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USA.
Tutti i paesi europei coinvolti nel conflitto erano debitori nei confronti degli stati
uniti per una cifra intorno ai 100 miliardi di lire.
Che cosa succede dopo la guerra? Che conseguenze macroscopiche produce?
L’Europa esce distrutta dal conflitto, i danni agli impianti produttivi sono
notevoli, i danni all’agricoltura sono altrettanto significativi, in tutti i paesi
coinvolti dal conflitto abbiamo un grosso problema che è quello dei beni di
prima necessità. C’è soprattutto il problema della riconversione industriale.
Ci sono anche delle conseguenze sociali e culturali, al termine del conflitto
della guerra si contano quasi 10 milioni di vittime, a questi vanno aggiunti
milioni di persone che muoiono in conseguenza e c’è l’epidemia di spagnola
che fa quasi 20 milioni di vittime.
Quali sono a livello europeo le conseguenze economiche derivanti dal primo
conflitto mondiale?
Tranne gli stati uniti tutti i paesi coinvolti nella guerra escono con una grave
condizione economica. La guerra viene finanziata imponendo tre canali:
-imposizione fiscale
-ricorso a prestiti
-aumento della circolazione
Se noi guardiamo all’economia ottocentesca il primato economico va
all’Inghilterra, Francia e Germania.
Che cosa succede dopo la fine della Prima guerra mondiale?
Questa supremazia economica viene meno perché bisogna fare i conti con una
potenza economica che è cresciuta in modo molto rapido che sono gli USA e
bisogna fare i conti con paesi emergenti come il Giappone.
La supremazia economica è passata dall’Europa agli USA, gli stati uniti
diventano un punto di riferimento anche sotto il punto di vista monetario. Il
riferimento con la fine della Prima guerra mondiale non è più la sterlina ma
diventa il dollaro.
Finita la guerra si pensava che la situazione sarebbe migliorata, che sarebbe
ritornata ad essere quella degli anni d’oro dell’età Giolittiana. Si pensava che il
paese avesse una straordinaria capacità di resilienza e fosse in grado di tornare
alla situazione prima della guerra. È significativo il fatto che nei primi mesi del
19 ad operazioni belliche concluse il commercio subisca una contrazione.
Perché ci si attende che i prezzi calino, che finisca anche quell’ondata
speculativa.
Finita la guerra il controllo dei cambi cessa, portando ad un crollo della lira.
Lezione 15/11/2023
Che cosa succede quando cessa il controllo dei cambi?
Cessato il controllo dei cambi la lira crolla. Per acquistare un dollaro nel giugno
del 1914 servivano 5,18 lire, nel dicembre del 1919 servono 13,7 lire. Questo
peggiora nell’aprile del 1920 servivano quasi 23,94 lire… questo significa che
seppure l’Italia esca vittoriosa dal conflitto acquistare ed importare dei beni
diventa un grosso problema.
Nel 1914 il paese produceva in media 50 milioni di quintali di grano all’anno,
ma non erano sufficienti. Era “costretta” ad importare circa 14 milioni di
quintali di grano. Dopo la fine della guerra l’agricoltura è il settore economico
più fortemente colpito. Nel 1920 il raccolto complessivo è inferiore di 18 milioni
di quintali rispetto alla media del 1909/1914. Bisognava importare un
quantitativo elevato di cereali.
Dopo la fine della guerra crebbe la cosiddetta coscienza della vittoria mutilata.
Avevamo vinto la guerra e si discuteva su che destino dovesse avere l’Istria. Il
patto di Londra prevedeva espressamente quale sarebbe stata la sorte dei
territori adriatici, però in questo contesto bisogna fare i conti con i cosiddetti
principi affermati dal presidente Americano Wilson, i famosi 14 punti tra i quali
spicca uno in particolare: il principio di autodeterminazione dei popoli. Bisogna
fare i conti con un assetto geopolitico mondiale profondamente cambiato, con il
ruolo importante che gli stati Uniti assumono dopo la fine della Prima guerra
mondiale.
Che cos’è il principio dell’autodeterminazione dei popoli?
Questo principio sancisce il diritto di un popolo sottoposto a dominazione
straniera ad ottenere l’indipendenza, ad associarsi ad un altro stato o a
scegliere autonomamente il proprio regime politico. Questo costituisce una
norma di diritto internazionale generale, questa norma produce effetti giuridici
ed obblighi per tutta la comunità degli stati.
Che cosa doveva fare l’Italia sul contenzioso sulla sistemazione dei territori
adriatici? Che cosa doveva fare l’Italia alla luce del grosso problema delle
forniture estere?
Inasprire i rapporti non era producente. Si poteva “insistere” maggiormente
nelle trattative ma questo avrebbe avuto delle gravi ripercussioni nelle
forniture estere. Nel luglio del 1919 difronte ad un quadro politico
estremamente complicato si verificano in Italia delle vicende molto gravi, ci
furono episodi di violenza, a scene di gruppi di persone che assaltano i
magazzini, proteste per l’incremento significativo dei prezzi, l’autorità
intervengono con una riduzione forzata della misura del 50% (per calmierare i
prezzi). Questo riesce a contenere l’inflazione ma non basta una legge per
mutare la situazione.
Un altro problema che compare in questo periodo è quello dei reduci, ci sono
migliaia di persone che erano state impegnate nello sforzo bellico e che
rientrando dal fronte si trovano senza lavoro. Questo è un grosso problema
finita la guerra la domanda crolla. Quelle grosse imprese si trovano da un
giorno all’altro con la domanda che crolla, bisogna riconvertire gli impianti da
un’economia di guerra ad una di pace.
Come si presenta il nostro paese all’inizio della grande guerra?
In Italia su 100 persone 28 sono occupate sull’industria, in Francia su 100
persone su 32, in Germania su 100 persone sono occupate 40, in Gran
Bretagna su 100 persone 44 sono occupate all’industria. Nel 1914 in Italia ci
sono circa 5 milioni di proprietari terrieri. Il 90% posseggono meno di un ettaro,
possiedono una quantità di terra che è insufficiente per vivere. Per mantenere
un nucleo famigliare in un’economia di sussistenza devi prendere in affitto
terreni o devi lavorare sulle loro terre lavorando come braccianti.
C’è un sogno da parte dei contadini quello della riforma agraria. Nel 1917
durante la guerra è stato promesso ai contadini che con la fine della Prima
guerra mondiale gli avrebbero dato una parte di terreno. Nel 1919 ci fu un
fenomeno rilevante quello dell’occupazione delle terre incolte e anche delle
terre coltivate. Tanto è che il governo è costretto ad intervenire concedendo ai
prefetti la facoltà di autorizzare la requisizione temporanea di terreni incolti o
mal coltivati.
Questo disagio si esprime non solo con l’occupazione delle terre ma anche con
l’occupazione delle fabbriche.
Qual è la situazione della rappresantività del governo e del parlamento prima
della grande guerra?
Prima della riforma elettorale de Pretis solo il 2% della popolazione votava. Un
altro grande passo avanti viene fatto con la riforma elettorale di Giolitti con la
volontà del suffragio universale maschile.
Nel 1919 si svolgono le nuove elezioni politiche, c’è un nuovo soggetto il partito
popolare. Le elezioni si svolgono sulla base di una nuova legge elettorale dove
viene introdotto il sistema proporzionale per favorire le masse. I due gruppi
sono il partito popolare e il partito socialista italiano. Su un totale di 508 seggi il
partito popolare ne ottengono 106, mentre il partito sociale ne ottiene 150.
Lezione 20/11/2023
Fare un governo cercando un accordo con il partito popolare e il partito sociale
non è semplice.
Nel 19 l’accordo si trova ma durerà pochissimo perché la convivenza non è
semplice. Quando la situazione è “statica” è molto più semplice governare,
mentre governare con un paese che ha livelli d’inflazione altissime e ha
tensioni sociali altissime non è semplice. Giolitti decide di giocare la carta delle
elezioni sperando che le nuove elezioni potessero garantire una stabilità di
governo.
Quale risultato esce dalle elezioni del 1921?
Il partito socialista esce ridimensionato ottenendo 123 seggi rispetto ai 153. Il
partito socialista che si presenta alle elezioni del 1921 non è lo stesso di quello
del 1919 perché il partito socialista nel 1921 conosce una scissione che darà
vita ad un altro soggetto politico, il partito comunista. Il partito popolare passa
da 100 a 108 seggi. C’è un elemento di novità, per la prima volta compaiono i
fascisti che ottengono 35 seggi nei cosiddetti blocchi regionali favoriti da
Giolitti.
Quando si parla di nascita del fascismo abitualmente indichiamo come data il
23 marzo del 1919 quando vengono formati i fasci di combattimento, ma nel
marzo del 1919 non c’è ancora un partito fascista.
Da chi sono formati questi fasci?
Sono formati da Benito Mussolini. Mussolini nasce a Predappio nel 1883 e
morirà fucilato per ordine del comitato di liberazione nazionale il 28 aprile del
1945. Mussolini fino al 1914 era socialista, nel 1914 matura un evento, gran
parte dei socialisti era neutralista mentre lui era interventista. Per questo
motivo viene escluso dal partito. Mussolini partecipa alla guerra e nel dopo
guerra si raccolgono ex combattenti molti di questi teorizzano il cosiddetto di
vittoria mutilata.
Il partito fascista nasce nel 1921 ma prende in poco tempo grossa popolarità.
Ci sono diverse ragioni congiunturali ma anche ragioni di medio lungo periodo.
L’origine del fascismo è strettamente connessa alla trasformazione e alla crisi
che si verifica in Italia durante e dopo la guerra. Per capire le ragioni per il
quale il fascismo si afferma, dobbiamo aver ben presente quali sono i problemi
economici che il paese è chiamato ad affrontare e quali sono le risposte
economiche che i governi danno alla fine del conflitto. Come prima cosa
dobbiamo fare i conti con un’agricoltura in ginocchio. In una situazione di
uguale difficoltà versa anche l’industria che si trova con degli impianti
sovradimensionati. Siamo difronte alla riconversione dell’industria
richiederebbe ingenti capitali. Le industrie per poter sostenere questi costi sono
costrette a sostenere dei grandi prestiti.
Quando inquadriamo la nascita di un movimento politico non possiamo
prescindere da quello che è il contesto economico e quello sociale. Perché sul
piano sociale questa eccezionale mobilitazione è caratterizzata da una
fortissima polarizzazione e da una domanda di partecipazione alla vita politica
del paese che viene da settori della popolazione che prima erano esclusi.
La crisi dello stato sociale che