(MSA).
Nel complesso, tra aiuti economici e forniture militari, gli USA inviarono in Europa
risorse per circa 100 miliardi di dollari dell’epoca, svolgendo un ruolo cruciale non solo
nel finanziare, ma anche nell’organizzare la ricostruzione. Questo impegno confermò il
ruolo degli Stati Uniti come potenza globale.
Oltre al ruolo nella ricostruzione materiale dell’economia europea, il Piano Marshall
ebbe una funzione strategica nel favorire la nascita di una nuova convivenza tra i
paesi del continente.
Dopo l’annuncio del piano, Gran Bretagna e Francia tentarono di assumere la
leadership europea nella sua gestione, creando il Comitato per la Cooperazione
Economica Europea (luglio 1947), incaricato di coordinare piani economici nazionali.
Nel 1948, il Comitato si trasformò nell’Organizzazione Europea di Cooperazione
Economica (OECE), che gli Stati Uniti immaginavano come un primo passo verso una
federazione europea.
Tuttavia, la sovranità nazionale ostacolò un’effettiva integrazione politica, e l’OECE
rimase un organismo tecnico fino alla sua evoluzione nell’Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Nonostante i limiti iniziali, il Piano
Marshall creò incentivi alla cooperazione europea.
Uno dei problemi principali era la ricostruzione della Germania, essenziale per
rilanciare l’economia europea ma osteggiata dai francesi, timorosi di un risorgere
dell’industria pesante tedesca.
La soluzione arrivò dal ministro degli esteri francese Robert Schuman, che propose
un’innovativa iniziativa sovranazionale: la creazione di un’organizzazione congiunta
per il controllo del carbone e dell’acciaio, settori chiave per l’industria bellica. Nasceva
così la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), fondata nel 1951 da
Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Questo accordo eliminò dazi
e restrizioni nel commercio di carbone e acciaio, armonizzò salari e tecnologie e
dimostrò che un’organizzazione sovranazionale poteva operare efficacemente per
l’interesse comune.
La CECA non solo favorì l’integrazione economica, ma stabilì un’alleanza strategica tra
Francia e Germania, rendendo impensabile un nuovo conflitto tra i due paesi. Questo
rappresentò il primo passo concreto verso la costruzione dell’Europa unita.
La Gran Bretagna, invece, rifiutò di aderire, rimanendo sempre più isolata fino alla fine
degli anni Sessanta.
Un’altra iniziativa cruciale fu l’Unione Europea dei Pagamenti (UEP), istituita nel
1950 per gestire i deficit temporanei delle bilance dei pagamenti europee. Creata con
il sostegno finanziario del Piano Marshall, la UEP permise di superare la scarsità di
valuta estera, eliminando molte restrizioni al commercio e promuovendo una
maggiore cooperazione monetaria tra i paesi europei.
Nel secondo dopoguerra, vennero stabilite regole per il commercio, la cooperazione
economica e la stabilità finanziaria internazionale. Un esempio fu il tentativo di creare,
nel 1947, un’organizzazione deputata al commercio mondiale, l’Organizzazione
Internazionale del Commercio (ITO). Tuttavia, la sua carta costitutiva non fu
ratificata dagli Stati Uniti, che la ritenevano eccessivamente vincolante.
Al suo posto, nel 1948, entrò in funzione il General Agreement on Tariffs and
Trade (GATT), che stabilì criteri fondamentali per il commercio internazionale: non
discriminazione (attraverso la clausola della nazione più favorita), eliminazione delle
restrizioni quantitative e reciprocità.
Il GATT, inizialmente pensato come un forum negoziale, si rivelò uno strumento
efficace per promuovere il commercio mondiale.
Attraverso diversi cicli di negoziati (detti round), furono progressivamente abbassati i
dazi doganali e rimosse molte barriere non tariffarie. Tra i più significativi si ricorda il
Kennedy Round che ridusse di un terzo i dazi sui prodotti industriali, e l’Uruguay
Round che ampliò i negoziati al settore agricolo e ai servizi, tradizionalmente esclusi,
portando alla nascita dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) nel
1995. L’OMC, rispetto al GATT, possiede un maggiore potere sanzionatorio,
garantendo il rispetto delle regole condivise.
Parallelamente, sul fronte monetario, furono prese decisioni per evitare l’instabilità
economica.
Nel 1944, durante la conferenza di Bretton Woods, si confrontarono due visioni: il
piano di Harry White, che prevedeva un sistema basato sul dollaro come moneta di
riferimento, e il progetto di John Maynard Keynes, che proponeva una Clearing
Union con una moneta sovranazionale per bilanciare surplus e deficit tra i paesi.
Prevalse il modello statunitense, meno ambizioso ma più concreto, che portò alla
creazione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale. Il
FMI aveva due compiti principali: sorvegliare il sistema di cambi fissi basato sul gold
exchange standard, in cui il dollaro era convertibile in oro, e fornire assistenza
finanziaria ai paesi in difficoltà. Oggi, il FMI mantiene un ruolo di supporto finanziario,
ma la sua capacità di intervento è spesso considerata insufficiente rispetto alle sfide
della globalizzazione.
La Banca Mondiale, inizialmente pensata per finanziare la ricostruzione europea,
assunse un ruolo diverso, concentrandosi sullo sviluppo dei paesi arretrati. A
differenza dell’idea di Keynes, che immaginava una banca centrale mondiale, la Banca
Mondiale operò come un’istituzione più tradizionale, finanziata dai paesi membri e
focalizzata su progetti specifici.
Gran Bretagna
La Gran Bretagna uscì dalla guerra con un sistema industriale quasi intatto, ma
caratterizzato da un capitale fisso obsoleto e da problemi strutturali preesistenti. La
crescita economica fu lenta, influenzata da investimenti insufficienti e dal mancato
aggiornamento tecnologico. In questo periodo, i governi laburisti implementarono
politiche di nazionalizzazione su larga scala, basate su motivazioni ideologiche più che
su obiettivi economici specifici. Furono introdotti strumenti di welfare fondamentali,
come il Servizio Sanitario Nazionale e introdusse assegni familiari e pensioni di
vecchiaia. Tuttavia, l’assenza di una politica industriale incisiva limitò l’impatto delle
nazionalizzazioni, trasformando molte imprese pubbliche in monopoli di Stato poco
efficienti.
Germania
La Germania rappresenta il caso più brillante, nonostante il punto di partenza
particolarmente difficile del 1948. Tre fattori chiave guidarono la ripresa tedesca:
Riforma monetaria del 1948, che reintrodusse l’economia di mercato e
1. rilanciò l’attività industriale.
Economia sociale di mercato, un sistema che bilanciava il rispetto per le
2. dinamiche del mercato con l’attenzione agli effetti distributivi.
Cogestione (Mitbestimmung), che garantì ai sindacati una presenza nei
3. consigli di supervisione delle imprese, promuovendo la cooperazione tra capitale
e lavoro. Queste politiche, unite alle condizioni favorevoli create dal Piano
Marshall, portarono al cosiddetto miracolo economico tedesco, con una rapida
crescita e una modernizzazione industriale senza precedenti.
Francia
In Francia, la ricostruzione fu guidata dall’introduzione di un sistema di
programmazione economica voluto da Charles de Gaulle nel 1946. Il Commissariat
du Plan, guidato da Jean Monnet, stabilì obiettivi di sviluppo per settori strategici
(carbone, acciaio, elettricità, trasporti) attraverso il primo piano quinquennale.
Il metodo prevedeva obiettivi realistici, concertazione tra gli attori coinvolti e incentivi
mirati. Questa strategia ottenne risultati significativi, al punto che la programmazione
economica divenne una caratteristica permanente della politica francese per decenni.
Tuttavia, il paese dovette affrontare problemi come l’inflazione e frequenti crisi della
bilancia dei pagamenti, che limitarono parzialmente la portata dei successi.
Italia
L’Italia si trovò di fronte a sfide particolarmente complesse, tra cui la necessità di
ricostruire una democrazia dopo vent’anni di dittatura fascista e di contrastare la forza
del Partito Comunista, che minacciava di portare il paese verso una dittatura di segno
opposto.
La vittoria della Democrazia Cristiana nelle elezioni del 1948 legò l’Italia alle
democrazie occidentali, favorendo una gestione produttivistica ed europeista del
Piano Marshall. L’imprenditoria italiana si dimostrò capace di adattarsi al modello
americano, sviluppando sia le grandi industrie sia il vasto settore dell’artigianato e
delle piccole imprese, elementi fondamentali del successivo miracolo economico
italiano.
Conclusioni
I successi della ricostruzione europea non possono essere attribuiti esclusivamente al
Piano Marshall, ma anche alle scelte di politica economica intraprese dai singoli paesi.
La Germania e l’Italia, con politiche produttivistiche e di modernizzazione, registrarono
i progressi più rapidi. La Francia, grazie alla programmazione economica, riuscì a
superare le difficoltà strutturali. La Gran Bretagna, invece, fu penalizzata da scelte
meno orientate all’innovazione e agli investimenti.
DALLA CRESCITA EUROPEA AL RITORNO DELL’INSTABILITÁ
Miracoli economici
Fino alla caduta dell’Unione Sovietica, l’Europa orientale seguiva un modello
economico e politico sovietico, caratterizzato da pianificazione centralizzata e scambi
interni al Comecon, un’organizzazione economica inefficace e dominata dall’Urss.
Questo sistema fallimentare portò a una difficile fase di transizione.
In Europa occidentale, invece, si assistette a un grande balzo produttivo, specialmente
durante l’“età dell’oro” del dopoguerra.
L’Europa occidentale riuscì a ridurre il divario con gli Stati Uniti grazie a tassi di
crescita superiori, soprattutto in paesi inizialmente meno sviluppati, come Italia,
Grecia, Portogallo e Spagna.
Fattori chiave di questa espansione furono: nuove istituzioni economiche, abbondanza
di manodopera a basso costo, innovazione tecnologica derivata dagli Stati Uniti,
liberalizzazione del commercio internazionale, stabilità monetaria (grazie al sistema di
Bretton Woods) e politiche economiche favorevoli. Inoltre, il welfare state contribuì a
distribuire equamente i benefici della crescita economica, promuovendo un’epoca di
prosperità e riduzione delle diseguaglianze, anche se tale equilibrio non si mantenne
in seguito.
Welfare state
Le disuguaglianze sociali sono sempre state una caratteristica della società, ma in
Europa, grazie alle radici cristiane,
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Secondo parziale storia economica
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Parziale 2 storia economica
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Storia Economica: appunti per secondo parziale
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Storia economica - primo e secondo parziale