vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Dunque il rapporto tra sistemi motivazionali interpersonali e schemi interpersonali può
essere concepito in modo analogo al rapporto tra sistema di attaccamento e modelli operativi
interni (MOI) perché entrambi i concetti descrivono come le esperienze relazionali
influenzano la nostra percezione, il comportamento e le aspettative nelle relazioni.
Uno schema interpersonale problematico è una struttura che genera rappresentazioni della
relazione in cui l’altro fa qualcosa di negativo al sé. Negli schemi interpersonali è attiva una
memoria SENSORIALE di come si sente il sé quando si realizza l’assetto temuto dalla
relazione es: temere di essere umiliato ,tale memoria così impegnata emotivamente spinge
l’individuo a sviluppare strategie relazionali,dunque comportamenti con lo scopo di evitare la
situazione temuta. Queste strategie col tempo diventano automatismi, suscitando nell’altro
reazioni negative creando situazioni che il pz teme trasformandole in una sorta di profezia
che si auto avvera. Nel caso precedente in cui il pz teme di essere umiliato,potrebbe
assumere un atteggiamento arrogante per proteggersi,ma tale atteggiamento può irritare gli
altri e portarli a reagire in modo umiliante,confermando la sua paura iniziale dando vita a un
CICLO INTERPERSONALE. Questo si verifica pravalentemente con pazienti con disturbi di
personalità.
UN CICLO INTERPERSONALE SI SVILUPPA COSÌ:
-attivazione dello schema interpersonale :il paziente interpreta il comportamento del
terapeuta ad esempio attraverso il filtro delle sue esperienze passate
-strategia di coping disfunzionale: per difendersi da uno stato mentale temuto (sentirsi
umiliato) il paziente mette in atto comportamenti automatici disfunzionali (diventa
arrogante).
-reazione dell’altro i comportamenti disfunzionali del pz suscitano nell’altro reazioni che
confermano le sue paure iniziali,causando circolo vizioso . È importante evidenziare che in un
ciclo interpersonale non si entra in contatto direttamente con lo stato mentale proprio dello
schema problematico : in questo caso non si entra in contatto con una persona che
sperimenta uno stato di umiliazione ma con lo stato mentale di COPING, in questo caso uno
stato di tensione competitiva per affermarsi come colui che umilia.
Questi cicli interpersonali sono particolarmente evidenti nei pazienti con disturbi della
personalità,dove le difficoltà relazionali sono centrali . I cicli interpersonali che si attivano
nella relazione terapeutica possono essere distinti in ACUTI o CRONICI.
I CICLI ACUTI si caratterizzano per l’intensitá delle emozioni ,per la potenza della spinta
all’azione e per la durata relativamente breve , che quando non porta alla rottura della
relazione,raramente supera le due sedute.
I CICLI CRONICI invece, sono caratterizzati da sentimenti di minore intensità,ma da una
durata che specie all’inizio della terapia tende a prolungarsi per diverse sedute.
Il fatto che l’insorgenza dei cicli problematici sia profondamente legata alla patologia
interpersonale dei disturbi di personalità fa sì che lo stesso tipo di ciclo tenda a ripetersi
quando c’è un certo tipo di patologia, indipendentemente dalle caratteristiche personali del
terapeuta. Dunque pazienti simili tenderanno a creare cicli simili e ciò permette di creare una
parziale classificazione dei cicli e soprattutto un apprendimento a riconoscerli e gestirli.
Ad esempio ciclo acuto nei pazienti con disturbo borderline di personalità che chiameremo
ciclo invalidante.
I pazienti con disturbo borderline di personalità vivono con la sensazione di essere
sbagliate,indegne e difettate. Questo senso di indegnità è spesso accompagnato dalla
convinzione che gli altri li critichino o giudichino in modo distruttivo. Questo meccanismo
influenza pesantemente il modo in cui vivono le relazioni e affrontano i conflitti. Per
proteggersi da questa sensazione di essere sbagliati sviluppano una sorta di PERFEZIONISMO
DIFENSIVO: negano qualsiasi errore o colpa. Tuttavia quando si verifica un conflitto si trovano
davanti una scelta difficile “ chi è in torto loro stessi o gli altri”?
-da un lato temono di essere schiacciati dalle critiche confermando la loro percezione di
indegnità
-da un lato ribaltano il ruolo: diventano accusatori proiettando la colpa sull’altro. Quando il
paziente entra nel ruolo di accusatore l’attacco non si limita a un comportamento specifico
dell’altro ( es.hai sbagliato in questa situazione), ma il paziente tende a dire esplicitamente o
implicitamente che l’altro è una persona sbagliata nella sua totalità. Questo attacco
generalizzato provoca una reazione nell’altro.
-da una parte chi subisce può sentirsi effettivamente sbagliato
-dall’altra Reagisce con rabbia e inizia a percepire il paziente come sbagliato a sua volta. A
questo punto si instaura una lotta continua ciascuno dei due cerca di dimostrare all'altro che
è lui quello sbagliato. Questo crea un circolo vizioso dove entrambe le persone può cercando
solo di difendere il proprio senso di sé finiscono per danneggiare la relazione. Questa
dinamica difensiva porta verso il conflitto e spesso verso il Deterioramento della relazione.
-TEORIA DELLA CURA
Va oltre la descrizione di ciò che accade durante la relazione terapeutica e si chiede in che
modo e misura la relazione terapeutica contribuisca al successo della terapia.
Abbiamo visto come soprattuto in pz con dp i cicli interpersonali si attivano nel rapporto tra
terapeuta e paziente. Tali cicli interpersonali inducono il terapeuta a rispondere in modo anti-
terapeutico. Questi cicli possono sembrare un ostacolo alla cura ,poiché confermano e
rinforzano gli schemi disfunzionali del paziente ,ma in realtá possono diventare
un’opportunità preziosa per il trattamento.
Dinamica chiave è il meccanismo del REVERSE: per evitare di sentirsi nella posizione temuta,
il paziente tende a invertire i ruoli,cercando di mettere il terapeuta nella posizione di
vulnerabilità che teme per sé.
Questo processo permette in realtà al terapeuta di entrare empaticamente nel vissuto del
paziente,sperimentando in prima persona ciò che il paziente prova. L’importanza della
comprensione empatica ed esperenziale , consente al terapeuta di sviluppare una
comprensione non solo cognitiva ma anche emotiva ed empatica del mondo interno del
paziente. Questa consapevolezza è utile per
-garantire un accesso precoce agli stati mentali del paziente
-vivere direttamente le difficoltà relazionali del paziente aiuta il terapeuta a calibrare gli
interventi. Ad esempio con pazienti evitanti che soffrono di isolamento, il terapeuta potrebbe
percepire la fatica e il disagio nel dialogo ,comprendendo che insistere troppo sulla
socializzazione sarebbe controproducente. Questa consapevolezza aiuta a modulare gli
obiettivi terapeutici
- attraverso i cicli il terapeuta percepisce come il paziente contribuisca a creare circuiti
interpersonali che mantengono la sua sofferenza. Trasmettere al paziente questa
consapevolezza ,diventa uno degli obietti della terapia. Timing e modalità di comunicazione e
spiegazione dei cicli sono essenziali affinché l’intervento possa essere efficace. Una
comunicazione troppo precoce potrebbe far sentire il paziente giudicato e completamente
responsabile delle sue difficili relazioni.
Logicamente il terapeuta deve essere in grado di osservare il proprio stato
mentale,riconoscerlo e chiedersi quanto abbia a che fare con sé stesso o quanto sia legato al
paziente o quanto sta accadendo in quel momento nella relazione.
-TEORIA DELLA TECNICA
Dal punto di vista della teoria della cura,i cicli interpersonali presentano il vantaggio di
permettere al terapeuta di raggiungere una comprensione empatica/esperenziale degli stati
d’animo del paziente nella relazione. Dal punto di vista della teoria della tecnica la domanda
diventa come si raggiunge questa comprensione?
Dovendo il terapeuta raggiungere un assetto interiore di comprensione
empatica/esperenziale, la tecnica deve essere basata su procedure interiori. Il terapeuta
deve affrontare e superare le proprie emozioni spontanee,che potrebbero andare contro
l’approccio terapeutico. Questa tecnica prende il nome di disciplina interiore, processo
attraverso il quale il terapeuta deve fermarsi,riflettere ed essere consapevole dei propri
sentimenti,prima di agire. Per esempio se il terapeuta si sente irritato dal comportamento del
pz, la tecnica richiede che egli si fermi a esplorare e comprendere perché si sente così. A
questo punto il terapeuta deve chiedersi se il suo stato d’animo è simili a quello del paziente,
o se è il riflesso delle paure e dei timori del paziente nelle tue relazioni quotidiane.
Confrontare il proprio stato mentale con quello del paziente permette di ottenere una
comprensione empatica.
Un’altra parte fondamentale è evitare di pensare che le proprie emozioni siano
necessariamente legate a ciò che il paziente sta vivendo .La domanda a cui deve tentare di
rispondere il terapeuta è “ in che misura lo stato mentale che sto vivendo in questo momento
può essere simile a quello che il paziente prova o teme di provare nelle sue relazioni
interpersonali?” Questo processo di valutazione è necessario per evitare che il terapeuta
attribuisca al paziente quello che è un suo personale stato mentale.
Quando un paziente opera un rovesciamento dei ruoli l’esito può essere duplice . Il
rovesciamento può avvenire in maniera parziale o totale. ( NON DIRE PER FORZA)
-se avviene in modo totale lo stato mentale non è condiviso ma complementare: se il
paziente ha paura di essere umiliato e rovescia i ruoli umiliando il terapeuta , il pz proverà un
senso di soddisfatto trionfo comportamentale al senso di umiliazione che prova il terapeuta.
Il terapeuta dovrà comprendere che il suo sentimento di umiliazione non è simile a ciò che
prova il paziente ma è simile a ciò che il paziente TEME DI PROVARE.
-in altri casi il rovesciamento porta ad una situazione di stallo , in cui nessuno assume
nettamente uno dei due ruoli previsti di conseguenza sia pz che terapeuta proveranno istinti
di umiliare /timore di essere umiliato e di conseguenza gli stati mentali sono simili.
Le operazioni di disciplina interiore costituiscono la tecnica per trattare in senso terapeutico i
cicli interpersonali.
Quando ci si accorgere di trovarsi in un ciclo interpersonale il terapeuta
-deve tollerare il disagio ed evitare di agire in modo che la patologia si rafforzi
-deve attraverso le operazioni di disciplina interiore prevenire ad una comprensione
tematica/esperenziale dello stato mentale del paziente
-deve rendere i