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Problemi con la visualizzazione delle bande su gel di agarosio

Un problema pratico con il quale il ricercatore può interfacciarsi, subito dopo il saggio in elettroforesi consuccessiva rilevazione di fluorescenza, è la mancata presenza di bande distinte su gel di agarosio. Solitamente, trattando una molecola di DNA che a monte è già relativamente corta con delle endonucleasi direstrizione di tipo II, quel che ne deriva è un insieme ristretto di frammenti che più o meno ordinatamente si organizzano in bande distinte su gel di agarosio a seguito di elettroforesi.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il ricercatore lavora con molecole di DNA molto più grandi. Si ricorda che un genoma apolide contiene circa 3.2 mld bp., per cui un campione enormemente grande darà origine ad un'immensità di frammenti nucleotidici a causa dei quali la fluorescenza non si organizza in bande alterne, ma in un'unica continua.

Per saggiare il campione in maniera efficace, è possibile utilizzare...

Il Southern Blotting prevede l'utilizzo di sonde marcate radioattivamente, che sono semplici molecole a singolo filamento di DNA o RNA. Per permettere l'associazione della sonda al suo target, è necessario che il DNA su gel di agarosio sia denaturato. Questo viene fatto utilizzando una tecnica chiamata Southern blotting.

Il Southern Blotting prevede che il DNA su gel, una volta denaturato in soluzione alcalina (contenuta nella vasca di plastica), venga fissato permanentemente su una membrana di nylon o di nitrocellulosa posta immediatamente sopra il gel di agarosio. Le molecole di DNA denaturate si fisseranno sulla membrana.

La membrana ottenuta, con le relative molecole denaturate di DNA, viene poi inserita in una soluzione di ibridazione in provetta, contenente la sonda marcata radioattivamente. Basta un semplice movimento rotatorio delicato e il gioco è fatto. La radioattività può essere rilevata sottoponendo il supporto ad autoradiografia.

Subito dopo il Southern blotting, avviene...

L'estrazione della molecola di DNA di interesse, che però deve essere prima purificata dal gel di agarosio.

STEP 4 - Clonaggio genico dalla sequenza isolata con selezione del vettore di clonaggio

Dopo aver isolato la sequenza genica di interesse, solitamente, nell'ambito delle tecnologie del DNA ricombinante, il gene denaturato deve essere clonato. Per farlo, è necessario che sia inserito in un organismo che possa eseguire questa attività; ne è un esempio un comune batterio. Il DNA a singolo filamento non può essere inoculato singolarmente nell'ambiente citoplasmatico, perché il batterio lo degraderebbe, ma deve essere introdotto tramite un vettore che prende il nome di vettore di clonaggio.

Un vettore di clonaggio è una molecola di DNA stabile a doppio filamento, nella quale deve poter essere inserito il gene di interesse, cioè il DNA esogeno.

Un vettore di clonaggio, per essere considerato tale, deve avere tre

caratteristiche imprescindibili:
  1. Deve avere un sito di restrizione: un plasmide, ad esempio, deve possedere una zona di clonaggio multiplo (ZONA POLI-LINKER) nella quale sia presente almeno un sito di restrizione, cioè una sequenza di DNA a livello della quale possa intervenire un HIND III o un PVULL o altri enzimi. Attenzione!!!: una zona poli-linker può contenere più di un sito di restrizione.
  2. Deve possedere un'origine di replicazione: il plasmide deve avere una sequenza di DNA nota come sequenza ORI, a partire dalla quale, indipendentemente dal cromosoma batterico principale, il vettore possa essere interamente replicato.
  3. Deve contenere un marcatore selezionabile: il ricercatore deve poter monitorare la replicazione del vettore di clonaggio e la quantità di batteri che lo esprimono. Solitamente vengono selezionati i plasmidi nei quali il gene che assume il ruolo di marcatore selezionabile è una sequenza che, una volta espressa, consente al
batterio di vivere anche in un ambiente nel quale è presente un antibiotico come l'ampicillina o tetraciclina.

STEP 5 - Inserimento del gene isolato nel vettore di clonaggio genico
Una volta individuato il vettore di clonaggio genico, è opportuno che la sequenza genica di interesse (adoppio filamento) e la zona di restrizione del plasmide siano tagliate dallo stesso enzima di restrizione.
Questo è fondamentale perché l'enzima, effettuando un taglio sfalsato, creerà, a livello di entrambe le molecole, delle estremità adesive complementari. La complementarietà consente l'associazione del DNA esogeno con il vettore di clonaggio. Una volta mescolati insieme DNA e plasmide, il campione viene trattato con delle DNA-ligasi, in grado di saldare il legame (processo di ligazione). Le modalità di incorporazione del vettore di clonaggio sono principalmente due:
- Trasformazione batterica: un fenomeno per il quale il batterioincorporano del materiale genetico presente nel mezzo di coltura. In una circostanza simile non c'è bisogno di intervenire con sostanze chimiche. - Trasformazione chimicamente e fisicamente indotta: permeabilizzazione temporanea della membrana del procariote tramite shock termico e cloruro di calcio (CaCl2). STEP 6 - Individuazione delle cellule che esprimono il plasmide ricombinante, cioè il vettore di clonaggio Un ottimo vettore di clonaggio è bene che contenga un marcatore selezionabile, cioè una sequenza nucleotidica che in qualche maniera il ricercatore sia in grado di monitorare, direttamente o indirettamente. 1. Un caso esemplare è quello nel quale il marcatore selezionabile è un gene che, se è espresso dal batterio, gli consente di sopravvivere in un ambiente relativamente ostile, perché contenente antibiotici come l'ampicillina o la tetraciclina. Ne deriva che tutti i procarioti che non esprimono il plasmide ricombinante,

Cioè il vettore di clonaggio, andranno incontro ad una progressiva degradazione.

Un'altra tecnica impiegata è quella dello screening bianco-blu: normalmente vengono selezionati dei plasmidi che possiedono non solo il gene amp, che, se espresso, conferisce resistenza all'ampicillina, ma anche il gene lacZ, una sequenza contenuta nell'operone lac che consente, al procariote contente il plasmide normale, di sintetizzare della beta-galattosidasi. La beta-galattosidasi consente al batterio di scindere una macromolecola, l'X-Gal, in due monomeri costitutivi, il galattosio e il 5-bromo-4-cloro-3-idrossindolo. Il secondo composto, una volta ossidato, fa sì che il batterio, complessivamente, assuma una colorazione bluastra. Il clonaggio genico prevede che il plasmide normale sia tagliato in prossimità di un sito di restrizione che coincide con la porzione iniziale del gene che codifica per la beta-galattosidasi. L'inserzione del DNA

esogeno implica la disattivazione del gene codificante l'enzima utile alla scissione dell'X-Gal. Questo implica che, a differenza della prima colonia batterica, tutti gli altri procarioti trasformati con il plasmide ricombinante assumeranno un colore biancastro. Al contrario, tutti i batteri che non avranno prelevato né il plasmide normale, né quello ricombinante, non potranno sopravvivere nel mezzo consentente ampicillina.

(Eventuale) STEP 7 - Indurre l'espressione del gene per prelievo del prodotto genico

In alcune circostanze non è solamente necessario clonare il gene, ma anche prelevare quello che è il prodotto proteico o enzimatico derivato dalla sua espressione. Per fare sì che ciò avvenga, sono impiegati dei vettori di espressione, cioè dei vettori di clonaggio che, oltre alla sequenza poli-linker, alla sequenza ORI e al marcatore selezionabile, possiedono dei siti di avvio e terminazione della replicazione fra i quali

deve essereinserito il DNA esogeno.
  1. NUOVO STEP 4 - Amplificazione di sequenze di DNA tramite PCR

La tecnica di clonaggio genico tramite vettore di clonaggio e cellula batterica risulta estremamente utili per l'amplificazione di lunghe sequenze di DNA, o quantomeno specifiche regioni dello stesso. Il clonaggio tramite batteri richiedi giorni per essere concluso, oltre che particolare impegno. Negli ultimi anni, nell'ambito degli studi genetici, si è sempre più diffusa una tecnica innovativa che prende il nome di reazione a catena della polimerasi, meglio nota con l'acronimo PCR. La PCR, a differenza del clonaggio in procarioti, consente una replicazione esponenziale di piccole molecole di DNA, persino a partire a partire da un unico campione, in un intervallo di tempo estremamente ridotto, che infatti comprende solamente delle ore e non dei giorni. Per l'esecuzione della reazione a catena della polimerasi sono necessari una serie di importanti substrati senza

i quali la replicazione esponenziale non può essere eseguita:

  • Molecola di DNA da dover replicare: il quantitativo polinucleotidico che funge da stampo può essere decisamente eseguito, anche una sola molecola di DNA.
  • Due promotori della replicazione: si fa riferimento a due oligonucleotidi, due primer, che in corrispondenza della loro estremità 3' (che coincide con la funzione -OH del desossiribosio) consentano l'annessione di nuovi nucleotidi.
  • DNA-polimerasi termosensibile: l'enzima che catalizza la reazione di polimerizzazione non deve necessariamente appartenere all'organismo dal quale proviene la molecola di DNA stampo.
  • Precursori dei nucleotidi (dNTP): sono necessari dei dNTP, cioè dei desossiribonucleosiditrifosfato, che caratterizzano il substrato dell'enzima DNA-polimerasi.
  • Ioni magnesio e sali minerali: regolano l'attività della DNA-polimerasi.

Normalmente un ciclo di reazione a catena della polimerasi

Comprende tre fasi cruciali, e per ogni ciclo di PCR la quantità di DNA raddoppia.

  1. Riscaldamento 90-100°C: il campione contenente la molecola di DNA stampo viene portato ad una temperatura così elevata per favorire la denaturazione del DNA, scindendo i legami a idrogeno.

  2. Raffreddamento nell'intervallo 30-65°C: una volta denaturata la molecola di DNA, l'abbassamento della temperatura è necessario per favorire l'aggancio degli oligonucleotidi di innesco della replicazione, cioè dei primer.

  3. Riscaldamento a 72°C: il nuovo riscaldamento è utile all'attivazione della DNA-polimerasi termosensibile, affinché possa eseguire la polimerizzazione di ambedue i filamenti stampo. La DNA-polimerasi è presente sin dalla prima fase!

Anni fa la PCR rappresentava una procedura più rudimentale rispetto a tempi attuali, per due ragioni:

  • Utilizzo di una DNA-polimerasi di E. Coli: E. Coli non è un batterio estremofilo.
La sua polimerasi viene denaturata alla temperatura di °C. Anni fa era necessario, in itinere, aggiungere costantemente campioni di enzima fresco per non arrestare la replicazione, quindi questo rendeva la reazione a catena.
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
7 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/11 Biologia molecolare

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dario23122003 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia e genetica molecolare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Carnevale Roberto.