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CULTURA DEL GIAPPONE

Cultura Yamato e Nara

a partire dal V secolo l’introduzione della cultura cinese in Giappone si intensificò, specie per merito degli immigrati

• (toraijin cinesi e coreani, che portarono con sé conoscenze e tecniche di diversi settori, permettendo uno

渡来人)

sviluppo tecnico e culturale dei giapponesi.

Essendo loro riconoscenti, gli vennero date adeguate sistemazioni anche nella struttura governativa.

• Nel IV secolo vengono introdotti i caratteri cinesi (kanji il confucianesimo (jukyo e il buddhismo

漢字), 儒教)

(bukkyo 仏教).

Il 607 (o il 600 secondo il Suishu) fu il primo anno dell’iniziativa presa da Shotoku taishi con l’intento di

聖徳太子

• introdurre la cultura e civiltà avanzata della Cina.

Si trattò dell’invio di ambascerie dette kenzuishi e, dal 630, kentoshi a Chang’An (Choan

遣隋使 遣唐使 長安).

Vennero inviate circa 20 ambascerie in due secoli e mezzo, nonostante il rischioso viaggio.

Inizialmente le ambascerie partivano a bordo di una o due navi e successivamente formarono una flotta di 4 navi che

• trasportava un totale di 500-600 persone.

• shintoismo(神道 shintō):

La vita dei giapponesi era circondata da innumerevoli divinità dette kami di svariata origine e natura (ottocento

神,

• miriadi di kami yaoyorozu no kami).

神:

Costituiva oggetto di culto qualsiasi cosa purché incutesse timore o fosse dotata di una forza straordinaria e misteriosa,

benefica o malefica che fosse.

Ujigami shinko (culto): Accanto alla credenza primitiva essenzialmente animistica e antica sorse in seguito alla

• formazione dei gruppi di uji un altro tipo di kami ossia le divinità protettrici chiamate ujigami che ogni uji si

氏 神, 氏

assegnava.

La società primitiva giapponese non conosceva la pastorizia ed era essenzialmente agricola.

• Il ritmo della vita era regolata fondamentalmente dai cicli della risicoltura (inasaku Con un officiante nella

稲作).

persona del capo uji venivano celebrati gli incontri (matsuri stagionali tra uomini e kami in particolare il

祭) 神:

toshigoi no matsuri (preghiere per un buon raccolto primaverile) e il niiname no matsuri (ringraziamento autunnale per

il raccolto).

Durante le cerimonie venivano eseguite frequentemente pratiche magiche quali misogi e harai, atti di purificazione

necessari per comunicare con i kami perché essi non gradivano le impurità.

Con l’avvento nel VI secolo del buddhismo(bukkyo l’insieme di questi culti e riti con l’aggiunta di altri

仏旗),

• elementi folkloristici e locali venne distinto come shinto 神道.

Per shinto si intende quindi il complesso di pratiche magiche, usi e costumi sorti intorno alla produzione risicola

神道

• dei giapponesi, non c’erano quindi libri sacri o dottrine.

Durante il Kofun jidai vennero man mano costruiti santuari (jinja) da consacrare ai kami il più famoso è

古墳時代 神,

• l’Ise Jingu dedicato alla divinità centrale nipponica Amaterasu omikami da cui la famiglia imperiale

天照大神,

pretendeva di discendere.

Con il consolidarsi della base dello stato centralizzato, la chotei cominciò ad interessarsi all’attività storiografica e

• produsse a inizio VIII secolo due opere sulla storia del Giappone, inventata o modificata in molte parti a scopo politico

e si identifica, inoltre, con la storia della famiglia imperiale:

Kojiki (712) e Nihon shoki (720)

古事記 日本書紀

Entrambe iniziano dai tempi mitologici.

Il Kojiki è un’opera in prevalenza letteraria e perciò sotto l’aspetto dell’attendibilità il nihon shoki le è superiore,

scritto per elevare il prestigio nazionale nei confronti dei cinesi.

Al fine di tenere i gozoku sotto controllo la chotei introdusse nel campo politico il Ritsuryo Seido nel

豪族 律令制度,

• campo spirituale invece unificò intorno agli antenati della casa imperiale miti e leggende che riguardavano gli ujigami

d’altri uji con l’intento di legittimare la supremazia politica dell’imperatore in base alla “donazione della

氏 天皇

terra” (kuniyuzuri).

La mitologia chiamata Kiki no Shinwa racchiusa nelle due opere venne così creata intenzionalmente

記紀の神話

• presso la chotei.

→ per via della forzatura ci sono incongruenze.

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I primi 14 sovrani di cui parlano i due libri sono ritenuti mitici, quindi mai esistiti.

• fudoki e letteratura:

Nel 713, la chotei ordinò a ciascuna provincia la compilazione di un’opera, fudoki, sulla loro produzione, lo stato della

• terra e il folklore locale. Materiali a noi utili per conoscere la situazione provinciale, dei quali purtroppo la maggior

parte è andata distrutta e oggi ce ne restano solo 5, di cui uno in forma integrale (izumo fudoki).

Alla seconda metà del Nara jidai risale una delle maggiori opere dell’intera letteratura giapponese: il

奈良時代

• Man’Yoshu (raccolta di diecimila foglie) cioè la più antica antologia tramandataci di circa 4500 liriche cantate

万葉集

nell’arco di 400 anni dal IV all’VIII secolo.

Gli autori di tali liriche provenivano da tutti i ceti sociali, dimostrando che la classe dominante manteneva ancora

• contatti diretti con le masse e non viveva in un mondo chiuso e riservato a sé e che anche un contadino o un

sakimori(soldato difensore) improvvisava poesie in qualsiasi momento quotidiano.

il Man'Yoshu contiene oltre 200 azumauta, ovvero le poesie orientali composte da contadini e contadinelle

万葉集

• delle province orientali (togoku).

Il tono prevalente è la schiettezza di animo espressa senza artifici che fece ottenere molti elogi all’opera, poiché

• rispecchia la spontaneità dell’animo degli antichi.

Metrica del waka tradizionale giapponese): l’haku è l’unità fonetica di “durata” rappresentata da ogni

和歌(poesia

• singolo kana e di solito chiamata sillaba (onsetsu). La combinazione di due kana (uno grande e uno piccolo

仮名 仮名

—tranne lo tsu piccolo, lui è un haku singolo) rappresenta un haku. Ciascun haku ha la stessa durata di pronuncia degli

altri, se non per eccezioni.

Le poesie tradizionali giapponesi (nel complesso chiamate waka e non di rado uta) sono composte di due tipi di

和歌

versi, uno di 5 haku e l’altro di 7, solitamente alternati per un certo numero di volte.

Il tanka , poesia breve, è l’unico sopravvissuto fino ad oggi, difatti è predominante nel Man'Yoshu

短歌(5-7-5-7-7) 万

così sin dal Heian jidai all’età moderna e contemporanea waka e tanka erano praticamente

葉集, 平安時代 和歌 短歌

sinonimi.

Altri due tipi sono choka e sedoka, poesia lunga e poesia a forma iterata.

Un fenomeno raro nella composizione è il jiamari, ovvero quando c’è un kana di troppo in un verso.

仮名

La prima scrittura che i giapponesi ebbero a disposizione furono i caratteri cinesi detti in giapponese kanji usati

漢字,

• inizialmente dai toraijin e loro discendenti operanti alla Yamato chotei come scribi. Essi eseguivano

渡来人 大和朝廷

lavori di stesura e registrazione in lingua cinese ma poi man mano cominciarono a tentare di traslitterare il giapponese

in kanji 漢字.

Ai tempi della sovrana Suiko (592-628) anche i colti giapponesi scrivevano il giapponese in caratteri cinesi,

推古天皇

• successivamente nel Nara jidai li adoperavano con scioltezza.

奈良時代

L’idea di fondo consisteva nell’utilizzare i kanji come segni fonetici, trascurandone l’aspetto semantico.

漢字

• I kanji usati nell’età antica come fonogrammi si chiamano Man'Yogana poiché il Man'Yoshu

漢字 万葉仮名, 万葉集

ne è ricco… rendendosi tuttavia difficile da decodificare per il metodo astruso d’impiego dei kanji gia nel

漢字

successivo Heian jidai 平安時代.

• buddhismo:

Il buddhismo è l’insieme di dottrina e pratica per la liberazione dal dolore dell’esistenza umana, che predica lo ho e

• risale all’insegnamento di Siddhartha Gotama, principe indiano della stirpe sakya della regione himalayana.

In giappone Gotama è meglio noto come Butsuda o Budda, Shaka, Shakuson e Seson.

Per Gotama la vita è piena di un dolore radicato nell’animo poiché ci si inganna e ci si aggrappa a cose prive di natura

• propria che sono destinate a subire continui mutamenti (per via dell’engi che è un originarsi indipendente) e a venire a

mancare. Di conseguenza, per eliminare questo attaccamento bisogna rendersi conto che nulla può rimanere immutato

in eterno, liberandoci dall’ignoranza della verità (法 hō=dharma) e rendendoci conto dell’engi ci si renderà liberi così

dal dolore, spezzando una catena di reincarnazioni e ritrovandoci in quello stato di perfetta quiete chiamato nirvana.

Nel III secolo a.C. sotto la protezione del re Asoka il buddhismo si diffuse per tutta l’India (scomparso e assorbito

• dall’induismo verso fine XII sec).

Intorno al 200 d.C. il buddhismo acquisì una nuova dimensione con Nagarjuna, monaco-filosofo indiano che teorizzò

• la concezione dello shoho muga con il termine “vuoto” (ku): tutto è vuoto (issai kaiku), ossia tutte le cose sono prive

di natura propria in quanto esistono condizionate reciprocamente secondo la legge dell’engi.

Da qui deriva il fatto che la vita quotidiana e il nirvana sono da considerarsi una stessa cosa.

Quindi, darsi alla vita buddhista non significava più cercare di afferrare il nirvana (nehan) poiché non c’è niente da

• afferrare ma non ce ne si rende conto per mancanza della vera saggezza, una facoltà intuitiva che ci consente di vedere

le cose così come sono.

Si cominciò a credere in una serie di buddha e bodhisattva(bosatsu), ovvero coloro che avevano fatto voto di entrare

• definitivamente nel nirvana soltanto dopo aver salvato tutti gli altri esseri viventi.

Si assiste così alla nascita del buddhismo mahayana o daijo bukkyo veicolo) che si distingue dal

大乗仏教(grande

buddhismo conservatore, hinayana o shojo bukkyo (piccolo veicolo).

Il daijo bukkyo o anche hoppō bukkyo è quello presente in Giappone.

大乗仏教 北方仏教

• Nel VI secolo (538) il buddhismo venne trasmesso alla corte dello Yamato da Paekche, questo avvenimento si

大和

• chiama bukkyo koden. (trasmissione ufficiale del buddhismo).

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I giapponesi non riuscirono a capire la dottrina buddhista, per

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/22 Lingue e letterature del giappone e della corea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mitrael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Giapponese 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Tisi Maria Elena.
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