Le ricerche della professoressa Montanari analizzano nel dettaglio le culture, richiedendo un grande
investimento di tempo per studiare tutti gli elementi storici e ambientali. Questo approccio è utile per
comprendere a fondo una cultura, ma non permette un confronto immediato tra culture diverse.
Per superare questa limitazione, analizzeremo studi che abbracciano un numero ampio di culture, fornendo
strumenti per compararle tra loro. Le prime ricerche, condotte negli anni Sessanta da studiosi nordamericani,
avevano il limite di basarsi su studenti universitari appartenenti a culture diverse, ma residenti negli Stati
Uniti. Ciò rendeva il campione non rappresentativo e poco adatto a trarre conclusioni generalizzabili.
Le ricerche di Hofstede
Un passo avanti significativo è stato fatto con le ricerche di Hofstede, condotte su larga scala tra lavoratori di
diverse sedi IBM nel mondo. Questi studi hanno il vantaggio di basarsi su soggetti residenti nei propri paesi
d’origine, riducendo l’influenza di culture esterne. Tuttavia, il campione è composto da lavoratori,
escludendo altre fasce sociali come studenti, disoccupati e pensionati, che potrebbero presentare prospettive
culturali differenti.
Un altro elemento positivo delle ricerche di Hofstede è la loro continua evoluzione, con aggiornamenti
costanti. Inoltre, il team di ricerca è interculturale, permettendo di costruire questionari e analizzare le
risposte senza pregiudizi occidentali. Questo aspetto è fondamentale per garantire che i risultati siano il più
possibile oggettivi e applicabili a un vasto numero di culture.
La stabilità dei valori culturali
Pur con i limiti sociologici, queste ricerche sono significative perché i valori culturali cambiano più
lentamente rispetto ai comportamenti. Una persona può adottare comportamenti di un'altra cultura senza
condividerne i valori profondi. Ad esempio, mangiare sushi non implica necessariamente l’adozione dei
valori giapponesi, così come utilizzare tecnologie occidentali non significa condividere gli stessi principi
etici e sociali.
Se anche individui altamente esposti a contaminazioni culturali, come manager giapponesi formati in
università statunitensi, continuano a valorizzare i principi della propria cultura, è probabile che questi valori
siano ancora più radicati nelle fasce sociali meno esposte ai cambiamenti. Questo dimostra quanto i valori
culturali siano profondamente radicati nella struttura sociale e difficili da modificare nel breve periodo.
L’origine storica dei valori individualisti e collettivisti
Ora facciamo un passo indietro nella storia per comprendere l’origine
di due valori fondamentali che dividono l’umanità: individualismo e
collettivismo.
I Sapiens vivevano in ambienti ostili, dove la sopravvivenza
dipendeva dalla caccia e dalla raccolta. Essendo nomadi, si
spostavano continuamente per cercare risorse, formando piccoli
gruppi familiari. In questo contesto, qualità come intraprendenza, coraggio e capacità di affrontare il
pericolo erano fondamentali, ponendo l’individuo al centro del gruppo.
Alcuni gruppi di Sapiens si stabilirono in territori più favorevoli, con climi miti e risorse abbondanti.
Notando che i resti vegetali dei loro pasti davano origine a nuove piante, svilupparono l’agricoltura e
l’allevamento. La vita stanziale portò alla crescita demografica e alla specializzazione dei ruoli all'interno
della comunità, favorendo la nascita di società collettiviste, dove la collaborazione era più importante
dell'iniziativa individuale.
L’individualismo si sviluppò quindi nelle società di cacciatori-raccoglitori, dove la sopravvivenza dipendeva
dalle capacità del singolo. Il collettivismo, invece, nacque con le società agricole, dove la cooperazione e la
suddivisione dei compiti erano essenziali per la sopravvivenza del gruppo.
La necessità di cooperazione e la nascita delle gerarchie sociali
Nasce una necessità di cooperazione all'interno di un gruppo, poiché la divisione dei compiti permette a
ciascun individuo di essere utile a tutti gli altri, ma allo stesso tempo ognuno ha bisogno della cooperazione
degli altri. Essendo un gruppo numeroso con compiti diversi, nasce anche spontaneamente
un'organizzazione sociale, con la creazione di gerarchie. Le persone che possiedono una maggiore attitudine
all'organizzazione, che hanno sviluppato più conoscenze relative alla coltivazione delle piante,
all’allevamento di animali o alla difesa dai predatori, tendono a essere più apprezzate e a godere di una
maggiore considerazione sociale.
Nei piani più alti della piramide sociale, si trovano coloro che possiedono queste competenze. Al contrario,
coloro che hanno minori capacità o esperienze rimangono ai livelli inferiori dell’organizzazione sociale, e
tendono a riconoscere e manifestare obbedienza verso coloro che occupano posizioni superiori. Questo
meccanismo genera una vera e propria organizzazione sociale che si struttura su base gerarchica. Da queste
dinamiche si sviluppano in seguito le società stanziali, basate su questo modello sociale.
La difesa della comunità e la nascita della leadership
Un altro elemento importante in questa evoluzione è che, avendo investito fatica e risorse nell’allevamento
di animali, nella coltivazione e nella creazione di manufatti e alloggi per vivere in modo stanziale, il gruppo
deve difendere quanto creato. Sia dai gruppi nomadi di cacciatori e raccoglitori che potrebbero cercare di
impossessarsi di quanto prodotto, sia da altri gruppi esterni. La necessità di difesa quindi si manifesta,
portando alla creazione di sistemi di autodifesa contro i pericoli ambientali, come gli animali selvatici, ma
anche contro gli attacchi esterni da parte di altri gruppi umani.
Da questa necessità di protezione emerge la figura della leadership. Le persone che si dimostrano più capaci
di organizzare la difesa, che sono più forti, coraggiose e intraprendenti, si pongono come leader. La
leadership si divide tra chi è in grado di difendere la comunità dagli attacchi esterni e chi ha il compito di
tramandare le conoscenze acquisite attraverso l’esperienza. Queste competenze derivano dall’esperienza di
coltivatori, allevatori, e costruttori di manufatti. La difesa da un lato e la trasmissione delle conoscenze
dall'altro diventano gli elementi che pongono un individuo a un livello sociale più alto.
La divisione tra individualismo e collettivismo
Da queste esperienze divergenti, cioè da un lato quelle dei cacciatori e raccoglitori, dall'altro quelle degli
allevatori e coltivatori, nascono due approcci distinti che oggi ancora caratterizzano le diverse culture del
mondo: l'individualismo e il collettivismo. Nella nostra cultura, il termine "individualismo" è spesso usato
con una connotazione negativa, associandolo a egoismo o egocentrismo. L'individualismo viene confuso con
la tendenza a non sapersi mettere nei panni degli altri, con un atteggiamento egocentrico che pone
l'individuo al centro dell'universo, oppure con egoismo, cioè il fare solo ciò che porta vantaggio personale,
anche a discapito degli altri.
Tuttavia, l’individualismo inteso come valore non ha questa connotazione negativa. In realtà, rappresenta
una cultura centrata sull'individuo che ha ereditato caratteristiche proprie dei sapiens cacciatori e
raccoglitori, come autonomia, intraprendenza, coraggio, ricerca di obiettivi e miglioramento delle proprie
condizioni di vita. Quindi, è l'individuo il motore della collettività. Tuttavia, all’interno di una società
individualista, non manca il senso di responsabilità verso la comunità: gli individui si sviluppano in modo da
migliorare le proprie capacità e competenze, ma queste vengono poi messe a disposizione della collettività,
soprattutto nei momenti di difficoltà o per affrontare delle criticità.
Il rafforzamento dei valori attraverso l’ambiente e le religioni
Questi valori vengono rafforzati anche dal sistema ambientale, che spinge gli individui a fare molto
affidamento su se stessi. Un esempio sono le culture che si sviluppano attorno alle vie di navigazione, dove
gli individui intraprendenti affrontano l’ignoto del mare, alla ricerca di nuove terre e opportunità
commerciali. Qui, l’individuo che si avventura nell’ignoto e riesce a far crescere la propria comunità è visto
come un valore fondamentale.
Inoltre, le religioni giocano un ruolo importante nel rafforzare questi valori. La religione cristiana,
soprattutto nella sua versione protestante, è un esempio in cui l'individualismo viene visto come un valore
fondamentale. Mentre la religione cristiano-cattolica si basa sulla gerarchia della Chiesa, con figure che si
pongono come intermediari tra l'individuo e la divinità, la religione protestante promuove un rapporto diretto
tra l'individuo e Dio. Il pastore, che nella Chiesa cattolica è l'intermediario tra i fedeli e Dio, nel
protestantesimo è più un animatore della comunità, un punto di riferimento, ma non un mediatore della
parola di Dio. In questo contesto, l’individuo è responsabile delle proprie azioni.
Questo valore di individualismo si sviluppa principalmente nei paesi protestanti (come nel nord Europa e in
Inghilterra) e viene esportato in Nord America, dove l'individualismo diventa un elemento distintivo delle
culture locali.
Il collettivismo: la cooperazione come valore centrale
Il collettivismo, al contrario, non incentiva lo sviluppo di capacità individuali né il desiderio di raggiungere
obiettivi personali. Infatti, in queste culture, l'individualismo viene visto come una minaccia all'armonia del
gruppo. Se all’interno di una comunità ci sono contrasti e gelosie, causate dal desiderio di singoli individui
di occupare una posizione gerarchica elevata o di ottenere un risultato che può essere raggiunto solo da uno,
il disordine sociale è il rischio che si corre. In queste culture, il valore principale è la cooperazione e
l'obbedienza alla struttura gerarchica, che mantiene l'armonia del gruppo.
Il collettivismo è tipico di culture orientali, come quelle derivanti dal confucianesimo, e di società
musulmane. La religione musulmana, infatti, promuove un ordine basato sull'obbedienza alla divinità, con
ogni individuo che risponde alla collettività, piuttosto che agire da solo. In queste culture, la cooperazione è
un valore fondamentale, e non si sottolineano mai le capacità individuali. Il risultato di un gruppo, piuttosto
che quello di un singolo, è ciò che conta maggiormente.
Conservazione e resistenza al cambiamento nel c
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