COEFFICIENTE UNITARIO.
✓ EFFETTO DELLA TEMPERATURA = quando un materiale viene lavorato ad alte
temperature, viene favorito il fenomeno di CREEP, ovvero lo SCORRIMENTO VISCOSO.
È noto, infatti, che all’aumentare della temperatura di esercizio, la resistenza del materiale
diminuisce: quella a fatica non fà eccezione. LA FATICA SI COMBINA CON IL CREEP
(dobbiamo quindi tenerne conto quando lavoriamo ad alte temperature).
Nel grafico si possono distinguere 3 diverse curve (notiamo che ciascuna di esse rappresenta una
curva di Wohler) riferite a “Inconel Alloy” (lega Ni-Cr). La curva in alto è stata tracciata per una
temperatura di 704°C, quella in basso a 816°C. Come si può notare, IL DECADIMENTO DELLA
RESISTENZA ALL’AUMENTARE DELLA TEMPERATURA È MOLTO MARCATO. A parità di
numero di cicli, infatti, abbiamo un carico di rottura molto minore.
La curva in basso e quella in mezzo sono invece ottenute alle stesse temperature MA CON
FREQUENZE DI CARICO DIVERSE. NOTIAMO CHE AL DIMINUIRE DELLA FREQUENZA,
IL MATERIALE RESISTE MENO: questo è dovuto proprio al CREEP, in quanto, avendo una
velocitò di applicazione del carico più lenta, il fenomeno ha tempo per svilupparsi e questo porta ad
una riduzione marcata della resistenza del materiale; vale anche il contrario.
RICORDA: AD ALTE TEMPERATURE, AVERE UNA FREQUENZA DI CARICO BASSA
PROVOCA UNA MINORE RESISTENZA DEL MATERIALE.
✓ EFFETTO DELLA CORROSIONE = come già noto, esistono due fenomeni di corrosione:
uno a caldo (dovuto alle alte temperature) e uno chimico (dovuto all’azione di agenti). Per
quanto concerne il primo caso, esso è analogo a quello appena affrontato; per quella causata
invece da agenti salini, lo stato corrosivo fa diminuire la resistenza a fatica del materiale. PER
OVVIARE A QUESTI PROBLEMI, SI RICORRE A TRATTAMENTI SUPERFICIALI
(Nichelatura, Zincatura, Cadmiatura e Cromatura).
✓ EFFETTO DELLE TENSIONI RESIDUE = queste rappresentano degli stati di
sollecitazione permanenti che diventano tali a seguito di un trattamento superficiale al quale
è stato sottoposto il materiale stesso.
RICORDA: I TRATTAMENTI MECCANICI CHE INDUCONO UNO STATO DI TENSIONE
RESIDUA DI COMPRESSIONE HANNO UN EFFETTO BENEFICO POICHE’ TRASLA LA
TENSIONE SINUSOIDALE VERSO IL BASSO, PROVOCANDO UNA RIDUZIONE
DELL’AVANZAMENTO DELLA CRICCA (è necessario ricordare che le cricche avanzano a
seguito di sollecitazioni trazione, non compressione. La loro non è una propagazione continua
ma appunto graduale).
A. PALLINATURA = è un trattamento meccanico molto usato per migliorare la resistenza a
fatica di un componente meccanico, che consiste nel BOMBARDARE IL COMPONENTE
CON DELLE SFERE (tipicamente in acciaio ma possono essere anche in ghisa o vetro)
SULLA SUPERFICIE DA TRATTARE, AD UNA PRESSIONE TIPICA DI 5-6 bar. Essa dà
luogo a una piccola deformazione plastica che ORIGINA UNA TENSIONE DI
COMPRESSIONE: la sfera che viene sparata contro la superficie, infatti, deforma radialmente
l’oggetto. LA DEFORMAZIONE RADIALE PRODUCE UNO STATO DI TENSIONE
TRIASSIALE DI COMPRESSIONE che porta un MIGLIORAMENTO A FATICA DEL
COMPONENTE PER OGNI STATO DI TENSIONE (perché limita la propagazione della
cricca);
B. RULLATURA = viene usata soprattutto per produrre le viti che tramite i solchi deformano
plasticamente il cilindro liscio, così da creare la filettatura. Se le tensioni residue sono di
trazione, ho un peggioramento della resistenza a fatica;
C. SALDATURA = è pessima per la resistenza a fatica di un materiale poiché induce delle
sollecitazioni termiche sul materiale (nonché di trazione). Induce su di esso anche una
IRREGOLARITA’ SULLA SUPERFICIE, PER LA QUALE DEVO PREVEDERE UN
COEFFICIENTE D’INTAGLIO;
D. CROMATURA = non viene più eseguita perché la soluzione utilizzata è tossica per l’uomo.
✓ EFFETTO DELL’INTAGLIO = concettualmente è identico a quello visto nella
progettazione statica. SI RICORDA CHE IN PRESENZA DI UN INTAGLIO, LA
TENSIONE RISULTA ESSERE MAGGIORATA DI UN TERMINE Kt. NELLA
PROGETTAZIONE PER CARICHI AFFATICANTI, NON PUO’ ESSERE TRALASCIATO
TALE COEFFICIENTE e viene determinato effettuando un confronto tra un provino liscio e
uno intagliato.
PERCHE’ SI HA UNA DIMINUZIONE DELLA RESISTENZA A FATICA? Dato che la
tensione viene maggiorata da questo termine, essa facilita la formazione di plasticizzazione
localizzata, la quale genera la cricca.
COME SI DETERMINA QUESTO COEFFICIENTE? Si eseguono delle prove di fatica su
entrambi i provini, quello liscio e quello intagliato. Successivamente si tracciano i due diagrammi
di Wohler e si esegue un confronto tra le resistenze a fatica dei singoli provini. Chiaramente, le
prove devono essere sempre ripetute per un certo numero di provini, in quanto una sola coppia
non basta a ottenere la curva di Wohler.
QUALI SONO I SUOI VALORI? Questo coefficiente sarà sempre maggiore di 1 ma inferiore
rispetto a quello teorico ottenuto nel caso della progettazione statica. RICORDA CHE È SEMPRE
IN FUNZIONE DEL NUMERO DI CICLI, di conseguenza lo calcoli rispetto al limite a fatica
così da avere il suo valore massimo ed essere più cautelativo.
COME LO SI CALCOLA QUANDO NON SI POSSONO ESEGUIRE QUESTE PROVE?
Utilizzando il grafico soprastante: questa formula è importante poiché il coefficiente è graficato per
OGNI FORMA D’INTAGLIO E OGNI TIPO DI CARICO. Se riesco a definire “q”, allora posso
trovare il coefficiente d’intaglio senza fare alcuna prova, appunto.
RICORDA CHE QUESTI DIAGRAMMI SONO QUALITATIVI, QUINDI SE POSSIBILE USA I
DATI SPERIMENTALI.
OSSERVAZIONE: Noto che, per grandi raggi di raccordo “r”, il fattore di sensibilità all’intaglio
assume valori prossimi all’unità, mentre per valori piccoli di “r”, il suo valore diminuisce. In un altro
grafico, avevamo visto che al diminuire di “r”, il Ks diventasse piccolo. ABBIAMO UNA
AMBIGUITA’.
CONVIENE AVERE RACCORDI GRANDI O PICCOLI? In generale, la procedura prevede di
MINIMIZZARE LA TENSIONE MASSIMA, facendo dei raccordi quanto più ampi possibili,
trovando comunque un giusto compromesso con la fattibilità meccanica nell’accoppiamento dei
componenti. PREVALE QUINDI IL COMPORTAMENTO DEL Kt.
OSSERVAZIONE: LA PLASTICIZZAZIONE TENDE A RIDISTRUBUIRE LA TENSIONE,
RIDUCENDO IL PICCO DELLA TENSIONE STESSA.
Per completezza, viene riportato anche il grafico del fattore d ’intaglio teorico:
CONCLUSIONI: Riducendo il raggio di raccordo “r”, il “Ks” aumenta perché la combinazione
dell’andamento del “Kt” e di “q” fa si che esso abbia questo trend.
Alla fine, otteniamo il valore della tensione ammissibile a fatica come una sommatoria dei singoli
effetti che sono stati studiati finora. La formula è la seguente:
IMPORTANTE: È come se avessimo ricondotto una prova a fatica in una di progettazione
statica, ottenendo un singolo valore di tensione: il primo valore a numeratore rappresenta il limite
a fatica del provino lucidato (ovvero il valore della tensione in cui la curva di Wohler diventa
orizzontale). SE LA TENSIONE NOMINALE ALLA QUALE È SOTTOPOSTO IL PROVINO È
MINORE RISPETTO A QUELLA AMMISSIBILE, ALLORA IL PEZZO MECCANICO HA VITA
INFINITA.
OSSERVAZIONE: La TENSIONE AMMISSIBILE A FATICA, per come è stata definita, NON È LA
STESSA PER TUTTE LE SEZIONI, poiché la finitura superficiale potrebbe differire da una sezione
all’altra, così come il diametro. LA TENSIONE AMMISSIBILE A FATICA VARIA QUINDI DA
SEZIONE A SEZIONE: devo quindi individuare le sezioni più critiche e verificarle tutte.
COME DEVO ESEGUIRE UNA VERIFICA A FATICA PER VITA FINITA? Sapendo che il
materiale dovrà rompersi dopo un certo numero di cicli, vado sul diagramma di Wohler (o lo
costruisco), prendo il valore della tensione relativa al numero di cicli di vita previsti per quel
componente, lo sostituisco all’interno della formula, calcolo i vari coefficienti correttivi ed eseguo il
confronto.
5) EFFETTO DELLE TENSIONE MEDIA
Nella realtà, la sollecitazione che agisce sul corpo è molto probabile abbia un VALORE MEDIO NON
NULLO. Questo tipo di comportamento viene studiato mediante un diagramma:
➔ Sulle ascisse è riportata la tensione
media e sulle ordinate la tensione alternata.
Facendo prove di fatica variando la
tensione media e poi applicando la
sinusoide e vedendo quando si ha rottura, si
ottiene il grafico sperimentale.
OSSERVAZIONE: LE CROCI SONO I PUNTI RAPPRESENTATIVI DELLE ROTTURE PER
NUMERI DI CICLI SPECIFICI.
Queste ROTTURE SI DISPONGONO LUNGO UNA RETTA che unisce il valore della tensione che
porta a rottura per “N” cicli quando siamo in presenza solo di tensione alternata e la tensione a rottura
statica del materiale. QUESTE CROCI SI DISPONGONO LUNGO UNA RETTA QUANDO LA
TENSONE MEDIA È POSITIVA (DI TRAZIONE).
OSSERVAZIONE: Quando la tensione media è negativa (ovvero, DI COMPRESSIONE) vediamo
che non si ha un vero e proprio miglioramento di queste caratteristiche (infatti, la dispersione dei dati
aumenta sensibilmente).
Questo studio viene eseguito nel momento in cui un componente meccanico è soggetto ad una
sollecitazione di tipo sinusoidale con valore medio non nullo. I grafici che ci permettono di valutare
la resistenza a fatica di un componente che è soggetto contemporaneamente a una componente statica
e una alternata sono quelli di: Goodman (Smith) e Haigh.
DIAGRAMMA DI GOODMAN-SMITH = sull’asse delle ascisse sono presenti le tensioni medie e
su quello delle ordinate le tensioni alternate. Per tracciarlo è necessario conoscere la RESISTENZA
STATICA A ROTTURA e A SNERVAMENTO e il LIMITE A FATICA ALTERNATA (per un carico
puramente alternato di tipo sinusoidale, con tensione media nulla).
COME SI COSTRUISCE QUESTO GRAFICO? Si riportano sul grafico i seguenti valori: tensione
di rottura e di snervamento del materiale e del limite a fatica. Si traccia la bisettrice del I e III
quadrante. Dall’asse delle ascisse, tracciamo la verticale corrispondente alla tensione di rottura fino a
quando si interseca la bisettrice (essendo questa inclinata a 45°, posso determinare la posizione della
tensione di rottura anche sull’asse delle ordinate). In corrispondenza di questo punto, CHE IO
APPLICHI UNA TENSIONE MEDIA O UNA ALTERNATA, OTTENGO LA ROTTURA DEL
COMPONENTE. Riporto sugli assi i valori corrispondenti alla tensione limite a fatica (PER
TENSIONE MEDIA NULLA) e li unisco con il punto appena determinato.
COSA CI DICE QUESTO GRAFICO? Tutte le combinazioni di tensioni media e alternata che
RICADONO ALL’INTERNO DEL POLIGONO, NON PROVOCANO LA ROTTURA DEL
COMPONENTE MECCANICO PER F
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