Modificazione degli indici
Quando si tratta il paziente attraverso un punto di vista psicofisiologico, l’assessment psicofisiologico (indici misurati in condizioni stressanti - di stimolazione) viene ripetuto nel corso e alla fine di un trattamento in modo da poter verificare i risultati conseguenti dal trattamento.
In fase finale, quando ho trattato un paziente attraverso il canale psicofisiologico, mi aspetto che i risultati arrivino prima da quel canale e che, solo successivamente, arrivino risultati anche dai canali soggettivo e comportamentale. Questa “successione” avviene perché:
- Si ha una relativa autonomia dei sistemi di risposta: i vari canali di risposta infatti NON sono sovrapponibili.
- Inoltre si ha anche un'autonomia dei sistemi nella loro evoluzione temporale: se tratto il canale psicofisiologico, i risultati arriveranno prima da quel canale e poi anche dagli altri sistemi, in base al trattamento effettuato e anche alla predisposizione del paziente.
Con quest’ultima parte (multidimensionalità dell’assessment) abbiamo finito “la parte teorica” relativa ai colloqui iniziali di assessment. Per fare un assessment/valutazione sono indispensabili i fattori che permettono la formulazione del caso, e l’importanza del metodo ABC che ci permette di identificare il problema in modo chiaro con i suoi fattori di mantenimento (quando creiamo un abc puntiamo la luce sul problema principale e i fattori di mantenimento).
Colloquio in casi particolari: bambini e anziani
Nei due casi visti, la concettualizzazione del caso si basava prima sul modello cognitivo (con Federica) e poi su quello comportamentale (con Andrea).
- Nel caso di Federica possiamo fare sia ABC cognitivi che comportamentali:
- A B come Beliefs C: conseguenze emotive e comportamentali
- Festa con la cugina: le persone mi guarderanno e giudicheranno negativamente, mi prenderanno in giro.
- Allontanamento dal gruppo dal punto di vista comportamentale.
- Conseguenza emotiva: meno ansia ma anche svalutazione di sé, tristezza perché in realtà vorrebbe stare in compagnia.
- A B come Behaviours C: conseguenze in termini di rinforzo
- Festa con la cugina: si mette in un angolo e si esclude dal gruppo.
- Conseguenze che fungono da rinforzo negativo (perché tolgono qualcosa): meno ansia ed evitamento del gruppo sociale.
- A B come Beliefs C: conseguenze emotive e comportamentali
L’ABC è l’indice base per capire il trattamento successivo: in questo caso ci sono abc comportamentali e cognitivi, ugualmente validi e quindi si tratta di capire quale approccio/trattamento funziona meglio nella concettualizzazione del caso di Federica. Con Federica si agisce su entrambi i points of view: trattamento cognitivo ristrutturazione cognitiva ma anche trattamento comportamentale abbassamento di evitamento comportamentale. Fondamentalmente questi due trattamenti sono uniti.
- Con Andrea invece l’unica via possibile per il trattamento era quella comportamentale poiché è un soggetto physiological reactor.
In genere capisco che trattamento utilizzare con il soggetto grazie al modello teorico del disturbo. Quindi, in base a cosa capisco quale modello di trattamento utilizzare? Quali strumenti mi guidano per capire quale trattamento utilizzare col paziente? Ciò che mi guida è il modello teorico del disturbo di riferimento: nel caso di Federica e Andrea è stato possibile individuare il disturbo d’ansia sociale perché si conosceva la sintomatologia di tale disturbo grazie al DSM V in cui è anche poi indicato quale trattamento migliore per l’ansia sociale. Nel caso non dovessi conoscere il modello teorico di riferimento, vado a studiarlo.
Colloquio con i bambini
In alcuni casi, come con i bambini o anziani, la modalità con cui si interviene è di tipo comportamentale perché diventa difficile intervenire con un trattamento totalmente cognitivo. In un bambino con ansia generalizzata, DOC, depressione, ecc. il modello di mantenimento cognitivo-comportamentale diventa un modello solo comportamentale.
Rispetto alla multidimensionalità: la parte psicofisiologica si vede chiaramente, mentre quella cognitiva potrebbe venire fuori col tempo (c’è una difficoltà d’accesso e di interpretazione da parte del bambino stesso di ciò che sta vivendo in quel momento ma comunque esiste).
Il colloquio in caso di bambini si complica enormemente, rispetto a quello con gli adulti, perché le variabili in gioco si moltiplicano: i colloqui coi bambini sono caratterizzati da molta complessità.
- Si ha il punto di vista del bambino sul problema che è importante ma non sufficiente: ciò che lui pensa che stia succedendo, del perché i genitori lo hanno portato lì. I bambini vengono portati dal terapeuta per decisione dei genitori/insegnanti: il bambino spesso vive le conseguenze del problema a cui reagisce ma non pensa di avere un problema (un bambino dislessico non pensa di avere un problema ma pensa che gli altri siano semplicemente più bravi di lui a leggere). Con i bambini è importante compiere un passaggio di natura motivazionale, dato che viene portato lì dai genitori.
- Si ha anche il punto di vista dei genitori (a volte anche dei nonni): i genitori portano il loro punto di vista della situazione con la propria storia e la propria modalità educativa.
Col bambino è importante considerare:
- Livello di sviluppo linguistico: può essere che non ci siano.
- Capacità di sostenere a lungo un colloquio: i bambini piccoli non riescono a mantenere a lungo l’attenzione e quindi sono necessarie interruzioni, possibilità di usare il gioco. Bisogna essere molto strutturali nei colloqui coi bambini.
- Altra fonte importante di informazioni è l’osservazione in contesti familiari e/o extrafamiliari in cui avviene il problema mediante schede di osservazione. L’osservazione può essere occasionale (quando non sappiamo bene quale momento osservare, osservo il bambino in alcuni momenti della giornata - pranzo o cena o colazione) oppure strutturata (in cui osservo il bambino in tutti i momenti della giornata in diversi giorni della settimana).
Colloquio con i genitori
Quando si ha in cura un bambino, si fa un colloquio anche con i genitori: un colloquio conoscitivo dei membri della coppia e della situazione problematica che loro vedono col figlio. Fin dall’inizio bisogna considerare il senso di imbarazzo/disagio nel dover comunicare le proprie difficoltà ad una persona esterna e nel dover ammettere che il proprio figlio ha un problema psicologico (senso personale di fallimento).
Essi potrebbero anche provare rabbia e aspettative non soddisfatte: con i genitori in genere la situazione si complica perché si ha a che fare con la loro visione della bambino basate sulle loro aspettative che a volte è distante dal punto di vista emotivo da quella reale: pensano che il loro bambino sia intelligente, fantastico, ecc., e lo scoprire che ha problemi di dislessia potrebbe essere un “problema” per loro.
Inoltre a volte i genitori tendono a nascondere il problema: al problema psicologico si collega sempre uno stigma sociale e cercano di “nascondere” il problema per proteggere il figlio dallo stigma sociale. In questo caso è importante la collaborazione fin da subito coi genitori per discutere della divulgazione o meno della diagnosi del figlio e di come procedere a riguardo; il terapeuta è un collaboratore della coppia, non decide da solo a meno che non ci siano problemi legali.
- Ad esempio i genitori possono non rendere pubblica una diagnosi di dislessia e di attuare una terapia al di fuori del contesto scolastico. Nel momento in cui il bambino avesse bisogno di strumenti anche in classe per comprendere, allora si può decidere insieme ai genitori e insegnanti di cosa fare.
- Il colloquio col bambino è ricco di complessità perché gli attori coinvolti sono molti: genitori, insegnanti, allenatori, ecc.
Valutazione della coppia genitoriale e del singolo genitore nell’interazione col figlio. Importante vedere anche come la coppia si stia muovendo in seguito alla problematica presentata dal figlio/a:
- Ci sono coppie che riescono a fronteggiare bene la situazione dando la responsabilità a fattori esterni alla coppia (esempio genetica).
- Mentre altre attribuiscono la colpa al partner creando una situazione conflittuale (il bambino deve affrontare sia la propria differenza con i compagni, sia il conflitto dei genitori a casa). In questo caso potrebbe essere necessario avere incontri separati con i genitori.
Processo di valutazione iniziale in un colloquio con bambini
- Fase iniziale: descrizione del problema.
- Fase di indagine del problema: variabili associate al problema.
- Fase di approfondimento: di allargamento (se ci sono altri problemi), storia con ipotesi eziopatogenetica, precedenti trattamenti, ecc.
- Qualità della vita in famiglia.
- Aspettative di evoluzione del figlio da parte dei genitori: lavorare sulle aspettative che hanno i genitori.
- Aspettative di trattamento che hanno i genitori.
- Motivazione al trattamento dei genitori e dei figli.
- Restituzione: colloquio di restituzione coi genitori può essere difficile perché bisogna rispettare i tempi e le esigenze dei genitori e anche del bambino; a volte c’è più di un incontro di restituzione per comprendere appieno la diagnosi che viene fatta al figlio e le ipotesi di trattamento.
Da tenere in considerazione il fatto che spesso i genitori si sono già rivolti ad altri professionisti in precedenza e quindi diventa importante comprendere a quali professionisti si sono rivolti, perché l'hanno interrotta; è fondamentale l’instaurarsi di un clima di fiducia con la famiglia.
Colloquio con gli anziani
I colloqui con gli anziani sono caratterizzati da complessità sia per la storia di vita del soggetto, sia per la condizione medica e patologica. Con un paziente anziano le regole di conduzione del colloquio non variano dalla normale prassi seguita con gli adulti, ma bisogna prestare attenzione ai seguenti aspetti (indicati in rosso). Di solito, le diagnosi differenziali con gli anziani hanno a che fare con il decadimento cognitivo (anche se lieve): se si ha il sospetto di disturbi di memoria o cognitivi si può parlare direttamente col paziente (se mostra difficoltà durante la giornata, ad esempio) oppure direttamente col caregiver.
Il decadimento cognitivo può presentarsi con l’Alzheimer, anche precoce (intorno ai 50 anni): soprattutto quando la condizione patologica riguarda i lobi frontali, i primi segnali clinici possono essere dei cambiamenti nella personalità del soggetto/disturbi di personalità; di conseguenza il primo contatto da parte del paziente o della sua famiglia riguardi uno psicologo e non tanto un professionista medico.
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Appunti di teorie e tecniche del colloquio clinico-diagnostico
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Mappe concettuali di teorie e tecniche del colloquio clinico-diagnostico
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Mappe mentali del corso Teorie e tecniche del colloquio
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Tecnica del colloquio, Teorie e tecniche dei test