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LA STORIA PERSONALE
Ai bambini piace sentire racconti su loro stessi perché non hanno ricordi sugli eventi legati ai primi mesi di
vita. “Mi racconti di quando sono nato?”. Per il bambino è bello sapere che è stato tanto desiderato,
pensato, cercato.
Impariamo ad ascoltare e poi a raccontare a noi stessi e agli altri gli eventi della nostra storia, cercando di
attribuirvi senso e di sottolineare i punti critici, le svolte, gli aspetti particolari. Della nostra storia
personale ci piacciono i racconti che riguardano le cose fuori dall’ordinario.
La conoscenza di sé stessi implica il ruolo della memoria e la capacità di trattare i propri comportamenti
e gli stati interiori come qualcosa di esterno, dicibile, raccontabile. Vuol dire aiutare i bambini a riflettere su
sé stessi, a costruire un senso dell’io solido.
La capacità di ricordare e raccontare si costruiscono pian piano nel bambino, con un adulto accanto che lo
aiuta a dare senso, a costruire un significato intorno agli eventi.
Il bambino attraverso la sua storia personale impara a costruire storie che gli forniscono un pensiero
autobiografico, impara a raccontare di sé stesso a sé e agli altri
LA STORIA FAMILIARE
Ci permette di dare continuità al nostro essere (capire cosa c’era prima di noi). Ai bambini interessa sapere
cosa facevano i genitori prima del loro arrivo. I bambini possono ampliare i confini della propria vita ad un
prima.
Imparano a vivere e raccontare eventi ai quali non hanno partecipato in prima persona, imparano a
parlare di situazioni passate (utilizzare verbi al passato). I bambini si sentono protagonisti della storia della
propria famiglia.
LE FIABE
In esse si ritrova una struttura semplice che si ripete (principe, principessa, lieto fine, elemento pauroso
nella storia) in modo simile. Tale struttura costituisce l’aspetto noto, normativo, mentre l’interesse viene
destato dagli eventi inattesi, dalle rotture di canonicità che richiedono di essere spiegate e stimolano
l’attivazione del pensiero narrativo, il ricorso all’immaginazione, la ricerca di spiegazioni.
Ritrovare gli stessi elementi fornisce sicurezza e stabilità dal punto di vista emotivo, ma dal punto di vista
cognitivo permette di comprendere meglio gli eventi e le intenzioni, e favorisce la memorizzazione.
Il mondo delle fiabe è un mondo fantastico il bambino inizia a ragionare sul possibile
Raccontare le storie
Questa capacità compare più tardi rispetto alla comprensione delle storie. Questo perché richiede delle
abilità cognitive e sociali più complesse. Quando si narra bisogna
Sapersi mettere dal punto di vista dell’ascoltatore non bisogna dare certe cose per scontato, perché
l’ascoltatore potrebbe non saperle.
Saper distinguere gli elementi indispensabili da quelli accessori omettere il soggetto, o parti della
storia che permettono di comprendere il senso. Ci sono cose che sono degne di essere raccontate e altre
no.
Avere chiare le intenzioni dei protagonisti, gli esiti delle azioni, le aspettative dell’ascoltatore
altrimenti il racconto non si capisce. Per esplicitare le intenzioni però devo averle capite anche io che sto
raccontando. Le aspettative dell’ascoltatore sono quell’aspetto che ci fa cambiare la narrazione in base al
tipo di ascoltatore a cui stiamo raccontando la storia (raccontare una storia a un neonato o a un bambino
delle elementari)
CARATTERISTICHE DEL PENSIERO NARRATIVO
SEQUENZIALITÀ
La narrazione ha una struttura spazio-temporale. Ogni evento si inserisce in un processo temporale e ha
una durata
CONCRETEZZA E PARTICOLARITÀ
l’interesse si concentra sul caso singolo, si vuole raccontare un evento unico e specifico. È importante ciò
che caratterizza un evento differenziandolo da tutti gli altri. Il pensiero narrativo segue una logica
intensionale (va ad approfondire il caso singolo), e non estensione
INTENZIONALITÀ
Uno dei contenuti del pensiero narrativo. L’interesse è incentrato non solo sull’azione, ma anche
sull’intenzione che lo guida. Si cercano gli scopi, gli stati d’animo, le motivazioni che portano ad un’azione.
Importanza della ricerca del significato
OPACITÀ REFERENZIALE
La narrazione non è una descrizione oggettiva dei fatti, ma una rappresentazione che il narratore si è
costruito. Ciò che conta non è l’evento, ma il significato che ad esso viene attribuito. La narrazione non
deve essere vera ma verosimile (coerente)
Referente contenuto
Opacità perché il contenuto non è oggettivo, nitido
ERMENEUCITÀ
Gli eventi e i personaggi hanno un senso in relazione all’intreccio che li contiene e non in sé stessi presi
isolatamente
VIOLAZIONE DELLA CANONICITÀ
Ogni narrazione per essere interessante deve avere al suo interno qualcosa di inatteso, che viola la norma.
Canone qualcosa che si ripete sempre uguale
La parte interessante della narrazione è data da questo. Di fronte alla novità le informazioni richiedono di
essere elaborate in modo nuovo per dare senso all’accaduto
COMPOSIZIONE PENTADICA
Il pensiero narrativo è composto da cinque elementi: attore, azione, scopo, scena, strumento. La storia è
credibile e verosimile quando gli elementi sono tutti presenti e congruenti tra di loro
INCERTEZZA
Il pensiero narrativo e la narrazione vengono negoziati mentre la narrazione viene prodotta, non sono dati
per certi. La narrazione si sviluppa sul piano del possibile e non del certo, stimolando la produzione di
ipotesi alternative. Le intenzioni e gli stati mentali dei personaggi sono delle inferenze (non sono delle
certezze, ma sono delle ipotesi, deduzioni)
APPARTENENZA AD UN GENERE
Ogni narrazione appartiene ad un genere letterario con relative strutture e schemi interpretativi. Di solito il
genere letterario viene subito esplicitato.
ATTENZIONE, MEMORIA, METACOGNIZIONE e AUTOEFFICACIA
ATTENZIONE
condizione di base per l’apprendimento
Processo complesso
Attenzione selettiva elaboriamo uno stimolo per volta. Se non si ha quest’attenzione selettiva,
generalmente si è distratti.
Modalità uditiva
Modalità visiva
Attenzione distribuita fare attenzione a più cose contemporaneamente. È più facile utilizzarla quando:
Somiglianza dei compiti i compiti si assomigliano (es. cucinando riesco a preparare più portate
contemporaneamente)
Difficoltà del compito quando il compito è facile (azioni di routine, come camminare) e non devo
concentrare tutta la mia attenzione su quello.
Pratica ho molta dimestichezza del compito anche se è una cosa complicata (es. guidare)
Nell’insegnamento più siamo pratici ed esperti più possiamo concentrare le nostre energie su altro
che non sia la lezione come la gestione della classe, cambiare la lezione durante il suo corso, decidere quali
argomenti trattare e in che momento…
Gli insegnanti chiedono sempre al bambino di fare attenzione. Per loro però non è così semplice capire cosa
voglia dire “fai attenzione”, “stai attento”. Per aiutarli a fare attenzione alla spiegazione, bisogna toglierli gli
elementi di distrazione (togliere tutto dal banco…)
L’attenzione selettiva è faticosa, sarebbe sempre bello riuscire ad alternare compiti di attenzione selettiva e
compiti di attenzione routinaria
ATTENZIONE E MEMORIA
L’attenzione è un prerequisito della memoria e dell’apprendimento se non facciamo attenzione non ci
ricorderemo mai certe cose.
L’attenzione è una capacità limitata è importante l’ordine che ci consente di avere un’attenzione più
selettiva. Il disordine non ci fa concentrare su una sola cosa, avremmo un sovraccarico di informazioni
Le persone hanno un elevato controllo su come distribuire questa capacità limitata su compiti diversi
sanno com’è meglio concentrare la propria attenzione e su cosa (in che momento della giornata studiare,
in che luogo)
Non è possibile obbligare una persona a prestare attenzione, ma è necessario educarsi a prestare
attenzione.
Ci si educa all’attenzione allenandosi, la scuola è un buon allenamento ma ci sono anche allenamenti
extra-aula (allenarsi all’ascolto, a guardare determinate cose). L’insegnante ha un ruolo di stimolo, è
importante insegnare le cose a cui fare più attenzione (es. dictée di francese, in cui si fa rileggere facendo
concentrare il bambino solo su determinati tipi di errori come le s del plurale)
CONOSCENZA
Inizia sempre da un’informazione esterna/ambientale che in qualche modo possiamo registrare attraverso
i nostri sensi (registri sensoriali) visivo, uditivo, tattile, olfattivo, gustativo
Sensi ci aiutano ad entrare in contatto con il mondo esterno
Non tutte le informazioni che ci sono entrano in contatto con i registri sensoriali: nell’aula chi è nei banchi
davanti non vede ciò che accade nei banchi dietro
MEMORIA
MODELLO DEL FUNZIONAMENTO DELLA MEMORIA
L’informazione ambientale a volte resta fissa (es. montagna), ma altre informazioni (come quelle uditive)
sono limitate quindi quando vengono registrate vengono recepite non del tutto (es. parole del professore
quando parla)
Nei nostri registri sensoriali può essere che immediatamente ci dimentichiamo (oblio) oppure può
succedere che ci siano delle interferenze più informazioni che arrivano contemporaneamente
Tutto quello che entra in contatto che entra in contatto con i nostri registri sensoriali non ce la ricordiamo per
sempre
Memoria a breve termine ha una durata limitata, ci consente di mantenere viva l’informazione per
poco tempo (il tempo necessario per un’elaborazione diversa). Tiene le informazioni “quel tanto che basta”.
Alcune delle informazioni che noi elaboriamo con la MBT passano poi nella MEMORIA A LUNGO TERMINE
Memoria a lungo termine si sviluppa attraverso una serie di processi
MEMORIA A BREVE TERMINE
Processi che riescono a conservare poche informazioni per un limitato periodo di tempo
In tutti gli studi su questa memoria, si è saputo che ogni individuo può elaborare un massimo di 7 2
informazioni. A volte noi esseri umani abbiamo bisogno di elaborare più di 7 informazioni per volta, allora
si usano delle strategie (memorizzare i numeri di telefono usando gruppi di numeri)
Chiamata anche memoria di lavoro la funzione principale di MTB è quella di agi