I CONFLITTI CONTEMPORANEI
Si fa un piccolo salto relativo alla Guerra fredda. Si parla dei giorni nostri
parlando di conflitti contemporanei. Se si parla di conflitti contemporanei,
abbiamo già incontrato qualcosa del genere quando ci siamo posti a passare in
rassegna alcuni critici del pensiero di Clausewitz. Una delle critiche che si
incontrano maggiormente tra i teorici contemporanei dell’opera di
Clausewitz è che il paradigma di guerra che utilizza lo storico militare
prussiano, in realtà sarebbe un paradigma di tipo westfaliano. Quando
ci si trova in presenza di un conflitto contemporaneo, si tratta di un
modello di tipo post westfaliano. Con la Pace di Westfalia del 1648 vi è la
nascita dello Stato moderno. Una critica che si è fatta a posteriori all’opera di
Clausewitz è che utilizzerebbe un paradigma di guerra come strumento dello
Stato. Seppur tenendo presente delle fattispecie che si allontanano da quel
modello, quando Clausewitz parla di conflitto il suo interesse va al
conflitto tra gli Stati nazionali.
Se si parla di conflitto contemporaneo, si può dire che è qualcosa che
si può trovare nel periodo che segue la Guerra fredda. La fine della
Guerra fredda si verifica alla fine degli anni 80 e all’inizio degli anni
90. Il conflitto moderno viene contraddistinto, quindi che si allontana da
quel paradigma della guerra estesa interstatale di tipo guerra industriale per
l’apporto che l’industria bellica da a questo tipo di conflitti: inclusione di
soggetti non statali come organizzazioni criminali, i signori della
guerra, la pirateria, reti terroristiche. Altro elemento che
contraddistingue il conflitto moderno è un tipo di tecnologia più
efficiente. Nei conflitti contemporanei si va a utilizzare e colpire la
popolazione civile come elemento tattico. Questo è possibile perché non
si è più nel solco di quel grande conflitto campale che oppone due eserciti, in
cui esiste un unico fronte e dove vi è una vittoria decisiva. Una delle
configurazioni dei conflitti contemporanei è che non esiste un unico
fronte, non lo si può localizzare in una specifica città, ma
tendenzialmente con le tecnologie che vi sono oggi è possibile che la
popolazione civile rientri nel conflitto. Anche in passato accadeva ciò, ma
nei conflitti contemporanei avviene sistematicamente e un elemento
fondamentale dei conflitti contemporanei è la popolazione civile.
È possibile affermare che il conflitto interstatale di tipo industriale afra due o
più Stati in questo momento sia meno rilevante che in passato? Siamo difronte
ad una crisi dello Stato? Nonostante i successi della globalizzazione,
nonostante si sia parlato di minori prerogative da parte dello Stato, non si può
dire che la guerra non è più monopolio degli Stati. Gran parte dei teorici
contemporanei credono che gli Stati non abbiano più il monopolio della guerra.
Alcuni elementi che caratterizzano il conflitto contemporaneo sono:
È un tipo di conflitto meno determinato, meno localizzabile su un
unico fronte, vi sono degli aspetti etnici, religiosi, culturali e
aspetti politici che hanno ruolo molto più rilevante che in
passato. Proprio dal punto di vista anche geografico è difficile limitarlo
ad aree specifiche con delle eccezioni.
Tra gli attori esiste un’asimmetria. È un conflitto che non è più
fra Stati, ma magari da una parte ha uno Stato o una coalizione di Stati
e dall’altra parte ci sono attori come la pirateria, il terrorismo.
Nel conflitto contemporaneo l’elemento di asimmetria tra gli attori tende
ad essere centrale.
Altro elemento centrale è il ruolo che può avere la popolazione
civile nel conflitto contemporaneo. Si parla di conflitto
contemporaneo perché si ha nell’asimmetria e nella distanza che separa
gli attori statali da non statali, tra gli attori non statali la popolazione
civile gioca un ruolo ed è fondamentale riuscire, per vincere il
conflitto, assicurarsi il supporto della popolazione civile.
Questi elementi e queste variabili rendono il conflitto più complesso. È
possibile parlare di una guerra, che anche se nei secoli precedenti coinvolgeva
come eccezione le popolazioni civili, oggigiorno in gran parte dei casi è una
guerra che si trova ad essere combattuta non solo tra gli eserciti, ma
anche tra popolazioni e tra la gente. Escludere dal conflitto
contemporaneo la guerra fra gli Stati sarebbe sbagliato, ma è
possibile dire che il monopolio della guerra resta ad appannaggio
degli Stati, ma non è più un monopolio esclusivo come lo era in
passato.
Il paradigma del conflitto contemporaneo sarebbe quello di guerra tra
la gente.
Vi sono una serie di fenomeni che fanno sì che non vi sia più esclusività del
fenomeno guerra da parte dello Stato; quindi, non si può più parlare di
monopolio perché il termine monopolio prevede un’esclusiva su un bene. È un
monopolio con una serie di eccezioni.
Da una parte continuano a combattere gli Stati o alleanze di Stati con
mandati internazionali come il mandato ONU, sebbene spesso vada
incontro a degli elementi di criticità che non sempre consentono
all’ONU di operare in maniera efficiente. Quando si parla di criticità che
impediscono di avere alleanze di Stati che operano sotto mandato ONU o che
impediscono ai caschi blu di operare in alcuni contesti, riguarda la
composizione del Consiglio di sicurezza. Rare volte è successo che a livello di
Consiglio di sicurezza dell’ONU tutti gli Stati potessero trovare un accordo e
quindi dare un chiaro mandato all’ONU di intervenire. In molti casi capita che
gli USA o la Cina o la Russia non siano d’accordo. Quindi ammesso che vi sia
un mandato ONU, la controparte sono movimenti irregolari,
organizzazioni più o meno criminali e terroristiche. Fondamentale in
questo tipo di conflitti contemporanei è l’appoggio e il supporto della
popolazione civile.
LE PEACE SUPPORT OPERATIONS
MISSIONI MILITARI CIVILI PSO
Adesso si passa a vedere come si configurano una serie di fattispecie di
missioni all’interno dei conflitti contemporanei, le cosiddette Peace
support operations, che sono missioni militari dove vi è anche un
contributo civile, che può rappresentare un grosso elemento
all’interno di queste missioni. Questo è un portato del conflitto in epoca
contemporanea, nel senso che in passato non era pensabile avere delle
missioni che allo strumento militare si affiancasse anche l’elemento civile. Lo
strumento militare diviene una delle possibili componenti a
disposizione della comunità internazionale per risolvere una crisi, che
in genere solo a livello locale.
Ci sono delle missioni di natura militare e civile, dove si cerca di
instaurare un dialogo o un concerto con una vasta gamma di soggetti
che non comprendono solamente gli Stati, ma una serie di attori non
statali come attori civili, autorità locali, organizzazioni internazionali e
NGOs. A partire dagli anni 90 del secolo scorso vi sono una serie di
missioni di questo tipo.
Per quanto riguarda l’ambito militare, all’interno di queste missioni sotto a
un mandato internazionale, nelle alleanze che operano a livello
internazionale sono gli Stati a fornire i militari e civili (alle volte i civili
possono provenire da organizzazioni internazionali). I militari anche quando
operano come caschi blu sono militari che provengono dai vari Stati.
Fondamentale è il ruolo dell’opinione pubblica. Quando ci sono perdite
militari e civili, l’opinione pubblica fino ad una certa soglia può
tollerare di operare in presenza di vittime militari. Questo riguarda il
discorso della trasparenza, ma soprattutto è dovuto ad un discorso di
mezzi di comunicazione. È impensabile che all’interno di democrazie liberali
con media e stampa liberi nel riportare delle vittime a livello di missioni di
Peace Keeping e Peace Enforcing all’estero pensare che un governo non
subisca delle conseguenze dal punto di vista di opinione pubblica e
del consenso. Quindi si tenta di ovviare a ciò con delle regole di
ingaggio restrittive rispetto al conflitto tradizionale e puntare su
nuove tecnologie che possono consentire di ridurre al minimo il
numero di perdite militari.
Le tecnologie si possono usare per ovviare a ciò. Le tecnologie oggigiorno
relativamente all’utilizzo in ambito militare come i droni consentono di
risparmiare l’utilizzo di risorse umane e quindi in caso sia abbattuto
un drone, vi è un costo economico da parte dello Stato, ma è più
tollerato dal punto di vista delle opinioni pubbliche. Questo discorso
vale all’interno delle democrazie liberali dove vi è un’opinione
pubblica e non vale in altri tipi di regimi, visto che in regimi non
democratici le vittime militari possono essere nascoste e strumentalizzate. In
questi tipi di regimi non vi è neanche un’opinione pubblica e i dati non
emergono. Non c’è la libertà della stampa e dei media, ma c’è un regime di
censura delle informazioni. Questo è un vantaggio da parte dei regimi
non democratici che possono avere più vittime rispetto alle
democrazie liberali.
Si tratta di minacce che non sono più equiparabili allo scontro
campale con il nemico. È una minaccia ibrida, subdola. Dal punto di vista
della forma della minaccia è una minaccia polimorfa, ha più forme. In
questo tipo di conflitti gli attori non statali raramente agiscono nel solco
giuridico del diritto internazionale. Lo scopo principale delle missioni
che si svolgono in questi teatri è evitare che si cada in conflitti che
producono dei disastri umanitari, ma molte volte non si riesce ad impedire
che ciò avvenga.
C’è una serie di tipologie di PSO, ovvero una serie di missioni ibride, nel
senso di componente militare e civile:
Prevenzione del conflitto: il primo gradino è la Prevenzione del
conflitto. Prima del conflitto a livello di prevenzione vi è un tipo di
impostazione di tipo politico e diplomatico.
Peacemaking: una volta che il conflitto è iniziato, a fianco ad una
piattaforma aperta che cerca mediazione e negoziato, vi è un
elemento militare che è lì in ultima ratio, ovvero non è lo scopo
principale della missione di Peacemaking. Gli strumenti
coercitivi sono sanzioni e isolamento diplomatico, quindi un mix di
soft power e diplomazia.
C’è l’ambito di Peace enforcement. Qui l’elemento militare inizia
ad essere più importante. Vi è un
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