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Ag 2
SPAZI VETTORIALI
teorema della dimensione
Teorema
Tutte le basi di uno spazio vettoriale V hanno la stessa cardinalità
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La dimensione di uno spazio vettoriale finitamente generato dimV è il numero di elementi di una sua qualsiasi base.
Dimostrazione
Supponiamo per assurdo che n > k
V = span {v1, v2, ..., vk} e possiamo scrivere w1 = a1v1 + a2v2 + ... + akvk. I vettori w1, w2, ..., wn sono linearmente indipendenti, quindi almeno uno dei coefficienti ai, diciamo a1, deve essere nullo.
Ricavando v1 = w1 - w2/a1 - ak/a1vk, abbiamo dunque V = span {w1, w2, ..., wk} e possiamo scrivere w2 = b1v1 + b2v2 + bkvk. I vettori w1, w2, ..., wn sono linearmente indipendenti, quindi almeno uno dei coefficienti b2, diciamo b2, deve essere non nullo.
Ricavando v2 = - b1/b2w1 + w2/b2 - bk/b2vk, abbiamo dunque V = span {w1, w3, w3}.
Ripetendo il procedimento k volte, si giunge a V = span {w1, w1, ..., wk} e quindi risulta wk+1 = c1w1 + c1w1 + ... + ckwk, contro l'ipotesi di indipendenza.
Siano (w1, v2, ..., vk) e (w1, w2, ..., wn) due basi dello spazio vettoriale V.
Poiché i vettori v1, v1, ..., vk generano V e i vettori w1, w1, ..., wn sono linearmente indipendenti, per il precedente lemma risulta k > n.
Ma anche i vettori w1, w1, ..., wn generano V e i vettori v1, v1, ..., vk sono linearmente indipendenti, quindi n ≥ k. Dunque n = k.
Linearità e dipendenza
Teorema
Ogni applicazione lineare trasforma vettori linearmente dipendenti in vettori linearmente dipendenti
Dimostrazione
Sia f:V→W un'applicazione lineare e siano v, v₁,..., vₙ vettori di V linearmente dipendenti, cioè esistono a₁, a₂,..., aₙ non tutti nulli tali che
a₁v + a₂v₂ + ... + aₙvₙ = 0V
per la linearità di f, possiamo scrivere il vettore nullo di W come segue
0W = f(0V) = f(a₁v + a₂v₂ + ... + aₙvₙ) = a1f(v) + a2f(v₂) + ... + anf(vₙ)
dunque f(v), f(v₁),..., f(vₙ) sono linearmente dipendenti
Isomorfismi e dimensioni
Teorema
Due spazi vettoriali V e W finitamente generati sono isomorfi se e solo se dimV = dimW.
Dimostrazione
Se V e W sono isomorfi, esiste un isomorfismo f: V → W.Poiché f è inietivo, si ha dimV ≤ dimW.Poiché f è suriettivo, si ha dimV ≥ dimW.quindi dimV = dimW.
Se dimV = dimW, siano V = (v₁, v₂, ..., vn) una base per V e W = (w₁, w₂, ..., wn) una base per W. Le applicazioni lineari che assegnano ad ogni vettore le coordinate
φV: V → ℝn φW: W → ℝn
sono isomorfismi, quindi
φW-1 ◦ φV: V → W
è un isomorfismo
Rango e invertibilità
Teorema
Una matrice è invertibile se e solo se quadrata e di rango massimo
Rango
Sia A un insieme finito di vettori dello spazio V. Si definisce rango rK di A la dimensione del sottospazio generato dai vettori di A.
rK A = dim span A
Invertibilità
La matrice A risulta invertibile (cioè esiste B tale che AB = I e BA = I). Similmente, l'applicazione lineare F è un isomorfismo se e solo se la matrice MF è invertibile
LA(n) = (LA)-1 , M(f-1) = (HF)-1
Dimostrazione
A invertibile ↔ LA isomorfismo;
↔ LA : Rn → Rn rK LA = n;
↔ A quadrata di ordine n, rK A = n
Teorema di Binet
Teorema
Siano f e g due endomorfismi dello spazio vettoriale V
det(fg) = (det f)(det g)
Corollario (teorema per matrici)
Siano A e B due matrici quadrate dello stesso ordine
det(AB) = (det A)(det B)
Dimostrazione per endomorfismi, nel caso dimV=2
per ogni forma n, si ha
Ω(fΞ(u),fΞ(v)) = det(fΞ)Ω(u,v)
ma anche Ξ(fΞ(u),fΞ(v)) = det(f)Ω(Ξ(u),Ξ(v))
= det(f) det(Ξ)Ω(u,v)
Dall'unicità del determinante, segue l'enunciato
Dimostrazione per matrici
det(AB) = det LAB
det(LA LB)
(det LA)(det LB)
(det A)(det B)
Criterio di diagonalizzabilità
Definizione
Gli autovalori con molteplicità geometrica uguale alla molteplicità algebrica sono detti regolari.
Una matrice quadrata A è diagonalizzabile su IR se e solo se gli autovalori di A sono tutti reali e regolari.
Dimostrazione
Siano λ1,...,λk gli autovalori (tutti reali); a1,...,ak le loro molteplicità algebriche, g1,...,gk le loro molteplicità geometriche.
Gli autovettori si trovano negli autospazi; quindi, se vogliamo una base di IRn che sia formata da autovettori di A, dobbiamo prendere g1 vettori indipendenti (il massimo numero possibile) in Vλ1, g2 vettori indipendenti in Vλ2, ... gk vettori indipendenti in Vλk.
Dato che questi g1+...+gk autovettori (sicuramente indipendenti) siano una base di IRn occorre che siano n.
Poiché gi≤ai, abbiamo g1+...+gk ≤ a1+...+ak = n.
La condizione g1+...+gk=n equivale quindi a gi=ai, per ogni i=1,...,n.
Proiezione ortogonale e distanza minima
Teorema
Sia V uno spazio vettoriale euclideo e W un suo sottospazio.
- Ogni vettore a ∈ V si scrive in modo unico come a = a1 + a⊥ dove a1 è un vettore di W (la proiezione ortogonale di a su W) e a⊥ è un vettore ortogonale a (ogni vettore di) W.
- Data una base ortogonale β = (b1,...,bm) di W, risultano a1 = (a,b1) b1 + ... + (a,bm) bm, ‖b1‖2 ‖bm‖2
Se β = (u1,...,um) è una base ortogonale di W, allora a1 = (a,u1) u1 + ... + (a,um) um.
- La proiezione ortogonale a1 di a su W è il vettore di W a distanza minima da a, cioè ‖a - a1‖ < ‖a - w‖ per ogni w ∈ W w ≠ a1
Dimostrazione
Fissiamo una base ortogonale β = (b1,...,bm) di W. Il vettore proiezione ortogonale a1 è un vettore di W, quindi si scrive in un unico modo come combinazione lineare dei vettori della base β: a1 = α1b1 + α2b2 + ... + αmbm.