere rivo. Nec calamis solum aequiperas, sed voce magistrum:

fortunate puer,tu nunc eris alter ab illo nos tamen haec quocumque modo tibi nostra vicissim dicemus, Daphninquetuum tollemus ad astra; Daphnin ad astra feremus: amavit nos quoque Daphnis.

Mo: Forse che alcuna cosa sia per noi maggiore di tale dono? E lo stesso ragazzo fu degno d’esserecantato. E già altre volte Stimicone lodò a noi questi stessi canti.

An quicquam nobis tali sit munere maius? Et puer ipse fuit cantari dignus, et ista iam pridemStimichon laudavit carmina nobis.

M: Dafni ammira candido l’inconsueto confine dell’Olimpo,vede sotto ai piedi le nubi e le stelle,quindi un’alacre voluttà occupa le selve e tutte le campagne e Pan e i pastori, le giovani Driadi. Nèil lupo trama insidie al gregge, né le reti ai cervi: il buon Dafni ama la pace. Gli stessi monti boscosidiffondono voci alle stelle con gioia; già le stesse rupi, gli stessi alberi risuonano di questi canti:“Un Dio, quello [è] un Dio! O

"Menalca" Ecco! Sii tu buono e propizio ai tuoi. Ecco qui quattro altari, due a te, o Dafni, due altari per Febo, porrò due tazze con latte fresco e sumante ogni anno e due coppe di grasso olio e mentre rallegro innanzitutto, i banchetti con molto vino (davanti al fuoco se sarà freddo, all'ombra se sarà tempo di messi) verserò dalle coppe un nuovo nettare, i vini di Ariusia. Per me canteranno Dameta e Egone di Licto, Alferibeo imiterà i satiri danzando [mentre danzano]. Ci saranno sempre queste cose per te e quando renderemo i solenni voti alle Ninfe e quando purificheremo i campi. Finchè il cinghiale amerà i gioghi dei monti, finché il pesce amerà i fiumi e finché le api si nutriranno con il timo, finché le cicale con la rugiada, sempre il tuo onore, il tuo nome e le lodi rimarranno. Ogni anno gli agricoltori faranno i voti a te, così come a Bacco e a Cerere, e anche tu scioglierai i voti. Candidus

insuetum miratur limen Olympi sub pedibusque vides nubes et sidera Daphnis. Ergoalacris silvas et cetera rura voluptas Panaque pastoresque tenet Dryadasque puellas. Nec lupusinsidias pecori, nec retia cervis ulla dolum meditantur: amat bonus otia Daphinis. Ipsi laetitia vocesad sidera iactant intonsi montes; ipsae iam carmina rupes, ipsa sonant arbusta: "deus, dues ille,Menalca!" sis bonus o felixque tuis! En quattor aras: ecce duas tibi, Daphni, duas altaria Phoebo.Pocula bina novo spumantia lacte quotannis craterasque duo statuam tibi pinguis olivi, et multo inprimis hilarans convivia Baccho (ante focum, si frigus erit; si messis, in umbra) vina novum fundamcalathis Ariusia nectar. Cantabunt mihi Damoetas et Lyctius Aegon; saltantis Satyros imitabiturAlphesiboeus. Haec tibi semper erunt, et cum sollemnia vota reddemus Nymphis, et cumlustrabimus agros. Dum iuga montis aper, fluvios dum piscis amabit, dumque thymo pascentur apes,dum rore cicadae, semper honos nomenque tuum

laudesque manebunt. Ut Baccho Cererique, tibisic vota quotannis agricolae facient: damnabis tu quoque votis.

Mo: Quali doni? Quali darò a te per tale canto? Infatti a me non piacciono, né il sibilo dell'Austro, che s'alza, né le spiagge tanto battute dal flutto, né i fiumi che defluiscono tra le valli sassose.

Quae tibi, quae tali reddam pro carmine dona? Nam neque me tantum venientis sibilus Austri nec percussa iuvant fluctu tam litora, nec quae saxosas inter decurrunt flumina vallis.

M: Noi ti doneremo prima questa fragile canna, questa mi insegnò: "Coridone ardeva per il bell'Alessi" e nello sesso tempo: "Di chi è il gregge? Forse di Melibeo?"

Haec te nos fragile donabimus ante cicuta; haec nos "formus Corydon ardebat Alexin" haec eadem docuit: " cuium pecus? An Meliboei?"

Mo: E tu prendi il bastone, che sebbene spesso Antigene lo chiese [avendolo chiesto spesso] non l'ha avuto

(e allora era degno d'essere amato), è bello per i modi simmetrici e per il bronzo, o Menalca.

At tu sume pedum, quod, me cum saepe rogaret, non tulit Antigenes et (erat tum dignus amari) formosus paribus nodis atque aere, Menalca.

Ecloga VIVV 1-5: Per prima la nostra Talia fu degna si degnò di cantare nel verso Siracusano, e non si vergognò di abitare le selve. Quando/mentre cantavo volendo cantare dei re e delle battaglie, Apollo mi tirò un orecchio e mi ammonì: "O Titiro è necessario che il pastore pasca le grasse pecore, e canti una sommessa canzone.

Prima Syracosio dignata est ludere versu nostra neque erubuit silvas habitare Thalea. Cum canerem reges et proelia, Cynthius aurem vellit et admonuit: "Pastorem, Tytire, pinguis pascere oportet ovis, deductum dicere carmen."

VV 6-12: Ora io (infatti ci saranno coloro che desiderano cantare sulle tue lodi e di celebrare le tristi battaglie) comporrò un canto agreste

con l'esile canna, canto ciò che mi è stato imposto. Setuttavia qualcuno leggerà anche questo canto catturato dall'amore, le nostre tamerici e tutto il bosco canterà te, o Varo, nessuna pagina è più grata a Febo di quella che ha scritto [in cima] il nome di Varo. Nunc ego (namque super tibi erunt qui dicere laudes, Vare, tuas cupiant et tristia condere bella) agrestem tenui meditabor harundine [harundo, -is] Musam: non iniussa cano. Si quis tamen haec quoque, si quis captus amore leget, te nostrae, Vare, myricae, te nemus omne canet; nec Phoebogratior ulla est quam sibi quae Vari praescripsit pagina nomen. VV 13-17: Avanti Peridi i ragazzi, Cromi e Mnasillo hanno visto Sileno in una grotta mentre era disteso nel sonno, le vene gonfie per/dal il vino di ieri, come sempre. Le ghirlande giacevano poco lontane, cadute dal capo [vocab.] e dal manico consumato pendeva il pesante boccale. Pergite Pierides. Chromis et Mnasyllos in antro Silenum

Pueri somno videre iacentem, inflatum hesterno venas, ut sempre, Iaccho; serta procul tantum capiti delapsa iacebant et gravis attrita pendebat cantharus ansa.

"Mnasyllos/ Chromis" sono desinenze alla greca "-is", "-os" (desinenza della seconda decl greca); abbiamo la desinenza alla greca perché sono due nomi greci (in Plauto queste desinenze le troviamo anche in altri sostativi non solo nei nomi propri).

"Venas" è un accusativo di relazione o alla greca, come l'abl di limitiazione precisa il senso del verbo, a cui si riferisce [Sileno gonfio nelle vene, per il vino di ieri] per mantenere la relazione tra "venas" e "Silenum".

"Capiti" è un abl sing, dovremmo avere "capite", ma essendo una forma di abl arcaico esce in "-i".

VV 18-22: Avendolo aggredito [avvicinatisi] (infatti, il vecchio spesso li aveva presi in giro entrambi con la speranza...

di un canto) lo legano con le stesse ghirlande, sopraggiunge la timida compagna Egle incoraggiandoli [Lett:Egle aggiunge se stessa come compagna e da manforte ai timidi],

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Publisher
A.A. 2021-2022
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sdrullo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Lingua latina I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Torino Alessio.