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MAUSS • Marcel Mauss e il ruolo dello Stato nel futuro delle

Il dono come culture del dono

ultimo baluardo • Alain Callè: il dono come terzo paradigma (alternativo a

alle logiche del Stato e mercato)

profitto • Jacques Godbout e lo spirito del dono

capitalistico? • MAUSS: la fenomenologia del dono: le forme di

collaborazione all’interno della famiglia, i modi in cui il

dono si insinua all’interno dello stesso commercio o

delle forme di assistenza sociale e sanitaria, l’intero

campo del volontariato e delle attività del terzo settore; e

ancora, la pervasività del dono cerimoniale

Il dono e la cultura popolare (F. Dei)

tre casi di cultura popolare legati al dono, discutendone le implicazioni rispetto alla

possibilità di mantenere la triplice distinzione di e

dono, merce assistenza pubblica

come categorie separate dell’azione sociale. I casi riguardano il dono negli ospedali, la

e la

condivisione di file in Internet donazione del sangue

Nella loro diversità, mi sembrano convergere nell’evidenziare le pratiche di “dono”

come snodi del rapporto tra istituzioni e vita quotidiana; momenti in cui divengono

visibili le (necessarie) articolazioni tra le soggettività astratte che si muovono nel

mercato e nello stato e quelle concrete che stanno al centro di reti di legami locali,

personali e idiosincratici.

Il dono in ospedale

• L’assistenza sanitaria è il dominio incontrastato di stato e mercato, pubblico e privato

• Stato e scienza medica; formazione esclusiva, reato di esercizio abusivo della professione medica

• Il ‘dono’ dell’educazione e dell’assistenza sociale è sia professionale sia diffuso in vari ambito del

tessuto sociale, ma l’ambito specifico della cura e della guarigione è rigidamente istituzionalizzato

• Antropologia medica: saperi folk su corpo, salute e malattia, self-help, assistenza familiare, «medicina

popolare» come residuo di saperi alternativi, empirici o magico-religiosi dove la guarigione viene

definita spesso come ‘dono’

Il punto di vista del personale infermieristico

• La figura sociale del malato: sospensione della personalità, della rete dei legami sociali, il malato perde i

connotati della sua identità «borghese»

• Un margine di personalizzazione: visite di parenti e amici

• i doni degli amici, tra i pazienti stessi, con lo staff medico

• Il punto di vista del personale infermieristico: 1) un’istanza di professionalizzazione; 2) consapevolezza del

ruolo delle relazioni personali (piano istituzionale – reti informali)

• Lo ‘scandalo’ del dono: dolci, profumi, denaro, mance (anche per finalità collettive); corrompere il personale?

Cementare legami sociali

• Il dono del paziente come contro-dono (chi ha iniziato il circuito del dono?)

• Il dono si allarga ai parenti, ai momenti extra-lavorativi, ai pazienti ‘soli’

Resistenza o informalità?

• Nei termini di Godbout, la risposta è semplice: queste piccole pratiche informali trasformano in legami umani

quelle che sarebbero altrimenti solo relazioni burocratiche e professionali

• Sarebbe tuttavia semplicistico pensare allo “spirito del dono” come a una forma di resistenza o di alternativa, che

si contrappone alla logica fredda di una istituzione spersonalizzante. La vita nell’ospedale non potrebbe fare a

meno degli aspetti istituzionali, dei ruoli e della deontologia professionale, così come non potrebbe fare a meno

delle pratiche quotidiane e non formalizzate che costruiscono legami fra esseri umani. La differenza è che

nell’autorappresentazione della modernità il primo aspetto è visibile e sta in primo piano, il secondo non si palesa

esplicitamente se non nei termini di una vaga dimensione morale o umanitaria. Sta all’etnografia mostrarlo. Ma

non avrebbe molto senso contrapporre i due aspetti come paradigmi di diverse filosofie politiche, o come principi

alternativi dell’azione sociale. Il delicato equilibrio dei doni nell’ospedale è possibile proprio perché si colloca

all’interno di un quadro di norme organizzative e deontologiche che garantiscono efficacia nell’assistenza, rispetto

dei diritti, eguaglianza nel trattamento. Se così non fosse, il “puro” dono non potrebbe esistere: ci sarebbe invece

al suo posto una specie di giungla di favori personali, privilegi, corruzione, decisamente lontana dall’utopia del

debito positivo che gli antiutilitaristi vagheggiano.

• Popular culture: moda, cinema, musica, etc.

La condivisione in

rete della musica • Industria discografica: sviluppi tecnologici e pratiche di ascolto

attraverso le condiviso e di scambio; contro-culture alla ricerca di autenticità

piattaforme peer contro la commercializzazione dell’arte; subculture giovanili,

–to – peer identitarie, politicizzate, arrabbiate; l’industria discografica ha

venduto il disprezzo per se stessa, ha ogni volta riportato le

culture antimercantili all’interno del mercato stesso

• Pratiche artigianali, cultura popolare – pirateria e mercato

illegale

• Napster, fondato nel 1999, successo clamoroso, cause legali,

Napster – eMule e chiusura nel 2001, il sistema aveva bisogno della mediazione di

lo scambio di un server, individuabile, perseguibile

contenuti in modo • eMule e altri sistemi: i server hanno solo funzioni di raccordo e

non gerarchico di ricerca, in forma digitale è più simile allo scambio privato di

dischi e cd ma i rapporti da faccia a faccia diventano globali

• eMule: studio della ‘comunità’ (forum, siti, chat, dibattiti sulla

legalità-illegalità della pratica) e interviste agli utenti

• eMule come preistoria di Youtube, Spotify, iTunes

Furto o dono?

• Case discografiche: è una forma di pirateria che distrugge l’intero sistema produttivo perché senza

profitti l’industria discografica non sarà in grado di investire per produrre nuova musica e in tempi

lunghi ci saranno sempre meno prodotti musicali da condividere e scambiare

• Comunità di utenti e attivisti: è uno scambio tra pari senza scopo di lucro; si è poi creata una vera e

propria filosofia del «file sharing» che vede la diffusione della musica come forma di resistenza allo

strapotere delle case discografiche che impongono prezzi esosi e, soprattutto, per ciò che a noi

interessa, tematizzano questa pratica come forma di dono e di reciprocità

• Disposizione a dare, piacere di condividere, il software premia chi condivide di più non monetizzando

gli scambi ma velocizzando i tempi di download

L’epica lotta tra C’è da dubitarne, ammette, con ironia Fabio Dei visto che il file sharing è

parassitario rispetto al mercato discografico

Mercato e Dono? Tutti gli utenti sono animati dallo spirito del dono? Uso pragmatico

Gli utenti sono anche importanti consumatori di prodotti culturali

Non sono fuori dal mercato ma in una situazione più complessa

Le case discografiche non possono mettersi contro i loro migliori clienti

Il file sharing lo sviluppo di pratiche di diffusione, fruizione,

manipolazione dei beni culturali che non sono riducibili alle

come simbiosi tra istituzioni economiche ma il cui habitat sono proprio gli

mercato e dono spazi creati da quelle istituzioni

Dalla tattica alla strategia? Il p2p raccoglie proventi

pubblicitari e si istituzionalizza nel mercato, ne diventa una

avanguardia; il movimento organizza proteste contro il

copyright e si muove per la libera condivisione di

programmi e contenuti, democratizzazione della rete,

diventa così una istituzione della società civile …

l’etnografia dovrà andare alla ricerca di nuove tattiche al

loro interno …

La donazione del

sangue (dono/Stato)

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher silvia.milana di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Martino Mario.
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