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STORYBOARDING E PREVISUALIZATION
Sono 2 fasi molto importanti che riguardano la fase della pre-produzione. Queste 2 funzioni
storicamente si sono differenziate solo a partire dagli anni 80 quando per previsualizzazione
si è incominciato a intendere la possibilità di realizzare dei filmati di previsualizzazione e non
degli story boarding a fumetti.
Lo story board inizia con Walt Disney: una serie di vignette disegnate che rappresentano il
continuo di un film di animazione nelle sue varie parti. Il significato della parola story board
indica è uguale come nel passato anche oggi: tavola della storia, che è il modo in cui si usa
lo strumento. Si realizzano delle vignette che descrivono i vari momenti del film e vengono
collocati su un grosso tabellone, affinchè questa sequenza di immagini possa essere vista
da tutti gli operatori. Per poter essere usato come strumento di operazione si deve
accompagnare una serie di annotazioni scritte che spiegano delle cose relative a quella
determinata inquadratura. Alcune notazioni si riferiscono ai movimenti dei personaggi e altre
notazioni hanno a che fare con i movimenti che si possono fare. Non è uno strumento bello
da vedere ma utile. La realizzazione di uno storyboard con la qualità grafica illustrativa molto
accentuata è un aspetto spesso apprezzato e bisogna considerare che questa qualità
grafica ha influenzato e influenza anche il lavoro del regista, che ne trae spunto. La posa
che viene scelta per i singoli personaggi all’interno dell’inquadratura è fonte di stimolo per
l’attore. La storia dello story board ha una pietra miliare nel lavoro di Walt Disney: nelle
vignette di steamboat willie del 1928 vediamo la corrispondenza netta tra quello che era
stata l’intenzione grafica e quella che fu la realizzazione. Lo story board in questa fase
corrisponde solo a una necessità legata da una parte a dare suggerimenti di tipo linguistico
(qual è la composizione dell’immagine nell’inquadratura) dall’altra indicazioni di tipo di
montaggio. Dal punto di vista tecnico lo story board ha una utilità tecnica di ripresa, limitata:
uno story board come in steamboat willie rappresenta al massimo 2 o 3 livelli di
sovrapposizione.
Facendo un parallelo tra questo story board e quello attuale, capiamo che l’utilità dello story
board aveva a che fare con la realizzazione del cartone animato per esempio con la
multiplane camera (usata in Biancaneve): la macchina consentiva la sovrapposizione di più
livelli di disegno collocati a distanze differenti dall’ottica della cinepresa che le riprendeva e
che consentiva movimenti autonomi dei vari piani e dei vari fondali scenici. Lo story board
allora come oggi serviva a monitorare tutta una serie di fasi importanti:
-da una parte individuava un flusso di lavoro e consentiva ai vari capi come procedere nella
lavorazione.
-conteneva costi produttivi, si sapeva quali disegni si dovevano realizzare e quali non erano
necessari.
-verifica della continuità e della struttura delle singole immagini.
-strumento di confronto tra le varie figure che concorrono alla realizzazione dell’opera.
Successivamente ci si rese conto che uno story board che consentisse anche
un’animazione delle singole inquadrature al suo interno sarebbe stato uno strumento molto
valido per aggiungere il ritmo, i commenti sonori, i rumori. Uno story board così è chiamato
to be animatics: qualcosa che si colloca tra lo story board classico e le tecniche moderne.
Permette di animare i singoli disegni e si completa con rumori, suoni e dialoghi. E’ uno
storyboard più efficace di quello classico e molto utile anche in fase di pre produzione (nel
momento in cui si devono trovare finanziamenti per il film); ma rimane pur sempre uno
strumento con efficacia limitata.
Presto lo story board diventa validissimo anche per la realizzazione di film con attori veri e
propri. I registi che ne hanno fatto utilizzo sono tantissimi: Orson Welles con Citizen Kane.
Lui aveva fortemente bisogno di uno strumento di monitoraggio per le sue inquadrature (per
il panfocus). Altri sono anche Alfred Hitchcock ne ‘’gli uccelli’’ o ‘’psycho’’. Un altro è Martin
Scorsese in ‘’taxi driver’’.
Jurassic Park è un altro esempio che si avvale di tantissimi story board, sia in fase pre
produttiva che in fase produttiva.
Ci sono anche tanti registi che detestano lo story boarding poichè estremamente suggestivo
può limitare tanto il regista.
Lo story board diventa anche uno strumento di esclusione; se io decido che determinati
elementi devono essere all’interno del frame io sto decidendo anche tutto ciò che non è
compreso. Consente in caso di realizzazioni on location di poter verificare il punto migliore di
inquadratura, per non scoprire che in determinati casi lo spazio non sia corretto da utilizzare.
Ki strumento suggerisce una serie di elementi e ne scarta altri, ovvero tutti quanti i
movimenti di macchina (velocità, fluidità…)
Questo introduce la fase attuale: il cinema oggi non è più legato solo alle lavorazioni che si
possono effettuare sul set, ma è un cinema che si fa in post produzione. A ciò si aggiungono
le tecniche raffinatissime di ripresa che si uniformano alle infinite possibilità di movimento di
macchina che posso ottenere nel momento in cui l’oggetto che si va a sovrapporre all'attore
reale è un oggetto 3d modellato al computer. Di fronte a questi nuovi elementi lo story board
non è più adatto ma deve aggiungere qualcosa di nuovo. In un contributo di ride of the
planet of the apes (2001) il montato è molto efficace, poichè viene messo in parallelo il girato
effettivo e la previsualizzazione realizzata in fase pre produttiva. Lo strumento non è più lo
story board; non siamo più di fronte a un prodotto grafico ma di fronte a una sorta di
metafilm che può diventare esso stesso prodotto finale. E’ uno strumento che consente di
capire come potranno essere accoppiate le immagini di reale e di virtuale; estremamente
efficace che consente di individuare il ritmo, di muoversi liberamente. Tuttavia ha dei limiti,
anche se questo strumento è diventato standard per tutte le creazioni digitali. Anche la
previsualizzazione non si limita solo a intervenire in fase pre produttiva, ma va in tutte le fasi,
anche in quella finale. Cambierà nome e si differenzia a seconda di qual è lo scopo:
-se interviene in fase iniziale: pitch vis.
-se interviene in fase intermedia: divise.
-se interviene in fase finale: on set previse.
PREVISUALIZATION TECHNIQUES: PITCH-VIS E POST-VIS
Nel film Prometheus vengono messi in relazione il reale con il digitale. Si tratta di una pre
visualizzazione poichè tutti gli elementi in esso contenuti sono tutti digitali (scenografia,
oggetti, personaggi). La prima cosa che salta all’occhio è la perfetta congruenza tra il
risultato ottenuto in fase di pre visualizzazione e il risultato ottenuto nella fase del composto
finale. La perfetta congruenza non è un caso: il motivo sta nel fatto che a differenza dello
story board, questa congruenza sta nel fatto che il film è il frutto della sovrapposizione di
girati dal vero (attori in green screen) e tutta una serie di elementi 3d modellati che
completano e formano l’immagine. Se il risultato è dato da questa sovrapposizione che deve
essere perfetta, è chiaro che non è possibile avere grandissimi margini di manovra su quello
che riprendiamo dal vero. Tutto è codificato e controllato, anche perchè il risultato definitivo
dipende da un numero grande di lavoratori, ciascuno dei quali lavorano a una singola parte
che non necessariamente devono sempre confrontarsi. Lo strumento consente quindi di
svolgere autonomamente il lavoro di ognuno; è uno strumento molto frequente. Tuttavia a
differenza dello story board la pre visualizzazione interviene anche nelle fasi successive,
nello shooting (momento in cui riprendo oggetti e personaggi dal vero).
Gli attori devono fare un movimento che sia congruente con l’analogo movimento di
macchina, perchè il punto di vista della macchina non deve dare una prospettiva troppo
diversa.
La possibilità di realizzare un prodotto in fase pre produttiva e sul set consente tutti i
cambiamenti inevitabili in fase di ripresa che possono essere dettati da 1000 motivi: cambi di
volontà del regista, imprevisti, problemi relativi agli spazi. Tutto ciò può essere notato e
verificato in pre visualizzazione, che consente di verificare se il risultato va bene oppure no.
La realizzazione di un previs sul set non è l'unico modo di utilizzare lo strumento, perchè la
finalità può andare anche al di la: potrebbe diventare uno strumento di accoppiamento in
diretta di elementi del vero e elementi digitali nel momento in cui effettuo la ripresa. Siamo
sempre on set, ma in questo caso possiamo avere uno sfondo reale con una
sovrapposizione di un oggetto di 3d. L’accoppiamento avviene quindi direttamente ed è
possibile verificare se vi è qualcosa che non va.
L’ultima fase è quella del post-vis, dove si interviene quando la realizzazione è gia ultimata.
Tra la conclusione delle fasi di riprese e il momento del montaggio c’è un arco di tempo
intermedio, dove si utilizzano tecniche di affinamento. La post vis interviene possibilmente
accoppiando in real time sia le parti 3d sia le immagini statiche e animate che sono state
realizzate. Così è possibile fare un altro passo in avanti di precisione, che permette ai
supervisori delle diverse fasi affinare e verificare quale problematiche, difficoltà ci siano e
quali tecniche si devono usare. Diventa una fase importante per consentire di procedere
parallelamente con il lavoro di montaggio definitivo dell’opera. Il post vis viene usato sia
come strumento di confronto ma anche come strumento di verifica di gradimento, come
testa con un audience selezionato. Nel caso di una produzione con tanti elementi digitali
questo test potrebbe intervenire in maniera tardiva, specialmente per evitare dei costi che ne
derivano.
Tutti questi strumenti sono diventati uno standard, non è possibile pensare a un cinema che
non utilizza questi passaggi. Questo tipo di strumento ha delle fortissime influenze sul
linguaggio cinematografico: intervenendo in maniere così invasiva tutto questo insieme di
immagini di movimento influisce sul risultato definitivo.
Ci sono anche dei vantaggi sulle trasformazioni linguistiche, grazie a diversi aspetti. Le
tecniche di pre visual insieme al sgi hanno consentito realizzazione di scene con una loro
sostanziale unità di azione, in cui non si riesce a individuare i momenti di stacco e attacco