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Estratto del documento

I governi della maggioranza dei paesi si videro impotenti ad affrontare la crisi,

che si aggravava di giorno in giorno

Nel maggio 1979 Margaret Thatcher vinse le elezioni in Gran Bretagna con

un programma fortemente conservatore e alcuni mesi più tardi, nel gennaio

1981, anche Ronald Reagan arrivò alla presidenza degli Stati Uniti

rappresentando le forze più conservatrici del suo paese.

Entrambe le amministrazioni intrapresero riforme radicali, con la consulenza

di economisti appartenenti alle scuole che avevano criticato l’approccio

keynesiano, specialmente i monetaristi

L’elemento fondamentale della nuova ortodossia economica era il principio

che i mercati erano meccanismi efficienti di allocazione delle risorse e di

fissazione dei prezzi, per cui ogni intervento pubblico che disturbasse il loro

funzionamento comportava solo difficoltà per la crescita economica.

La riduzione dell’inflazione, quindi, diventava prioritaria rispetto al

mantenimento dell’occupazione

Questa nuova politica fu applicata nella maggioranza dei paesi, aprendo un

periodo di forte conflittualità lavorativa e sociale

La liberalizzazione dei mercati, la privatizzazione delle imprese pubbliche e la

riduzione delle funzioni retributive dello Stato diedero i risultati attesi

Integrazione economica e globalizzazione

3)

Un altro degli aspetti più rilevanti dell’evoluzione economica dopo la crisi degli

anni 1970 è l’intensificazione della integrazione economica internazionale,

cioè la maggiore interdipendenza tra i paesi, sia per quanto riguarda il

commercio di beni e servizi che i movimenti di capitali e di persone. È quello

che è stato denominato globalizzazione.

Una delle caratteristiche più significative dell’evoluzione economica degli

ultimi tre decenni, infatti, è proprio l’aumento, sia in valore assoluto che

relativo, del commercio internazionale e della conseguente intensificazione

della interdipendenza tra i paesi

Un’altra delle questioni che pregiudicano i paesi meno sviluppati al momento

di rafforzare la loro integrazione nel commercio internazionale è l’egemonia

delle grandi multinazionali occidentali in molti mercati di prodotti e servizi

Malgrado tutte le ingiustizie e gli squilibri che l’integrazione commerciale

internazionale ha comportato, la verità è che lo straordinario miglioramento

delle condizioni di vita di milioni di persone, specialmente asiatiche, in questi

ultimi anni sarebbe inconcepibile senza la grande crescita che ha avuto il

commercio internazionale di beni e servizi

L’incremento degli scambi internazionali di beni e servizi non si è verificato in

modo equilibrato. Gli squilibri sono aumentati rapidamente fino a convertirsi,

come vedremo, in una delle cause del crollo finanziario cominciato nel 2008

La difficile ricerca della stabilità monetaria

4) internazionale

Mentre la dinamica commerciale presentava questi squilibri crescenti, i

governi tentavano di adattarsi al nuovo regime monetario sorto dalla

decisione di eliminare la convertibilità del dollaro e dalla conseguente

scomparsa del sistema stabilito a Bretton Woods

I primi tentativi di mantenere una certa stabilità della parità delle monete

fallirono.

Molti governi dovettero lasciare che le loro monete fossero scambiate

liberamente sul mercato ma l’instabilità dei cambi che questo implicava

presentava gravi inconvenienti.

I più colpiti erano i paesi piccoli, molto più vulnerabili di fronte alle oscillazioni

dei mercati.

Per evitare questi problemi c’era una sola possibilità: stabilire un forte

impegno per il mantenimento del tasso di cambio che scoraggiasse gli

speculatori rispetto a possibili variazioni

La via associativa fu adottata dai paesi della Comunità Economica Europea

con la creazione nel 1979 del Sistema Monetario Europeo (SME)

A livello mondiale il risultato di queste politiche pensate per stabilizzare i tassi

di cambio è stato piuttosto mediocre.

Subito si produssero tensioni che mettevano in pericolo il mantenimento delle

parità fissate

La crisi dello SME iniziò con il rifiuto della ratifica del Trattato di Maastricht da

parte della Danimarca (2 giugno 1992), che creò dubbi sul futuro della

progettata unione monetaria

Alla fine si accettarono fasce di oscillazione tanto ampie (15%) che

equivalevano a una libera fluttuazione

Se si voleva avanzare nella integrazione economica l’unica alternativa era

procedere con gli accordi di Maastricht e stabilire una stessa moneta in tutti i

paesi interessati

Il processo verso una unione monetaria europea riprese, anche se Regno

Unito, Svezia e Danimarca preferirono restarne al margine.

Il 1 gennaio 1999 diventarono operativi i tassi di cambio irreversibili tra le

monete partecipanti e tre anni dopo (1 gennaio 2002) furono tutte sostituite

dall’euro, la nuova moneta comune.

L’unione monetaria effettiva ha apportato stabilità interna in Europa ed ha

dato un impulso straordinario al processo di integrazione economica

La crisi della tequila fu il primo crollo finanziario prodotto dalla nuova

globalizzazione con effetti su un paese emergente.

L’origine va cercata negli intensi flussi di capitali esteri, tanto a breve che a

lungo termine, diretti in Messico a partire dal 1990

La crescente incertezza sulla capacità del governo, delle banche messicane

e del paese complessivamente considerato di rimborsare i crediti ricevuti

portò a una improvvisa e massiccia fuga di capitali che obbligò alla

fluttuazione del tasso di cambio del peso e alla sua immediata svalutazione

Di fronte all’imminente fallimento del Banco de Mexico, il Tesoro degli Stati

Uniti organizzò una operazione di salvataggio che permise di rimettere in

equilibrio i conti con l’estero, ma non evitò un durissimo aggiustamento

interno

Gli effetti della crisi si estesero alla maggior parte dei paesi dell’America

Latina, che soffrirono massicci ritiri di capitali esteri e dovettero adottare le

conseguenti misure restrittive

La crisi asiatica del 1997 ebbe un carattere diverso.

La maggioranza dei paesi asiatici che stavano sperimentando tassi di

crescita molto elevati avevano adottato sistemi di cambi fissi per assicurarsi il

regolare accesso tanto ai mercati di esportazione come ai mercati di capitali

La loro crescita, infatti, dipendeva essenzialmente dagli investimenti esteri.

Questa situazione venne alterata, a partire dal 1996, dalla crescente

concorrenza dei prodotti cinesi e dal rialzo del dollaro, che colpì direttamente

la capacità esportatrice di questi paesi.

Il ritiro degli investitori stranieri fece precipitare la crisi e dovette intervenire il

Fondo Monetario Internazionale per evitare il crollo totale della zona

A poco a poco la situazione si normalizzò, ma l’afflusso di capitali dall’estero

non si ripristinò fino agli anni 2003-2004

Anche la crisi argentina del 2001-2002 fu figlia dell’adozione di una rigida

politica di tasso di cambio fisso.

La decisione fu presa nel 1991 per porre fine a un periodo di alta inflazione

I prezzi aumentavano e, mentre il Brasile o l’Uruguay erano in grado di

regolare il tasso di cambio per mantenere la competitività, l’Argentina non

poteva farlo

In un dato momento gli investitori interni ed esterni presero coscienza della

impossibilità che la situazione potesse reggere e cominciarono a disinvestire

Il presidente argentino fu costretto a dimettersi e ad andare in esilio.

Il peso si svalutò e, poco a poco, si riuscì a normalizzare la situazione, non

senza che numerosi investitori e depositanti, sia argentini che stranieri,

perdessero una parte importante dei loro risparmi

Queste crisi e altre di minore portata fanno capire la forte instabilità che ha

sofferto il sistema finanziario mondiale dalla scomparsa dei meccanismi

stabiliti a Bretton Woods

Una crescita instabile e disuguale

5)

Un’altra delle caratteristiche degli ultimi tre decenni sono state le forti

divergenze che si sono prodotte nei livelli di sviluppo delle varie zone del

mondo ed anche dei diversi paesi

La crisi dei primi anni 1990 ha una spiegazione più complessa.

Nell’agosto del 1990 ci fu l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq, che causò

l’intervento degli Stati Uniti nella cosiddetta Prima Guerra del Golfo (gennaio

1991).

Lo scoppio di questo conflitto nella regione dove si concentra la maggior

parte delle riserve mondiali di petrolio provocò una nuova alterazione dei

mercati energetici mondiali con effetti negativi sull’attività economica

Capitolo 16

Gli Stati Uniti, l’Europa occidentale e il Giappone:

1) rallentamento e cambiamenti strutturali

In questo periodo i paesi capitalistici avanzati sperimentarono una notevole

riduzione del loro ritmo di crescita economica

Se analizziamo il fenomeno più da vicino, tuttavia, vediamo che sia l’intensità

del rallentamento che la combinazione dei fattori che possono spiegarlo

risultano molto differenti in ogni zona

La riduzione del divario tecnologico tra gli Stati Uniti da un lato e l’Europa

occidentale e il Giappone dall’altro, unitamente alla scomparsa delle sacche

di manodopera rurale sottoccupata spiegano in gran parte le differenze

nell’intensità della decelerazione

Gli Stati Uniti:

Molti economisti e storici economici indicano come fattore determinante del

rallentamento dell’economia nel suo complesso un calo del tasso di crescita e

della produttività

Il primo aspetto che va rilevato è che la crescita della produttività del lavoro

aveva cominciato a rallentare in modo significativo già prima della crisi del

petrolio

Nel periodo 1966-1989 il ritmo di incremento della produttività del lavoro fu

meno della metà di quello del periodo 1948-1966

David e Abramovitz (2000), specialisti di rilievo nell’analisi della crescita

economica a lungo termine, hanno proposto una ipotesi molto suggestiva per

interpretare questa caduta del ritmo di incremento della produttività: le grandi

innovazioni di portata generale, come l’elettricità il motore a scoppio o la

informatizzazione, normalmente richiedono un periodo relativamente lungo di

utilizzo prima che siano visibili i loro contributi al miglioramento della

produttività

In questa situazione, il dilemma della produttività perduta, cioè, l’apparente

discrepanza tra il ritmo e la portata delle innovazioni tecnologiche che

constatiamo ogni giorno e il mantenimento di un dinamismo della produttività

globale minore di prima, si spiegherebbe con il ritardo associato al cambio di

paradigma

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A.A. 2016-2017
56 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Edo_MI di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Carera Aldo.