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LE ORIGINI DEL TEATRO GRECO
A) “Poetica” di Aristotele (400) , primo caposaldo della memoria e della classicità.
Entrambe tragedia e commedia nascono dall’improvvisazione, guardata come
quella tecnica che nasce da regole ben precise. La tragedia deriva da quelli che
intonavano il ditirambo, una recitazione cantata, di tipo responsoriale, con una
forte presenza di strumenti musicali in onore del Dio Dionisio. Il Ditirambo
avveniva in un contesto del tutto sperimentale, in uno spazio virtuale, cioè tutti
quei luoghi che potenzialmente potevano diventare spazi di rappresentazione
teatrale. In questo caso si utilizzava una pedana trapezoidale che si montava e
smontava in luoghi sacri. Le baccanti ntiche sacerdotesse del dio greco
, a
Dioniso, erano figure invasate che seguivano codici e cerimoniali ben precisi.
Oltre al Ditirambo si ha anche il gregoriano, a volte intonato dal prete, dove il
testo ha una sua rilevanza infatti non viene offuscato dalla musica ma
amplificato. La commedia invece, deriva dalle processioni falliche che restano in
uso in molte città. Aristotele recensisce qualcosa avvenuto nel passato, quindi è
una fonte che parte dal narrato. La tragedia crebbe a poco a poco, così come
stesso lo spazio che determina la produzione teatrale crebbe gradualmente, e
dopo aver affrontato molti mutamenti si stabilizzò. Il poeta che più affascina è
Euripide ma rappresenta una forma di teatro decadente perché non in linea
con le regole del teatro di quel tempo. Eschilo porta l’attore da uno a due (gli
attori avevano più ruoli) riduce la parte del coro e aumenta l’uso della parola.
Sofocle introdusse il terzo attore e la decorazione della scena, infatti con
l’evoluzione della tragedia si ha l’esigenza di un luogo dove era possibile il
cambio dei costumi, quindi nascono piccoli edifici dietro l’orchestra, che col
tempo diventano un luogo canonico nella rappresentazione dello spettacolo fino
ad avere la Schemè con le tre aperture. La tragedia col tempo acquisì
drammaticità, partendo dalle trame brevi e un linguaggio scherzoso e passando
dal tetrametro al giambo.
2 B) Archiloco, “So intonare il bel canto di Dioniso re, il ditirambo, con la mente
folgorata dal vino”.
C) Erodoto, Storie,”Arione era un citraedo che, ai suoi tempi, non era secondo a
nessuno e fu il primo, a nostra conoscenza, a comporre ditirambi: coniò lui
questo nome e li fece eseguire a Corinto”.
Queste due fonti ci restituiscono un aspetto fondamentale sul ruolo che la divinità
assume all’interno dell’ arte performativa. la liturgia o il rito sono pratiche che
contraddistinguono questa cerimonia dionisiaca: “ la mente fulgorata dal vino” non è
altro che un caratterizzazione di Dionisio, figura dell’ebbrezza, della follia e di tutto ció
che è al di fuori dei parametri regolari. Tutto ciò che viene detto in queste
manifestazioni è dato da un cerimoniale, non a caso il vino viene bevuto anche in una
dimensione cristiana.
Questa fase primordiale del teatro e dell’attribuzione delle figure cardini, da inizio a
delle tradizioni, che spesso sono tramandate in un determino modo e con uno
specifico significato, nonostante, a volte, nascono con tutt’altra ideologia e valutate in
un modo diverso dalla società che le ha prodotte.
Ad esempio, Goldoni è conosciuto per aver attuato la riforma del teatro, per averlo
emancipato dalle maschere, per aver lavorato su una stratificazione linguistica, per
aver posto un aspetto realistico sulla scena, criticando la società del suo tempo, e per
aver veicolato tradizioni extraitaliane attraverso la scena. Se, però, si considera cosa
c’era prima di Goldoni, si scoprirebbe che lui ha portato ordine in un punto
determinante di un grande evento, diventando ,così, una figura che totalizza una serie
di cose che lo contraddistinguono ma che non gli danno la paternità di ciò che sono
Un altro esempio di figure importanti che hanno dato lustro alla scena, in particolare al
teatro napoletano, è Eduardo de Filippo e Raffaele Viviani: il primo è un intellettuale
politicamente schierato in un dato contesto, mettendo in scena una tradizione con la
quale si fa portavoce della borghesia; il secondo ,morto troppo presto, attua
un’operazione molto più ardita di Eduardo, è più poliedrico e complesso nella scrittura
teatrale, infatti “ i Dieci Comandamenti,” possiedono una struttura teatrale
performativa che si allinea al teatro contemporaneo di metà Novecento. Viviani é un
autore che viene considerato da grandi registi e grandi attori, per un teatro di
sperimentazione, come ad esempio Servillo Marconi. Eduardo, invece, si espose molto
nel sociale, ma bisogna tener conto di un sistema, dotato di una memoria che
amplifica certe figure e certi ruoli assunti e dimentica per strada altre figure che pure
avevano avuto un loro valore esponenziale. Si pensi all’ antagonista di Goldoni, ossia
Gozzi: da un lato Goldoni con un teatro di maniera, dall’ altro Gozzi con un teatro di
sperimentazione
D) GIOVANNI DIACONO, Commento a Ermogene: “ Il primo a mettere in scena un
dramma tragico fu Arione di Metimna, come sostiene Solone nel libro
intitolato Elegie. Carone di Lampsaco afferma invece che il primo dramma
tragico è stato messo in scena ad Atene dal poe [trad. mia]”.
Primati della scrittura della scena: Arione come prima figura che da forma a una
rappresentazione. Si parla di emancipazione di un testo che nasceva con una liturgia
drammatizzata e che si emancipa, poi, come materiale con valenza sacrale ( luogo e
pensiero). I materiali sopravvissuti sono limitati, ma queste figure hanno cavalcato i
tempi e sono diventati modelli con un’identità variegata: Ad esempio Antigone, figura
sempre moderna , con mille sfaccettature tali da essere manipolata, politicamente e
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ideologicamente, da tutti i drammaturghi che la prendono in custodia in contesti che
non le appartengono. Nel momento in cui si affronta questa tipologia di spettacolo è
importante che tali modelli, anche se soggetti a cambiamenti, siano comunque capaci
di dare la percezione dell’ eloquenza che avevano. Il mito di Medea, ad esempio, che
diventa norma per Bellini, viene stravolto adattandosi ad un’Italia e al suo
romanticismo affetto da un cattolicesimo trionfante, dove la redenzione di Medea è
rappresentata nel ravvedimento della non uccisione dei figli, bensì nel sacrificio di se
stessa.
E) ERODOTO, Storie, 1, 23: “I Sicioni rendevano dunque ad Adrasto vari altri
onori, e in particolare ne celebravano le sventure con cori tragici, venerando
non Dioniso, bensì Adrasto. Ma Clistene assegnò i cori a Dioniso e il resto
della cerimonia a Melanippo [trad. F. Bevilacqua)”.
Si mantiene in questa fonte l’idea degli onori, della sacralità.
F) Marmor Parium: Da quando per primo recitò il poeta Tespi, che rappresentò
un dramma nella città di Atene, e venne istituito il premio del capro per il
vincitore, sono passati duecentosettanta […] anni, mentre ad Atene era
arconte [..,eo il vecchio (trad. mia].
La figura di Tespi è importante per il suo “canto di Tespi”, un uomo itinerante, la cui
rappresentazione è legata a un momento e a un luogo che non ha lo statuto di teatro
ma che diventa teatro quando viene allestito: canto che diventa luogo di spettacolo.
Con il canto di Tespi inizia a nasce l’idea di tradizione, che si evolverà in un qualcosa
che è destinato a restare. Molti teatri sono andati persi ,anche in età moderna, perché
formati da materiali vulnerabili: solo “l’olimpico di Vicenza” é rimasto intatto
nonostante sia interamente in legno. Il primo teatro, invece, ad essere stato realizzato
in muratura, ma soprattutto con una consapevolezza di essere destinato ad avere una
sua valenza sul territorio è il San Carlo di Napoli. I primi teatri nascono da soluzioni
molto approssimative, solo dalla seconda metà del 400 in poi si sviluppano delle
stanze, bruciate da incendi prodotti da vari fattori. Nel momento in cui si inizia
,invece, ad avere la convinzione del ruolo che assume come cassa di risonanza per
una corte, il teatro diventa un appartamento necessario al palazzo reale, come il San
Carlo, utile per spettacoli promozionali e propagande di idee. Con Tespi ci troviamo di
fronte a un primo appiglio che poi si sarebbe lentamente perfezionato a diventare
quello che noi conosciamo: il teatro greco.
G) Suda: di Fliunte, figlio di Pirronide o di Encomio, autore di tragedie. Gareggiò
con Eschilo e Cherilo nella Lxx Olimpiade [499/496 a.C.], e fu il primo a
scrivere drammi satireschi. Durante una sua messa in scena avvenne che
crollassero i palchi su cui stavano gli spettatori, e a seguito di questo evento
gli Ateniesi costruirono un teatro. Rappresentò so drammi, di cui 32
satireschi. Riportò una sola vittoria [trad. mia].
Si nota che nel momento in cui si verifica un evento catastrofico si rende evidente la
necessità di una costruzione per rendere lo spazio teatrale più sicuro. È importante
considerare, anche, il ruolo che assume l’intera città nel promuovere queste
rappresentazioni: messa in scena di gare,legate all’offerta del sacrificio del capro,
affinché fosse possibile scrivere.
4 H) Orazioni, 26: E anche la nobile tragedia, è forse arrivata in teatro con tutto il
suo apparato, con il coro e con gli attori? Non vogliamo dar peso a quanto
dice Aristotele, che inizialmente il coro entrava e cantava in onore degli dèi,
poi Tespi introdusse il prologo e il parlato, Eschilo il terzo attore e i coturni,
mentre di ancor più cose siamo debitori a Sofocle e ad Euripide? (trad. mia]
Questa fonte mette in discussione ciò che si da per certo, reinterpretando tali
elementi in modi diversi. Sul problema del coro e sulla valenza della musica all’interno
della tragedia, gli studiosi si stanno ancora cimentando: il problema che di solito si
pone è se gli attori cantassero oppure recitassero. La soluzione, non è né l’una né
l’altra cosa, ma entrambe, cioè una recitazione intonata dalla maschera. Quest’ultima
era uno strumento utile a contraffare le voci per renderle idonee ai personaggi che
venivano invocati, anche perché i greci avevano un’acustica perfetta, anche se
presente solo su un lato, cosa che limitava il movimento. La società greca era una
società fortemente disciplinata dal punto di vista teatrale così come la tradizione
stessa.
I) ZENOBIO, Epitome delle raccolte di proverbi di Lucillio e Didimo: «Non
c'entra niente con Dioniso»: il proverbio s