vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Erasmo da Rotterdam, conosciuto soprattutto per l'elogio alla follia, dice:
Responsio ad Petri Cursi defensionem
«Là [a Roma] ho conosciuto...»
È n cessario un discernimento tra la parola detta e la scrittura, d'altro canto la conoscenza
dell'arte dell'eloquenza che non va mai distinta dalla retorica; si hanno dei segnali che
avvertono rispetto alle competenze ed alla sapienza che un attore doveva avere, che lo
portava anche all'improvvisazione di parola, qualcosa che nasce in virtù di una conoscenza
dell'arte, di una tecnica.
È un teatro al maschile che, come già detto, è il cosiddetto teatro accademico poiché è
interamente restituito da figure maschili: anche i ruoli femminili sono affidati a maschi, fino ai
16/17 anni, dopodiché si emancipavano dai ruoli femminili per rivestire quelli maschili: si
trattava sempre di un problema inerente alla voce.
Altra cosa importante è il testo di Seneca, che viene recitato; si parte dal concetto che il
testo senechiano si discuta ancora, ma in questa fonte è rappresentato.
Si passa, poi, alla figura di Giraldi Cinzio, colui che restituisce i parametri aristotelici e
diventa, quindi, importante; viene fuori un trattato rilevantissimo, ed in effetti il '500 e il '600
sono all'insegna della riscrittura di trattati.
Era lo spettacolo il luogo dove gli scrittori di scena si industriavano a sperimentare nuove
tecniche di scrittura; è importante leggere le lettere di Pietro Metastasio, attraverso le quali
viene fuori il giusto modo di fare teatro. Veniva appellato come uomo universale, spesso
annunciato come accademico, modello da perseguire; è costretto poi a scrivere un trattato
intorno al testo di Aristotele, ma all'interno di quest'ultimo si intuisce che sia difficile scrivere
di teatro, e necessario scrivere invece PER il teatro, mettendo quindi in atto i processi di
scrittura. Si intuisce, quindi, quali siano le novità e il messaggio che debba trasparire da tutto
ciò.
Giovan Battista Giraldi Cinzio, Discorso intorno al comporre delle commedie e delle tragedie
«Non si vide mai...»
Le modalità d'apprendimento erano propinate in bottega; stando in scena, attraverso i
modelli, cosiddetti capocomici che diventavano insegnanti, era possibile apprendere l'arte
del teatro. Ciò è ancora vissuto in una genealogia di attori, come Eduardo, il quale si può
immaginare maggiormente provenisse da una tradizione teatrale, ha imparato a fare teatro
sul teatro. Ancora oggi vi è un'ultima figura proveniente dalla scuola di Scarpetta, ultimo
della sua generazione, che ha imparato dal padre, ossia Mario Scarpetta, il quale andava a
teatro ed osservava lo spettacolo.
Ad oggi, Lara Sansone, nipote di Luisa Conte, proviene da una simile tradizione di certe
famiglie di teatro, è una delle poche testimonianze; attori cone Isa Daniele e simili raccontano
che anche loro avevano parenti di teatro attraverso i quali imparavano a stare in scena. Ci
sono sempre due strade possibili, la prima accademia di recitazione che si incontra si trova in
Francia, legata all'Academie Française; la musica, invece, è italiana, nata nei conservatori a
Napoli, ma anche in questo caso vi è l'idea del tramandare l'arte attraverso la famiglia, o
l'affidarsi ad una compagnia per apprendere i mestieri.
Erano appellati come maestri, mastro, poiché visti come artigiani.
«Ho negli occhi la maraviglia ch'io vidi in que' signori che li videro, e l'udirono [...] come
attoniti»
Il muovere agli affetti, l'emozionare lo spettatore era, a tutti gli effetti, una teoria; laddove
non vi fossero appigli possibili nelle vicende che non avessero la capacità di avere un appeal
sugli affetti umani, non si prendeva in considerazione la scrittura.
È fondamentale per noi, ad oggi, che spesso possediamo un'ideologia su quella che era la
recitazione e tutte le arti volte a mostrare il proprio corpo, come forme estremamente
asettiche; se c'è una cosa che contraddistingue l'arte tra '500-'600, ma anche nei secoli
successivi, è l'avere una sensualità, intesa come sollecitare tutti i sensi.
3.5
La drammaturgia
Giovan Battista Giraldi Cinzio
«Onde, perché di lui non vi dogliate...»
Il testo funge da prologo, generalmente nel quale si gettano una serie di informazioni che
vanno al di là della trama.
«E fuor del creder vostro...»
Ancora una volta sul problema di una collocazione che possa essere abbastanza vicina allo
spettatore; Machiavelli, ad esempio, è molto chiaro nella Mandragola rispetto al motivo per il
quale la ambienta a Firenze, affermando che qualora la commedia fosse ripresa altrove potrà
cambiare la collocazione geografica, rendendola adeguata alla piazza entro la quale ci si
trova.
Vi è un'assonanza con il luogo, molto malintenuta nel percorso della commedia dell'arte; vi è
la sensibilità di collocare il luogo dell'azione nello stesso luogo in cui viene messa in scena la
rappresentazione.
Nella tradizione viene portata al suo punto più alto, in particolare in quella partenopea, nella
quale la città entra in scena con una serie di allusioni sempre più forti, sia nelle commedie di
parola sia nelle commedie in musica; questa sensibilità è già presente in un teatro '500-'600,
come nel caso di Della Porta, che descrive la città permettendo di ricreare delle insule e
sapere cosa vi fosse collocato, poiché vi sono delle descrizioni minuziose che, rappresentate
in altro luogo, avrebbero trovato una rielaborazione topografica. Ciò rientra in un altro
aspetto della verisimiglianza della scena; pur partendo dalla percezione che il teatro non sia
verisimigliante ma debba avvicinarsi alla verisimiglianza, vi sono molto drammaturghi che
fanno questo tentativo.
C'è questo problema del rifiutare, a volte, certe esperienze perché non sono verisimiglianti.
«Ma, a che restate, oimé...»
Giovan Battista Guarini, Il Verrato, ovvero difesa di quanto ha scritto...
«Qual discordia o nimisità...»
Si entra nella sfera del genere forgiato nel corso del '500: la tragicommedia. A quelli che
erano i generi canonici di tragedia, commedia e pastorale, si aggiunge questo genere che
contamina tragedia e commedia, e vi è quindi una tragicommedia che ci dà una forte
connotazione.
«Così fa chi compone tragicommedia...»
Questo tipo di prodotto aveva avuto maggior riscontro nelle scritture europee, tra '500 e
'600; vale per il teatro elisabettiano ma anche per quello italiano, dove si ha questa
mescolanza di livelli. La linea di demarcazione tra i generi inizia a presentarsi in una fase di
tardo '600, dove si rende necessario, in virtù delle istanze portate avanti dal teatro francese,
la divisione netta tra commedia e tragedia. Se ne fa qui, invece, una apologia.
Alessandro Piccolomini, Annotationi nel libro della Poetica d'Aristotele
«Io sono stato sempre...»
Svela gli arcani della scena rispetto al problema che non possa essere solo diletto una
rappresentazione, ma è un coacervo di informazioni che debbono nutrire lo spettatore,
indurlo al pensiero, ad una dialettica che si deve consumare.
«...dopodiché c'è il diletto, con ciò sia cosa che, vedendo gli acerbi casi e gli infelici accidenti
che coloro, in alto stato e in somma potentia sono...»
Ci si trova dinnanzi ad un messaggio di catechesi profonda della scena, uno spettacolo che
deve essere di lenimento per i popoli; ci si trova di fronte ad una letteratura metastasiana, ciò
che si può verificare è il perché della scelta di certe tematiche, sviluppate in certi modi,
conoscendo la storia d'Europa e dell'impero austroungarico. È un testo che si prende carico
di amplificare gli splendori e lenire le sofferenze di un impero, è qualcosa di straordinario;
dietro a ciò che dovrebbe essere il diletto, è possibile avere una trasfigurazione di ciò che è il
mondo reale, ma soprattutto una catechesi e un lenimento per le corti, per quello che è il
messaggio che deve passare allo spettatore.
Molto spesso non si hanno a disposizione tutte le chiavi di lettura di dati prodotti, andrebbero
contestualizzati al massimo; esistono manipolazioni finalizzate alla politica e all'ideologia.
Lodovico Castelvetro, Poetica d'Aristotele vulgarizzata et sposta
«La compassione e lo spavento...»
È ovviamente molto specioso un tale scritto ma offre la misura rispetto al problema del
commuoversi rispetto ad un unico fatto, un'unica vicenda a fronte di tante messe insieme
rispetto alle quali si resta semplicemente smarriti; si gioca proprio su questo: le
disavventure, le quali avvengono spesso e a molti, non ci paiono tanto compassionevoli.
Bernardo Pino da Cagli, Intorno al componimento de la comedia
«È la comedia una sorte di componimento che...»
Questo passaggio, apparentemente innocuo, è un passaggio di grande critica fatto al
repertorio cinquecentesco; ci si trova di fronte a dei testi messi poi al bando, cercando di
evitare tematiche che possano suscitare pensieri non edificanti nello spettatore. Può indurre
persone a commettere gli stessi errori e nefandezze, per cui ancora una volta si cerca di dare
delle direttive morali ad una scrittura dello spettacolo, proprio per fascinazione che può
essere deleteria.
Anton Francesco Grazzini Il Lasca, La Strega
PROLOGO «[...] Non sai tu che le commedie...»
Altro obiettivo da sottovalutare è quello insito nel voler immaginare la commedia come uno
spettacolo innocuo, nonostante per determinate cose bisogna rivolgersi ad altri luoghi; la
lettura, necessaria in questo caso, non è di tutti. Resta, quindi, il recarsi alle prediche,
rappresentazioni o luoghi di rappresentazione.
Non a caso, in riferimento ad un trattato di teatro dell'arte rappresentativa, si dice sia
destinato ai cosiddetti predicatori, in relazione alla costruzione del parlato; si va, quindi, in
Chiesa e si assiste a tutti gli effetti ad una rappresentazione.
Angelo Ingegneri, Della poesia rappresentativa
«Chiara cosa è che, se le pastorali non fossero...»
La maggior parte di questi spettacoli venivano allestiti per feste straordinarie, per tale motivo
si ricorre alla pastorale con finale lieto, affinché gli spettatori non si ammorbassero; uno dei
temi che spesso viene adoperato, per un problema di verisimiglianza nel nascente
melodramma, sono tutti quei temi non solo pastorali, ma con un'idea ben precisa
dell'ambientazione, dell'età dell'oro in cui pastori e