CUBA
Dati attualità
Forma di Stato: Repubblica socialista di diritto, Stato socialista, democratico, indipendente
e sovrano.
Forma di Governo: Sistema con partito unico (Partido Comunista di Cuba, PCC) ed
organismo statale che concentra potere esecutivo e legislativo: il Presidente della
Repubblica è eletto dall'Assemblea Nazionale; inserito anche un Primo Ministro nel 2019.
Sistema Elettorale / Elezioni: L’Assemblea Nazionale del Potere Popolare è eletta con
mandati quinquennali.
I candidati sono selezionati in gran parte da organismi controllati dal partito (come la
Commissione Nazionale delle Candidature) e dalle organizzazioni sociali legate al PCC.
Referendum per la Costituzione (ultima grande revisione nel 2019) approvato con larga
maggioranza.
Popolazione: Circa 11+ milioni di abitanti.
PIL (nominale, USD): $107,35 miliardi (2023)
PIL pro capite: 7.433 USD (2023)
Il periodo coloniale
Cuba, spesso definita la Perla delle Antille, è un’isola che per secoli ha rappresentato una
delle più preziose colonie dell’Impero spagnolo. La sua ricchezza principale derivava dallo
zucchero: si diceva infatti che senza zucchero non c’è Cuba, tanto che l’isola finì per
diventare una vera e propria prigione di zucchero, dipendente economicamente da questa
monocultura e dal lavoro degli schiavi africani che ne alimentavano la produzione. Durante
il periodo coloniale, Cuba rimase l’isola sempre fedele a Madrid: mentre gran parte
1810 e il 1825, Cuba non aderì ai
dell’America Latina si ribellava al dominio spagnolo tra il
moti d’indipendenza, perché le élite economiche e politiche godevano di benefici
economici considerevoli, la paura delle rivolte schiaviste era molto alta, la presenza
spagnola garantiva stabilità, gli interessi stranieri scoraggiano rivolte premature, e mancava
ancora un’identità nazionale consolidata. Solo quando questi fattori cambiarono, tra crisi
economica, abolizione della schiavitù e nascita di un sentimento patriottico, l’isola iniziò a
lottare concretamente per la propria indipendenza a partire dal 1868. Alla metà
dell’Ottocento contava circa 700.000 abitanti, di cui più della metà erano schiavi impiegati
nelle piantagioni di canna da zucchero.
Negli anni Quaranta e Cinquanta dell’Ottocento emersero tentativi di annessione agli Stati
Uniti, ma senza successo. La primo tentativo di rivolta per ottenere l’indipendenza scoppiò
1868: fu la cosiddetta Guerra dei Dieci Anni (1868-1878), che vide contrapporsi
nel
l’oriente dell’isola, più rivoluzionario e contro il quietismo, all’occidente, più legato agli
interessi coloniali spagnoli. La guerra terminò con il Patto di Zanjón (1878), che concesse
una maggiore autonomia amministrativa, la libertà di commercio e una rappresentanza
1886.
nelle Cortes spagnole, oltre alla graduale abolizione della schiavitù, completata nel
Il nazionalismo cubano
In questo contesto maturò la figura di José Martí (1853-1895), padre del nazionalismo
cubano e una delle personalità più influenti dell’America Latina del XIX secolo. Nel 1892
fondò a New York il Partido Revolucionario Cubano, con l’obiettivo di unire gli esuli
cubani (patrioti, intellettuali e militanti politici che furono costretti a lasciare Cuba per motivi
politici) e preparare la lotta definitiva per l’indipendenza. Martí fu anche presidente
dell’Asociación Literaria Hispanoamericana, attraverso la quale promosse un ideale di
indipendenza non solo politica, ma anche giuridica, intellettuale, spirituale e culturale di
Cuba e dell’intera America Latina.
Per Martí, la cubanidad — l’identità culturale e morale del popolo cubano — era essenziale:
Cuba doveva affermare la propria specificità senza cadere nell’imitazione cieca
dell’Europa o degli Stati Uniti. La formazione e l’educazione del popolo erano, per lui,
strumenti fondamentali di emancipazione. Nel suo pensiero si manifesta anche una
precoce critica all’imperialismo statunitense ed europeo, ponendo così le basi di un forte
antimperialismo latinoamericano.
Dalla seconda guerra d’indipendenza influenza degli Stati Uniti
Nel 1895 scoppiò la seconda guerra d’indipendenza cubana, guidata anche dallo stesso
Martí, che però morì poco dopo l’inizio dei combattimenti. Tre anni più tardi, nel 1898, la
situazione precipitò con l’intervento diretto degli Stati Uniti nella guerra ispano-americana.
Questo breve conflitto — definito in America “a splendid little war” — portò alla sconfitta della
Spagna, ricordata come El Desastre del ’98.
Il 10 dicembre 1898 fu firmato il Trattato di Parigi, che sancì la fine dell’impero coloniale
spagnolo: la bandiera spagnola fu ammainata e quella a stelle e strisce issata. Tuttavia,
Cuba non era presente al tavolo delle trattative, segno che la sua indipendenza era
ancora incompiuta.
Dopo l’uscita di scena della Spagna, Cuba passò sotto l’influenza statunitense: una nuova
forma di dipendenza economica e politica. L’isola, pur formalmente indipendente, rimase per
decenni legata a Washington, fino alla rivoluzione del 1959, quando Fidel Castro e i
Socialismo dei Tropici, modello che
rivoluzionari instaurarono quello che venne definito il
adatta i principi del socialismo marxista alle condizioni storiche, geografiche e culturali
dell’isola. Combina la proprietà statale dei settori strategici con forti politiche sociali
(sanità, istruzione, uguaglianza) e un marcato antimperialismo.
Il governo rivoluzionario affermò che “tutto è negoziabile, ma non il sistema socialista”,
riaffermando la sovranità politica e la resistenza alle pressioni esterne. Allo stesso tempo,
però, Castro dichiarò: “No vamos a ser eternos gobernantes” — non saremo governanti
eterni —, sottolineando che la rivoluzione doveva restare un processo del popolo, non
una dittatura personale.
La Guerra Ispano Americana del 1898
Nel 1898 ebbe luogo la Guerra ispano-americana, un conflitto breve ma decisivo che
segnò una svolta epocale nella storia mondiale: la fine dell’impero coloniale spagnolo e
l’ascesa degli Stati Uniti come nuova potenza globale.
Le cause della guerra sono molteplici e si possono ricondurre a motivazioni politiche,
economiche e geopolitiche.
Dal punto di vista politico, la guerra rappresentò l’epilogo dei moti per l’indipendenza
cubana iniziati nel 1895 — il secondo grande tentativo di liberare l’isola dal dominio
spagnolo. Le tensioni tra ribelli e autorità coloniali generarono un clima di instabilità
crescente, attirando l’attenzione degli Stati Uniti, che già da tempo nutrivano interessi
strategici ed economici su Cuba.
Un evento determinante fu l’esplosione della corazzata americana Maine nel porto
15 febbraio 1898, che causò la morte di oltre 250 marinai statunitensi.
dell’Avana, il
Sebbene le cause dell’esplosione non fossero mai state chiarite del tutto, la stampa
americana — animata da un forte spirito sensazionalista (yellow journalism) — accusò
immediatamente la Spagna, alimentando un’ondata di indignazione pubblica che spinse
Washington a lanciare un ultimatum.
Il 20 aprile 1898, il Congresso degli Stati Uniti autorizzò l’intervento militare, dichiarando
che lo scopo dell’azione era esclusivamente quello di pacificare l’isola, e non di annetterla.
Tuttavia, i fatti dimostrarono che gli Stati Uniti miravano a ben più di una semplice missione
umanitaria.
Dal punto di vista economico, Cuba rappresentava già da tempo un interesse vitale per
Washington. Durante il periodo coloniale, infatti, circa il 40% dello zucchero cubano veniva
esportato verso gli Stati Uniti, mentre solo il 12% era destinato alla Spagna. Le imprese
americane avevano investito capitali significativi nel settore saccarifero, minerario e in
servizi pubblici come luce e acqua, creando una rete di interessi economici che legava
strettamente l’isola al mercato statunitense.
Sul piano geopolitico, gli Stati Uniti ambivano a eliminare la presenza spagnola — e più in
generale europea — dal continente americano, in coerenza con la Dottrina Monroe (1823),
che proclamava “l’America agli Americani”. Cuba occupava una posizione strategica:
controllare l’isola significava dominare l’accesso al Golfo del Messico e garantire la difesa
delle rotte commerciali e delle posizioni statunitensi in America Centrale.
Gli eventi principali
Il conflitto, definito dalla stampa americana una “splendid little war”, durò appena pochi mesi,
dal aprile all’agosto del 1898. Le forze spagnole, impreparate e logorate, furono
10 dicembre 1898, con la firma del Trattato di Parigi, la Spagna
rapidamente sconfitte. Il
riconobbe la perdita di molti Stati tra cui Cuba, di Porto Rico, delle Filippine e di Guam.
Tuttavia, Cuba non fu invitata ai negoziati, restando esclusa dal processo decisionale sul
proprio destino: la sua indipendenza era stata ottenuta formalmente, ma non
sostanzialmente.
Le conseguenze: dal secolo britannico al secolo americano
La guerra del 1898 segnò la fine del “secolo britannico” e l’inizio del “secolo americano”.
Con la sconfitta della Spagna, gli Stati Uniti emersero come nuova potenza mondiale e
come dominatori indiscussi del continente americano.
Il Regno di Spagna abbandonò definitivamente le Americhe, chiudendo un ciclo coloniale
durato quattro secoli. Gli Stati Uniti, invece, consolidarono la loro posizione nell’America
Centrale, trasformando la regione in una sorta di “lago americano”, area di influenza diretta
o indiretta sotto la loro sorveglianza.
Sul piano culturale e ideologico, la vittoria alimentò negli Stati Uniti un senso di superiorità
nei confronti dei popoli latinoamericani, considerati “da civilizzare” secondo un’ottica
paternalista e imperialista. Questo atteggiamento trovò espressione nel Corollario
Roosevelt (1904) alla Dottrina Monroe, che giustificava gli interventi americani come mezzo
per garantire stabilità, ordine e sviluppo economico, e per proteggere il continente dalle
potenze europee.
Dal protettorato statunitense alla rivoluzione di Castro (1898-1959)
Dopo la guerra ispano-americana del 1898, Cuba ottenne formalmente l’indipendenza
dalla Spagna, ma di fatto divenne un protettorato degli Stati Uniti. Washington esercitava
un controllo politico, economico e militare molto forte sull’isola.
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