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L’URSS DI LENIN

Egli deve trovare un rimedio a quello che era il fallimento totale

dell’ideologia comunista e del comunismo di guerra. La sua idea è

lanciare il NEP, la Nuova Politica Economica. L’ideologia non è

rinnegare il comunismo (fallimentare), viene affermato un passo

indietro per andare avanti. Vi è la rinuncia in parte ai principi su cui si

basava l’economia socialista per far ripartire l’economia per poi

riprendere questi principi. Viene liberalizzato la nazionalizzazione

delle terre, le piccole industrie ed il mercato interno. Le grandi

imprese restano in mano allo stato così come il monopolio del

commercio internazionale. Finalmente si crea una classe di contadini

che iniziano a meccanizzare la produzione e vendono prodotti sul

libero mercato. Viene riformato il sistema bancario (che diventa

monobanca con una nuova banca centrale con un controllo stringente

con le altre banche sul territorio, il controllo è tale per cui tutto è gestito

da un’unica banca centrale), viene emessa una nuova moneta. Questo

processo di riforme ebbe risultati ma venne interrotto rapidamente a

seguito della morte di Lenin nel 1924, al potere sale Stalin. Fin da subito

considera la NEP superata, riteneva anche crisi superata e vara un

nuovo corso ed un nuovo indirizzo di politica economica che caratterizza

il paese fino alla Seconda Guerra Mondiale basato sulla pianificazione.

Il settore agricolo, che si era finalmente risollevato, è di nuovo oggetto

di riforme che lo portano di nuovo in una situazione di grande

povertà, riforme che partono da una nuova collettivizzazione delle terre.

L’obiettivo è creare nuove grandi aziende agricole e

meccanizzazione della produzione con l’obiettivo di aumentare la

produttività. Terre che vengono assegnate in termini di gestione da 2

organismi differenti:

- i Kolkhoz gestiscono le terre per conto dello stato, rappresentano

il 90%;

- i Sovkhoz sono aziende agricole gestite direttamente dallo stato.

Questo sistema, sebbene getterà di nuovo nella povertà i contadini, farà

aumentare la produttività e favorisce l’industrializzazione del paese

accumulando capitali e vi sarà la meccanizzazione della lavorazione

della terra. Tra i settori industriali che si sviluppano maggiormente sarà

l'industria meccanica con la produzione di macchinari agricoli. Vi è

l’emanazione dei piani quinquennali, ve ne sono 3 (2 completati ed 1

interrotto dalla guerra). Vi è un ruolo di guida molto forte dello stato

che fissa obiettivi industriali sia in termini generali sia per singoli

settori e singole imprese (dice quanto devono produrre), stato che

controlla gli approvvigionamenti delle materie prime e fissa i prezzi

(non si formano sul mercato). In questi anni con i primi 2 anni la

produzione aumenta di 8 volte, andando a superare quella inglese,

francese e tedesca. La tecnologia, visto il basso livello tecnologico del

paese, viene importata, soprattutto dagli Stati Uniti. Vi è la produzione

di molti beni strumentali, pochi di consumo, grande produzione di

armamenti (temeva i nazisti). In questi anni il modello di economia

pianificato ottenne buoni risultati, non subì la crisi del 1929. Il problema

principale però era lo scarsissimo coordinamento tra gli obiettivi

industriali che venivano dati ai singoli settori ed imprese (in molti

casi veniva fermata la produzione per mancanza di materia prima,

questo perchè vi erano obiettivi diversi per i fornitori che non

coincidevano con le imprese).

INDUSTRIALIZZAZIONE DELL’ITALIA

Si colloca, così come Giappone e Russia, tra i late comers. Si

industrializza con la seconda rivoluzione industriale. Secondo il

modello di Rostow ha il take off tra 1897 e 1914. Si possono individuare

3 fasi:

- 1861-1880 dove c’è il governo della destra storica, poi ci sarà la

salita al potere della sinistra. L’Italia qua non si industrializza,

nonostante abbia avuto qualche industria ma non erano tali da

poter parlare di industrializzazione perché il 60% del reddito e

della forza lavoro erano impiegati nel settore primario. Si gettano

le basi per la successiva crescita economica ed industriale. Vi è

l’unificazione economica del paese. Si punta sullo sviluppo del

settore primario perché era un settore, soprattutto per via della

produzione mediterranea, che era la principale voce

dell’esportazione;

- 1881-1896 dove sono anni che sotto il profilo agricolo si è

caratterizzati dall’arrivo del grano americano e russo, quindi crollo

dei prezzi e periodo di crisi, nota come Grande Depressione. In

risposta vi è protezione doganale che parte dal settore primario e

si estende ad alcuni comparti del settore secondario. Si inizia a

puntare sulla tutela delle industrie presenti o nascenti e ciò è molto

importante per l'industrializzazione;

- 1897-1914 ed è l’età giolittiana. In questi anni il PIL aumenta del

36%, c’è un'accelerazione significativa rispetto agli anni

precedenti.

Situazione italiana al momento dell’unificazione

Vi era la segmentazione del mercato interno, segmentazione

derivante dall’unificazione di stati autonomi, unificazione di realtà

diverse. Lo stato deve abolire le barriere doganali che vi erano tra uno

stato e l’altro. Bisognava unificare la valuta, uniformare le leggi,

creare un apparato burocratico-amministrativo, dotarsi di un

esercito, controllare i confini, riorganizzare il debito pubblico (l’Italia

eredita tutto il debito pubblico che avevano gli stati preunitari), grosse

differenze per lo sviluppo economico, in particolare si evidenzia la

differenza tra nord e sud. La pianura padana era la pianura irrigua

(terre coltivate intensivamente ed irrigate grazie ai canali, ossia i

Navigli). Dietro la pianura padana si hanno le colline dove c’era

un’agricoltura che portava ad una coltivazione ad elevato valore

aggiunto (accumulazione di capitali), coltivazione di gelsi e

produzione vinicola. Le montagne diventeranno terre di emigrazione.

Verso il centro-sud Italia si ha una situazione caratterizzata da latifondi

con basse rese agricole, coltivati da cereali ed in parte destinati a

produzione di olio o frutta (commerci con basse rese). Ciò era il profilo

agricolo. Sotto il profilo industriale vi erano qualche fabbriche localizzate

o nel Regno Sabaudo (tra Liguria e Piemonte) o nella Lombardia (sotto

gli austriaci). È la prima area a industrializzarsi, ma troppo ristretta per

un decollo. Nel Regno Sabaudo, e soprattutto in Piemonte, vi erano

cotonifici (produzione tessile) e qualche industria meccanica

incentivata dalle politiche di Cavour per lo sviluppo ferroviario, ma il

grosso dei materiali viene importato. In Lombardia vi erano cotonifici,

qualche industria meccanica-siderurgica e produzione di seta

grezza (esportata in Francia). Nel Granducato di Toscana si ha

qualche fabbrica per la produzione di porcellana, qualche cartiera e

qualche fonderia. L’unica area dove ci sono miniere di ferro è l’Isola

d’Elba. Nello Stato Pontificio le fabbriche erano inesistenti, nel Regno

Borbonico, grazie alle politiche dei Borboni, si incentivava l’afflusso di

investitori esteri nel settore tessile e metalmeccanico.

Popolazione

Nel 1861 vi erano 26 milioni di abitanti, nel 1911 36 milioni, quindi un

tasso di crescita molto basso senza rivoluzione demografica.

Questa è una similitudine con la Francia ma con una grande differenza,

la Francia aveva una bassa densità demografica, l’Italia era

densamente popolata (si avrà l’avvio del fenomeno migratorio, quindi

un surplus di forza lavoro).

L’emanazione delle leggi sul commercio è quella francese perché

l’approccio politico-amministrativo prende spunto dal Regno Sabaudo,

vicino alla Francia. Le politiche della destra storica sono politiche di tipo

liberista. L’economia era strettamente dipendente dall’estero. Vi era

necessità di esportare. È importante il trattato Chevallier-Cobden dove

vengono abbassati tutti i dazi progressivamente, quindi si hanno

politiche liberiste. L’Italia non poteva attuare politiche diverse rispetto

all’Europa. Il trend generale era il liberismo. Nel 1863 si ha un accordo

con la Francia per abbassare le tariffe, sul modello Cobden-Chevalier.

La politica commerciale della destra storica è stata criticata all’epoca dal

governo della sinistra per via che l’Italia non era ancora un paese

industrializzato, per industrializzarsi sarebbe meglio offrire protezione

doganale alle industrie nascenti. Il governo venne accusato di non aver

favorito il processo di industrializzazione. Anche se le scelte furono

obbligate perché prima di adottare le politiche per l'industrializzazione vi

erano altri problemi. L’altro obiettivo del neo costituito stato italiano era

arrivare al pareggio di bilancio, uno dei primi obiettivi della Destra

Storica, questo perché i conti pubblici erano fortemente negativi, sia per

le guerre sia per l’eredità dagli stati unitari. L’obiettivo venne raggiunto,

attraverso 3 strade:

1) aumentando le tasse (aumentando il gettito fiscale);

2) emettendo titoli del debito pubblico;

3) vendendo beni demaniali.

Questione ferroviaria

Vi era una situazione eterogenea, una parte delle ferrovie gestite dallo

stato ed una parte dai privati. Inizialmente si scelse di riscattare tutte le

linee, ma per i problemi di bilancio questa idea venne abbandonata nel

1865. Si arrivò all’organizzazione delle 3 compagnie private. Le

compagnie private costruiscono e gestiscono le reti ma con materiale

prevalentemente estero e società estere che avevano capitali esteri

(prevalentemente Francia e Belgio). Lo stato, per favorire l’afflusso di

capitali stranieri, concede sussidi che andavano in base ai km di linea

esercitati, ma non era in grado di gestire direttamente per via delle

finanze dello stato.

Questione monetaria

Nel 1862 nasce la lira italiana e la scelta fu di adottare un sistema bi-

metallico, ossia riserve d’oro e d’argento. L’ulteriore scelta iniziale fu

quella di mantenere la pluralità degli istituti di emissione. Non c’era

una banca centrale che avesse il monopolio dell’emissione della valuta

(come la Bank of England). La pluralità deriva dal fatto che ogni stato

preunitario aveva i suoi istituti di emissione. Il primo riordino, ma è un

processo lungo, si ha con l’emanazione della legge bancaria del 1874.

Con ciò gli istituti vengano limitati a 6, il più importante era la Banca

Nazionale del Regno d’Italia, che aveva il 60% del diritto di emissio

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Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher llllll0098 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia Economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Piccinno Luisa.
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