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FATICA

Fino ad ora abbiamo analizzato il comportamento meccanico dei metalli sotto l’azione

di un solo carico che veniva applicato:

- Lentamente: si parlava di prova di trazione

- Rapidamente: si parlava di prova di impatto

Ora invece parleremo della fatica

La fatica è il fenomeno generale del cedimento di un materiale dopo parecchi cicli di

sollecitazione a un livello di sforzo al di sotto del valore della resistenza a trazione. Se

sottoponiamo in laboratorio un provino a sollecitazione ciclica ad un livello prestabilito

avremo:

la linea rappresentata al tensile strenght non è altro che la linea che indica che

staticamente il materiale ha una sua resistenza (è l’omologo dello yield strenght)

Durante questi esperimenti il materiale è sollecitato con valori molto piccoli e il

risultato è una curva sinusoidale e non quella triangolare.

Quando un materiale è sottoposto a questo tipo di sollecitazioni per un numero molto

elevato di cicli (milioni), anche se il carico massimo applicato rimane al di sotto del

tensile strength (resistenza a trazione), si osserva comunque un progressivo

decadimento delle sue proprietà meccaniche. Questo decadimento segue spesso un

andamento lineare, come rappresentato

Alcuni metalli mostrano un comportamento peculiare: se la sollecitazione ciclica

rimane molto bassa, raggiungono un punto di stabilità oltre il quale non si osserva più

alcun deterioramento delle caratteristiche meccaniche. Questo punto viene chiamato

fatigue strength limit (limite di resistenza a fatica), ed è il valore massimo di

sollecitazione ciclica che un materiale può sopportare teoricamente per un numero

indefinito di cicli senza fallire.

Nella progettazione meccanica si cerca in genere di rimanere sotto questa soglia, per

garantire la durabilità del componente.

Tuttavia, questo comportamento "ideale" si verifica solo in pochi materiali metallici.

Nella maggior parte dei casi, soprattutto per materiali compositi, il decadimento delle

proprietà è continuo e non presenta un vero e proprio limite di resistenza a fatica. In

questi casi, non è possibile definire un’area sicura al di sotto della quale si può

escludere completamente il rischio di degrado: il materiale continuerà comunque a

deteriorarsi con il tempo e l’uso ciclico.

Cosa succede quando sollecito il materiale ciclicamente? Abbiamo visto che le

superfici di tutti i materiali hanno una loro scabrezza o rugosità superficiale cioè:

Quando su un materiale agisce uno sforzo remoto di entità pari a un certo valore �,

abbiamo osservato che, in presenza di variazioni geometriche significative (come

asperità o difetti), lo sforzo che si genera localmente attorno a queste discontinuità

non coincide con quello applicato a livello macroscopico. Questo fenomeno è stato

analizzato attraverso i difetti di Griffith, che mostrano come attorno ai difetti lo sforzo

possa intensificarsi.

In corrispondenza di queste irregolarità geometriche, si formano zone in cui le

sollecitazioni sono localmente più elevate. Quando queste superano il limite di

snervamento del materiale (yielding point), si ha una deformazione plastica. A livello

microscopico, ciò corrisponde alla generazione e al movimento di dislocazioni

all'interno del reticolo cristallino del materiale.

Queste dislocazioni, però, agiscono come ostacoli le une alle altre, rendendo più

difficile il movimento successivo. Il materiale, quindi, tende a irrigidirsi: questo

processo è noto come incrudimento.

Quando un materiale è sottoposto a sollecitazioni cicliche, ovvero a ripetuti carichi e

rilasci, si osserva un progressivo degrado delle sue proprietà meccaniche. Analizzando

le curve di deformazione, si nota che la deformazione alla rottura in queste condizioni

è molto inferiore rispetto a quella che il materiale raggiungerebbe se venisse

semplicemente caricato fino a rompersi in maniera monotona.

Questo accade perché il materiale, sottoposto ciclicamente a sforzi che superano il

punto di snervamento (yielding point), consuma progressivamente la sua capacità di

deformarsi plasticamente. In pratica, esaurisce la possibilità di generare nuove

dislocazioni, e quindi si infragilisce. A causa di ciò, si innesca una frattura che può

propagarsi localmente anche sotto sollecitazioni relativamente modeste.

In queste condizioni si sviluppa uno scorrimento localizzato, cioè una deformazione

plastica concentrata in aree ben definite, che introduce discontinuità strutturali.

Queste discontinuità facilitano la propagazione di cricche (crack), che avanzano man

mano che il ciclo di sollecitazione continua, fino alla rottura completa del materiale.

A livello locale, sulla superficie di un materiale, possono instaurarsi condizioni di sforzo

molto diverse da quelle medie o remote. Queste condizioni possono causare intrusioni

della materia e la penetrazione di vuoti (micro-cavità), che a loro volta intensificano

ulteriormente lo sforzo localmente. Con il tempo, queste micro-discontinuità possono

evolversi e portare alla formazione di una cricca (crack).

Nei metalli, la rottura è generalmente legata alla presenza e alla propagazione di una

singola cricca dominante. Una volta formatasi, questa cricca può propagarsi

liberamente attraverso il materiale, portando alla frattura completa.

Nei materiali compositi, invece, la situazione è più complessa. La rottura non è

tipicamente associata a un singolo crack, ma a una molteplicità di cricche che si

generano e si propagano in modo non uniforme e in direzioni diverse, a seconda della

natura anisotropa e dell’interazione tra le diverse fasi del materiale.

Come si fa a valutare la resistenza alla fatica sperimentale?

Applico per esempio uno sforzo sigma 1 sul materiale costantemente e in modo

ciclico, avremo tipo:

Analizziamo questa figura: Mostra la crescita complessiva di una

cricca per fatica in funzione

dell’intervallo del fattore di intensità

dello sforzo dell’apice della cricca dK

Durante lo studio della propagazione della cricca nei materiali sottoposti a

sollecitazioni cicliche, si osservano tre stadi distinti nel grafico che mette in relazione

la velocità di crescita della cricca (da/dN) con il logaritmo dell'intervallo di intensità di

sforzo (Δ�):

- Primo stadio: non si osservano effetti significativi in tempi ragionevoli; la

velocità di crescita della cricca è praticamente nulla.

- Secondo stadio: si osserva una relazione quasi lineare tra log(da/dN) e log(ΔK).

Questo è lo stadio di interesse, poiché rappresenta il regime controllabile della

propagazione della cricca.

- Terzo stadio: il materiale si rompe improvvisamente, poiché ΔK raggiunge un

valore critico.

Questo comportamento è stato osservato in diversi materiali, e con una certa

universalità. La porzione centrale, che è la più rilevante per la progettazione

ingegneristica, è descritta dalla legge di Paris:

- da/dN è la velocità di avanzamento della cricca per ciclo di carico

- DeltaK è la variazione del fattore di intensità di sforzo

- C e m sono costanti caratteristiche del materiale

Applicando il logaritmo a entrambi i membri dell'equazione si ottiene una relazione

lineare:

Il fattore di intensità di sforzo K quantifica quanto è intensificato lo sforzo attorno alla

cricca. Quando K raggiunge il valore critico �

ic

, il materiale si rompe in modo fragile.

Per valori inferiori, K rappresenta una misura della pericolosità dello stato tensionale

vicino alla punta della cricca. In questa definizione, compare anche il parametro Y, un

fattore geometrico spesso prossimo a 1.

Conoscendo le costanti C e m del materiale, è possibile prevedere l’avanzamento del

crack in funzione del numero di cicli applicati. Inoltre, man mano che la cricca si

propaga, la capacità del materiale di sopportare carichi si riduce, fino alla rottura

finale.

CAPITOLO 9

Una fase è una porzione chimicamente e strutturalmente omogenea della

microstruttura. Una microstruttura a fase singola può essere policristallina, ma ciascun

grano cristallino si differenzia soltanto nell’orientamento cristallino, non nella

composizione chimica.

Analizziamo un metallo puro a livello microscopico:

Le linee di demarcazione visibili in un materiale

cristallino non sono altro che i confini tra un grano

cristallino e l’altro. Durante il raffreddamento di un

materiale a partire dallo stato fuso, gli atomi,

inizialmente in movimento caotico, si organizzano

progressivamente in una struttura ordinata e

geometrica, tipica dei solidi cristallini.

Questo processo di ordinamento avviene in maniera

puntuale e casuale in diverse zone del materiale, dove

alcuni atomi si raggruppano per formare nuclei di

cristallizzazione. Attorno a questi nuclei si sviluppano le

celle cristalline, che si accrescono in modo locale. Ogni cristallo cresce con una propria

orientazione spaziale.

Quando i vari cristalli si espandono e si incontrano tra loro, non proseguono la crescita

e formano i cosiddetti grani cristallini. Tuttavia, a causa dell’orientazione casuale dei

singoli grani, non c’è continuità geometrica tra un grano e l’altro. Questo

disallineamento crea interferenze strutturali nei punti di contatto, che si manifestano

come linee di demarcazione o confini di grano.

Questi confini non indicano una variazione nella composizione chimica: l’intero

materiale ha stessa composizione chimica e stessa struttura cristallina in ogni punto.

In altre parole, si tratta di un materiale monofase, ma costituito da grani con

orientazioni cristallografiche diverse, separati da sottili zone disordinate dovute al

disallineamento dei reticoli.

Analizziamo un mix di acciaio e carbonio:

Quando invece si osserva un acciaio contenente

carbonio, le "interruzioni" che si vedono al microscopio

non sono semplicemente confini tra grani della stessa

fase, come nel caso di un metallo puro. In questo caso, si distinguono due fasi

differenti con composizioni chimiche diverse.

Infatti:

- Le zone chiare (o bianche) corrispondono tipicamente a ferrite, cioè ferro quasi

puro, con pochissimo carbonio disciolto.

- Le zone scure (o nere) sono costituite da cementite (Fe₃C) o da altre fasi ricche

di carbonio, come la perlite (un insieme di ferrite e cementite a struttura

lamellare).

DIAGRAMMA DI FASE

Un diagramma di fase è una rappresentazione grafica delle variabili di stato associate

alle microstrutture tramite la regole delle fasi di Gibbs. Analizziamone alcuni:

ACQUA H20

Nel punto triplo si ha una condizione di eq

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sav.lis di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Materiali per l'aeronautica e lo spazio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof D'amore Alberto.
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