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VOI, CHE M'AVETE MUTATA LA MAINERA Bonagiunta Orbicciani
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Si tratta di un sonetto. E' una protesta contro il poetare introdotto da Guinizzelli e poi condiviso dagli stilnovisti critica il fatto di aver
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abbandonato la tradizione della lirica cortese e i ragionamenti filosofici per usare invece un linguaggio che lui ritiene oscuro e
intellettualistico.
Il sonetto quindi è indirizzato a Guinizzelli, il quale a sua volta ne compose uno in risposta.
Il sonetto comunque ci informa sulle polemiche condivise da vari rimatori contro le innovazioni stilistiche di Guinizzelli infatti
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Bonagiunta si dimostra legato alle vecchie tradizioni.
Nella seconda quartina egli paragona quel nuovo stile alla luce che rischiara un luogo buio, ma che non ha nessun effetto o utilità
dove spende il sole il concetto è poi sottolineato dalle parole finali di ogni verso della strofa, cioè lumera, sprendore, alta spera e
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chiarore.
Questa similitudine appartiene alla scuola siciliana, che però là viene applicata al tema amoroso qui invece in senso polemico
letterario.
Probabilmente compie ciò perchè si rifà ad un'opera di Guinizzelli intitolata Al cor gentil, infatti in quel componimento il poeta illustra
dei concetti come il rapporto amorecuore gentile e in quasi tutte le strofe compare un riferimento al sole o alla luce della torcia.
Infine bisogna sottolineare l'utilizzo di un lessico filosofico, di forme tecniche di grande complessità retorico e di diversi livelli
semantici.
CON Più M'ALLUNGO, Più M'è PROSSIMANA Guittone d'Arezzo > dalle Rime
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Le Rime sono contenute nel canzoniere Laurenziano Rediano 9 che le suddivide in base al contenuto, e attribuisce le tematiche
d'amore e civile al periodo precedente la conversione, e quelli di argomento morale al periodo dopo.
Tra le rime amorose e morali, c'è un gruppo di poesie composte tra 1257 e 1262 circa, che si possono definire eticopolitiche e
segnano quasi il passaggio tra i due grandi periodi.
È un sonetto amoroso legato alla tradizione d'oltralpe per il tema (la lontananza della donna amata), per il lessico e per i gallicismi;
sono abbondanti gli artifici retorici e il tono è colloquiale e descrittivo.
Al v.3 è presente il tema della morte ripetuta, già utilizzato da Giacomo da Lentini e si lega al concetto dell'amore che ferisce e
risana, connesso alla leggenda della lancia di Peleo.
Al v.9 invece è presente il classico tema amoroso ma con una sfumatura religiosa si fa riferimento alla cometa che guidò i magi
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alla capanna di Betlemme. La stessa immagine si ritrova nei trovatori e ricompare poi presso gli stilnovisti (es. Lapo Gianni) e perciò
questa diventa dimostrazione come Guittone influenzò i poeti della generazione successiva.
Ahi lasso, or è stagione de doler tanto Guittone d'Arezzo > dalle Rime
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Questa canzone è molto celebre e viene considerata il capolavoro di Guittone.
Si ispira alla sanguinosa sconfitta subita a Montaperti nel 1260 dai guelfi di Firenze sbaragliati dagli esuli ghibellini e dai cavalieri
tedeschi inviati in aiuto dal re Manfredi.
La serie di nomi di luogo citati nelle strofe IV e VI ricalca le città e i vari possedimenti ritornati in possesso dei ghibellini che ricavano
dopo gli accordi firmati tra 1260 e 1261 quindi si deve collocare il componimento dopo questa data.
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Rivela affinità con il genere del “compianto” (planh) per il tono e i contenuti, che è di tipo provenzale e anche con il genere