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Gioco esplicito tra reale e l’immagine.

Lezione 12/04

Verso la foce

Verso la foce nasce contemporaneamente ai narratori delle pianure proprio dal progetto del viaggio in Italia.

Questo viaggio doveva essere inizialmente un viaggio di osservanza, proprio dei pregiudizi e stereotipi di

visione. Si propongono di osservare come il paesaggio italiano è cambiato, da un lato senza quegli stereotipi,

d’altro lato prescindendo da certe nuove visioni convenzionali dello sguardo sul paesaggio degradato,

inquinato. Con quest’intenzione inizia una ricognizione lungo il corso del fiume Po’ fatta di fotografie e

appunti. Da ciò nascono le storie di narratori delle pianure e i diari di osservazione di verso la foce. Il

procedimento è quello del diario e poi da qui spuntano le storie che poi faranno pare della raccolta dei

narratori delle pianure. L’idea comunque è mappare con appunti e diari di viaggi questi paesaggi. Il testo

viene presentato già nella prefazione come un diario. C’è un’epigrafe, una sorta di dedica iniziale con una

citazione. Già nel paragrafo in apertura vi sono due diverse sfumature nella definizione del testo: innanzitutto

si dice che sono quattro diari di viaggio, le sezioni sono quattro, e subito dopo vi è una precisazione per cui

non sono diari bensì racconti di osservazione perché sono stati riscritti e ristrutturati che non li rendono più

veri e propri diari in senso classico. Ritorna lo spirito e il silenzio diffuso residenziale trovata in Tempo che

passa (significato ossimorico); qui vi è il silenzio urbano desertico. Si tratta di osservare in modo intenso il

mondo esterno con una concentrazione che ci rende meno apatici + immagine centrale di deserto di

solitudine. Il senso di solitudine e malinconia è molto forte. I quattro diari di viaggio vengono riassunti

nell’introduzione: il primo parla di una camminata nelle campagne Cremonesi nei giorni successivi allo

scoppio nucleare di Chernobyl (e le conseguenze ha provocato anche nel mondo Occidentale); il secondo è

un’esplorazione laboriosa degli argini del Po’ con incontri inverosimili ed il titolo è “Esplorazioni sugli argini”;

il terzo è una visitazione delle zone della grande bonifica Ferrarese e il titolo è “tre giorni nella zone della

grande bonifica”; il quarto è un viaggio incerto alle foci del Po’ e il titolo di quest’ultima sezione è “Verso la

foce” che dà il titolo all’intero libro. Ogni osservazione ha bisogno di liberarsi dai codici famigliari che porta

con sé. C’è una sorta di filosofia che guida il viaggio lungo il corso del fiume Po’ fino alle foci, un viaggio per

sentirsi smarriti: è un rovesciamento di quell’ulteriore stereotipo del viaggio alle radici della propria storia

per capire meglio sé stesso e il mondo; questo è invece un viaggio per sentirsi ancora più smarriti e

disorientati + bisogno di perdere le certezze che ci determinano. È dunque una forma di recupero di uno

sguardo più lucido, innocente, senza che ci sia necessariamente l’enfasi sulla meta, anzi è soprattutto un

viaggio nello smarrimento. Le particolarità e anomalie delle quattro sezioni: non sono in ordine cronologico

(il primo è quello di Chernobyl), cioè vi è un’alterazione della cronologia naturale. Questo è un motivo per

cui non viene fatto rientrare nel diario di viaggio, che invece procede seguendo l’ordine cronologico naturale.

Comunque non vi è uno stravolgimento delle date così radicale. Non è propriamente un andamento a ritroso

perché si parte dall’86, si passa all’83, poi 84 e di nuovo indietro nell’83. Non sappiamo quale sia il senso di

questa rimodulazione della successione cronologica, non ne abbiamo indicazioni. Ci sono alcune indicazioni

sui luoghi che verranno toccati, i confini (che sono sempre confini labili, tra il fiume e il mare, tra il viaggiatore

e le sue guide o chi incontra), i presupposti (che abbiamo detto sono anche filosofici), i mezzi con cui si muove

e l’abbandono alle apparizioni, alle immagini che attraversano il narratore, si impossessano di lui. La prosa

non è sincopatica come quella dei primi romanzi degli anni 70, ma è più distesa, il ritmo delle frasi cerca di

dare riposo alle immagini, di creare un nuovo paesaggio fatto anche del procedere più disteso di questa prosa

(+ chiaro riferimento alla musicalità della prosa). C’è un programma di stile ben preciso, ma non ci sono

indicazioni precise su come il libro è costruito. Sulla costruzione del testo abbiamo notizie confrontando le

varie edizioni di questo testo, che ha avuto diverse redazioni. Nasce in prima battuta come

accompagnamento nella collana “I narratori” Feltrinelli nel gennaio del 1989 (successivo a narratori delle

pianure), con una quarta di copertina in cui Celati fornisce alcune importanti coordinate per muoversi tra le

pagine del libro. Celati ha compiuto i primi viaggi (viaggio vero non raccontato) lungo il corso del Po’ in diversi

momenti, per brevi tappe: nella primavera dell’82 scrive note di paesaggio sulle zone tra Bologna e Piacenza,

poi, a partire dal mese di maggio dell’83, in compagnia del fotografo Luciano Capelli, intraprende

un’esplorazione più sistematica della valle del Po’, da Bologna a Ferrara, prendendo le note di viaggio che

nell’edizione definitiva formeranno la parte intitolata Esplorazioni sugli argini. Dopo la partenza di Capelli, a

distanza di alcuni giorni, fra il 31 maggio e il 4 giugno, Celati riprende il viaggio da Ostellato alle foci del Po,

accompagnato questa volta da Reinhard Dellit, un documentarista tedesco e fotografo che lavora a un

documentario per la televisione tedesca: questo racconto d’osservazione, nella versione finale, sarà l’ultima

delle quattro parti, intitolata Verso la foce. Fra maggio e giugno dell’84 Celati è di nuovo in viaggio nei luoghi

d’origine della madre (zone della grande bonifica Ferrarese), e i suoi appunti diventano i Tre giorni nelle zone

della grande bonifica: da solo, in corriera, in autostop o a piedi, orientandosi con una cartina e una bussola.

Infine, tra il 9 e il 17 maggio dell’86, dal Vecchio albergo della posta, tra Fornovo e Parma, si sposta verso

Piacenza, Casalmaggiore, Colorno, Brescello, attraversando il 45 parallelo, Boretto, Guastalla, Pomponesco.

Questo viaggio, benchè sia l’ultimo in ordine di tempo, costituisce la prima parte del libro, con il titolo Un

paesaggio con centrale nucleare. Il racconto prende avvio il 9 maggio 1986, fra la provincia di Parma e la città

di Piacenza, dove Celati tornava spesso, ospite dell’amica gallerista Leda Calza e del pittore Carlo Bertè. Al

centro di questa parte stanno i discorsi sul disastro di Cernobyl, i dialoghi con persone incontrate per caso,

le descrizioni dei luoghi attraversati. Nel racconto compaiono molti personaggi con cui il narratore si

intrattiene, ma si tratta di un percorso che si svolge prevalentemente in solitudine, viaggiando a piedi o in

corriera. Fa eccezione l’ultima parte, nella quale il narratore guida il regista Alberto Sironi a Guastalla,

Pomponesco, Boretto, e infine a Castellania, il paese di Fausto Coppi, a raccogliere notizie per la

sceneggiatura del film dedicato al campione ciclistico che Celati e Sironi stavano scrivendo a quattro mani

proprio in quei giorni. Lettura libro. Prima parte descrittiva e abbastanza precisa dell’albergo. Andamento

disteso, recupero della tradizione della prosa italiana, andamento sintattico e musicale che riproduce le

immagini, che sono “normali” ed essenziali, semplici. Riprende la musica distesa, non complessa. Inoltre molti

dialoghi. La descrizione non è classica, a tutto tondo, no statura, incarnato, età, bensì viene descritta

l’attitudine e atteggiamento del corpo e del volto. Della donna si dice che “ha trovato la faccia”

espressione che sottolinea la sicurezza, il fatto che ha trovato un ruolo e ne sia consapevole. Riguarda anche

la sua esteriorità: con poche parole ha dato una chiara figura della donna. La donna che ha trovato la faccia

è la donna che non ha più bisogno di indossare una maschera, ha trovato un suo ruolo, una propria

collocazione nel mondo, un proprio modo di essere, non ha bisogno di presentarsi agli altri come una

maschera (inteso in senso ampio come costume, trucco, modo di vestirsi, modo di porgersi, modo di parlare),

né di presentarsi agli altri come qualcosa che non è per compiacerli. Espone poi varie leggende e racconti

strani che si raccoglievano ascoltando le varie voci che il viaggiatore ascolta riguardo al disastro di Cernobyl.

Più volte è sottolineato l’ascolto, l’orecchio, le voci come richiami. Il narratore come monito per sé stesso, si

dice lui stesso di ascoltare le voci degli altri. voce come richiamo e voce umana paragonata alla voce degli

uccelli. Non è tanto importante il contenuto logico-razionale delle frasi, quanto la funzione che il parlarsi ha

nella vita sociale e aggregativa degli individui che si parlano, si chiamano e si richiamano come fanno gli uccelli

(dunque il parlare è soprattutto una forma di richiamo). Attenzione alle voci, sia degli altri sia di sé stessi,

all’ascolto, e dunque testo fortemente debitore alle istanze dell’oralità. Da una parte le voci, dall’altra la

concretezza della parola, la sua fisicità, il fatto che esistono delle parole anche nel paesaggio: il viaggiatore,

che attraversa dei luoghi, è immerso in immagini fatte di parole. Parole del paesaggio per esempio le

insegne (dei cartelli pubblicitari o di un’attività industriale), o le iscrizioni (nel libro tutte in stampatello o con

lettera maiuscola!). dunque si inserisce tra lettori che già avevano introdotto questo tipo di scrittura,

mettendo una cornice diversa, quella cornice narrativa che riprende la tradizione della prosa italiana.

Recupera l’uso della virgola non solo in funzione eufonica, ma proprio in funzione sintattica: le diverse scritte

e elenchi sono separati da virgola (lo scopo primo non è dare l’idea di confusione, ma la priorità è utilizzare

modi più strutturati della prosa ed un recupero di una prosa con lessico prevalentemente di grado zero, ma

non solo). Con la seconda parte, Esplorazioni sugli argini, il calendario si sposta indietro di tre anni: siamo ora

nel maggio del 1983, quando comincia l’avventura con Luciano Capelli raccontata in VF1. L’inversione

dell’ordine cronologico nella raccolta delle note di viaggio per la pubblicazione in volume è un indizio esplicito

di una costruzione che prescinde dall’andamento diaristico, inteso come sequenza di note di paesaggio e

impressioni soggettive: la narrazione

Dettagli
A.A. 2023-2024
35 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher riccardoamatucci7 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Testi e questioni di letteratura italiana contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Palmieri Nunzia.