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Delia e Priapo
C: Questo capo setoso di cinghiale e le corna ramose del cervo longevo a te, o Delia, il piccoloMicone [offre] se avverrà ciò che è adatto/giusto, sorgerai tutta di marmo liscio, le gambechiuse/cinte nel purpureo coturno.Saetosi caput hoc apri[aper, -i] tibi, Delia, parvus et ramosa Micon vivacis cornua cervi. Siproprium hoc fuerit, levi de marmore tota puniceo stabis suras evincta coturno.1: “quae” realtiva con valore finale2: “coepere” foma contratta di “coeperunt”3: consecutiva4: finale
T: È sufficiente, o Priapo, che aspetti ogni anno il vaso del latte e queste focaccie: sei il guardianodi un povero orto. Secondo le circostanze ti abbiamo fatto di marmo, ma se la procreazione avràripopolato il gregge, tu sarai d’oro.Sinum lactis et haec te liba[libum, -i], Priape, quotannis exspectare sat est: custos es pauperis horti.Nunc te marmoreum pro tempore fecimus; at tu, si fetura gregem suppleverit, aureus
Nereide Galatea, per me a me più dolce del Timo di Ibla, più candida dei cigni, più bella dell’edera bianca, quando rincondurrai per la prima volta i tori sazi alle stalle, se hai con te qualche pensiero del tuo Coridone, verrai. [Se hai qualche pensiero per il tuo Coridone, verrai].Nerine Galatea, thymo mihi dulcior Hyblae, candidior cycnis, hedera formosior alba, cum primum pasti repetent praesepia tauri, si qua tui Corydonis habet te cura, venito.
Che io anzi sembri più amaro delle erbe sardoniche, più ispido del pungitopo, più vile di un alga gettata. Se già questo giorno per me a me è più lungo di un anno tornate a casa sazi, se avete pudore, andate giovenchi.
Immo(anzi) ego Sardoniis videar tibi amarior herbis, horridior rusco, proiecta vilior alga, si mihi non haec lux toto iam longior anno est. Ite domum pasti, si quis pudor, ite iuvenci.
Le muschiose fonti e l’erba più tenera del sonno,e il verde corbezzolo che vi copre con poca[rada] ombra, difendete il bestiame dal solstizio, già arriva la torrida estate, già le gemme sono gonfie sul flessuoso tralcio della vite.
Muscosi fontes et somno mollior herba, et quae vos rara viridis tegit arbutus umbra, solstitium pecori defendite: iam venit aestas torrida, iam lento turgent in palmite gemmae.
T: Qui il focolare e gli oleosi pini, qui sempre il violento fuoco e i battenti neri con l’assidua fuliggine, qui ci curiamo tanto dei freddi venti del Nord, quanto il lupo del numero [delle pecore] ogli impetuosi fiumi delle rive.
Hic focus et taedae pingues, hic plurimus ignis semper, et adsidua postes fuligine nigri.
Hic tantum Boreae curamus frigora quantum aut numerum lupus aut torrentia flumina ripas.
C: Si ergono i ginepri e gli irsuti castagni; giacciono sul selciato [a terra] qua e là i frutti ciascuno sotto il loro albero; ora tutto ride, ma se il bell’Alessi si
allontanasse da questi monti, vedresti i fiumi asciutti. Stant et iuniperi et castane hirsutae, strata iacent passim sua quaeque sub arbore poma, omnia nunc rident: at si formosus Alexis montibus his abeat, videas et flumina sicca. T: Il campo è secco, l'erba morente è assetata a causa della mancanza d'aria. Libero ha negato le ombre dei pampini sui colli, all'arrivo della nostra Fillide tutto il bosco verdeggierà e Giove discenderà abbondante come gradita pioggia. Aret ager, vitio moriens sitit aeris herba, Liber pampineas invidit collibus umbras: Phyllidis adventu nostrae nemus omne virebit, Iuppiter et laeto descendet plurimus imber. C: Il pioppo è molto grato ad Alcide, la vite a Bacco, il mirto alla bella Venere, a Febo il suo alloro. Fillide ama i noccioli, finché Fillide amerà questi, né il mirto, né l'alloro di Febo vinceranno i noccioli. PopulusAlcidae gratissima, vitis Iaccho, formosae myrtus Veneri, sua laurea Phoebo; Phyllis amatcorylos: illas dum Phyllis amabit, nec myrtus vincet coryolos, nec laurea Phoebi.
T: Il frassino nelle selve è il più bello [il più bel frassino nelle selve], nei giardini il pino, il piopponei fiumi, l'abete sugli alti moti, ma se, o Licidia bella, venissi più spesso a trovarmi a te cederebbeil frassino nelle selve, il pino nei giardini.
Fraxinus in silvis pulcherrima, pinus in hortis[hortus, -i], populus in fluviis[fluvia, -ae], abies[abies,-is] in montibus altis: saepius at si me, Lycida formose, revisas, fraxinus in silvis cedat tibi, pinus inhortis.
M: Questa cosa ricordo [questo ricordo] Tirsi che gareggia invano, poiché fu vinto, e da quel giorno[tempo] Coridone è Coridone per noi.
Haec memini, et victum frustra contendere Thyrsin ex illo Corydon Corydon est tempore nobis.
Ecloga VIIIVV 1-5: La Musa dei pastori Damone e Alfesibeo dei quali
gareggianti rimase stupita la giovencaimmemore d’erbe, al cui canto rimasero ammaliate le linci e mutato il corso dei fiumi si riposarono[davanti a loro], e narreremo della Musa di Damone e Alfesibeo.Pastorum Musam Damonis et Alphesiboei, immemor[immemor, -is] herbarum quos et mirataiuvenca certantis, quorum stupefactae carmine lynces, et mutata suos requierunt flumina cursus,Damonis Musam dicemus et Alphesiboei.
VV 6-13: Sia che tu già passi oltre le rocce del grande Timavo, sia che costeggi il lido del mareillirico, allora mai verrà il girono in cui mi sia lecito cantare le tue gesta? In cui sarà lecito per meportare per tutta la terra i tuoi versi, degnoi del coturno sofocleo? Da te il principio, e per te finirà [ilmio canto] accetta i canti, intrapresi per tuo consiglio e lascia serpeggiare tra gli allori vincitoriintorno alle tempie questa edera.
Tu mihi, seu magni superas iam saxa Timavi sive oram Illyrici legis aequoris, - en erit umquam illedies,
mihi cum liceat tua dicere facta? En erit ut liceat totum mihi ferre per orbem sola Sophocleotua carmina digna coturno? A te principium, tibi desinam: accipe iussis carmina coepta tuis, atquehanc sine tempora circum intra victricis hederam tibi serpere lauros.
VV 14-16: La fredda ombra si era allontanata a stento dal cielo della notte, quando la rugiada sullatenera erba è graditissima al gregge, così Damone appoggiato ad un olivo ben tornito iniziò
Frigida vix caelo noctis decesserat umbra, cum ros[ros, -is] in tenera pecori gratissimus herba:incumbens tereti Damon sic coepit olivae.
VV[D] 17- 25: Sorgi, o Lucifero, prima che arriva [arrivi] il giorno della vita, mentre mi lamento,ingannto, per l’amore indegno di Nisa promesso sposo e sebbene gli dei non mi hanno giovatocome testimoni, tuttavia nell’ora ultima, morente, li invoco. Inizia con me i canti Menali, o mioflauto. Il Menalo ha sempre un bosco arguto e pini loquaci e quello [lui] ascolta sempre
Gli amoridei pastori e Pan che per primo non ha lasciato [tollerato] il flauto [le canne] inerti. Inizia cone me icanti Menali, o mio flauto.Nascere praeque diem veniens age, Lucifer, almum, coniugis indigno Nysae decptus amore dumqueror et divos, quamquam nil testibus illis profeci, extrema moriens tam adloquor oro. IncipeMaenalios mecum, mea tibia, versus. Maenalus argutumque nemus pinusque loquentis semperhabet, semper pastorum ille audit amores Panque, qui primus calamos non passus inertis. IncipeMaenalios mecum, mea tibia, versus.VV 26-35: Nisa si è data a Mopso, cosa non dobbiamo aspettarci noi amanti? Ormai i grifoni siaccoppieranno con i cavalli, e in futuro [avvenire] i timidi daini verranno ad abbeverarsi con i cani.Comincia con me, o mio flauto, i canti Menalii. O Mopso, taglia nuove torce: ti si conduce la sposa.5: forma contratta di “contenderunt”Spargi, o marito, le noci; Vespero per te lascia l’Eta. Comincia con me, o mio flauto, i canti
Menalii.O unita , a un degno marito, mentre disprezzi tutti, mentre hai in odio la mia zampogna e le capre, ele irsute sopracciglia e la barba lunga e credi che nessun Dio si curi delle cose mortali.Mopso Nisa datur: quid non speremus amantes? Iungentur iam grypes equis, aevoque sequenti cumcanibus timidi venient ad pocula dammae. Incipe Maenalios mecum, mea tibia, versus. Mopse,novas incide faces: tibi ducitur uxor. Sparge, marite, nuces: tibi deserit Hesperus Oetam. IncipeMaenalios mecum, mea tibia, versus. O digno coniuncta viro, dum despicis omnis, dumque tibi estodio mea fistula dumque capellae hirsutumque supercilium promissaque barba nec curare deumcredis mortalia quemquam.VV 36-45: Inizia con me, o mio flauto, i canti menalii. Ti vidi da piccolo tra le nostre siepi, mentreraccoglievi i frutti coperti di rugiada, (io ero la vostra guida). Allora avevo raggiunto [assunto,ricevuto] l’undicesimo anno, già potevo toccare da terra i fragili rami, quando ti vidi perì,
Il testo formattato con i tag HTML sarebbe il seguente:come miportò via il cattivo errore. Inizia con me, o mio flauto, i canti menalii. Ora so cosa sia Amore, quellolo generano i duri scogli o il Tmaro o il Rodope, o i lontanti Garmanti il fanciullo non è della nostrastirpe, né del nostro sangue.
Incipe Maenalios mecum, mea tibia, versus. Saepibus in nostris parvam te roscida mala (dux egovester eram) vidi cum matre legentem. Alter ab undecimo tum me iam acceperat annus, iam fragilispoteram a terra contigere ramos: ut vidi, ut perii, ut me malus abstulit error! Incipe Maenaliosmecum, mea tibia, versus. Nunc scio quid sit Amor: duris in cotibus illum aut Tmaros aut Rhodopeaut extremi Garamantes nec generis nostri puerum nec sanguinis edunt.
VV 46-50: Inizia con me, o mio fauto, i canti menalii. Lo spietato Amore ha insegnato alla madre amacchiarsi, con il sangue dei figli le mani. Anche tu crudele, o madre! Più crudele la madre, o ilmalvagio fanciullo? Malvagio fanciullo; crudele anche tu, o madre!
Maenalios mecum, mea tibia, versus. Saevus Amor docuit natorum sanguine matrem. Commaculare manus; crudelis tu quoque, mater. Crudelis mater magis, an puer improbus ille?VV 51-56: Inizia con me, o mio flauto, i canti menalii. Ora il lupo fugga dalla pecora, le dure querce producano frutti d'orati, l'ontano fiorisca con il narciso, le tamerici trasudino dalle cortecce pingui ambre, e i gufi gareggino con i cigni, Titiro sia Orfeo, Orfeo [sia] nelle selve, Airone tra idelfini.
Incipe Maenalios mecum, mea tibia, versus. Nunc et ovis ultro fugiat lupus, aurea durae mala ferant quercus, narcisso floreat alnus, pinguia corticibus sudent electra myricae, certent et cycnis ululae, sit Tytirus Orpheus, Orpheus in silvis, inter delphinas Arion.
VV 57-63: Inizia con me, o mio flauto, i canti menalii. Tutto diventi alto mare, vivete o selve! Dall'altura di un monte aero mi getterò a precipizio nelle onde [flutti], avrete questo estremo dono, la mia morte [di chi sta per morire]. Cessa,
cessa ora, o flauto, i canti menalii. Questo Damone: voi, o Pieridi dite cosa Alfesibeo abbia risposto: non tutti possono tutto.