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E LA DEMOCRAZIA SOVRANA
L’impero ironico e la teologia del patriottismo: il lungo Stato
di Putin
La democrazia occidentale, come afferma Surkov (tecnologo
politico), si basa sull’illusione della scelta. Il rifiuto di tale
illusione ha condotto la Russia sulla retta via del realismo
della predestinazione, inducendola a riflettere sul suo
La Russia di Putin ha forgiato,
cammino storico speciale.
secondo Surkov, un nuovo modello di Stato destinato a
durare nel tempo: il lungo Stato di Putin . La storia russa ha
conosciuto 4 principali modelli di Stato (Stato di Ivan III, Stato di
Pietro il Grande, Stato di Lenin e Stato di Putin) e la grande
macchina creata da Putin è così destinata a durare come la V
Repubblica di De Gaulle o come gli Stati Uniti dei padri fondatori.
Per Surkov il putinismo, avendo una peculiarità
specificamente russa, non può essere confuso con il
sovranismo e il populismo euro-americano. La Russia di Putin
ha posto al centro della propria politica estera la sovranità e gli
interessi nazionali; nel contempo, in Europa e negli USA, si è
manifestata la deglobalizzazione, la sovranità e il nazionalismo.
D’altro canto, l’egemonia americana sembra declinare, la scena
socio-politica occidentale non è più dominata dalla borghesia, ma
da una maggioranza robotizzata risentita e sfiduciata. In Russia
invece il sentimento nazionale è radicato e l’élite nazionale
è attiva e coinvolge il popolo nelle sue decisioni. Il modello di
Stato russo si basa sulla personificazione del potere e sulla
fiducia del popolo e, secondo Surkov, è destinato, nel confronto
geopolitico con l’Occidente declinante, ad avere una lunga e
gloriosa storia.
Zirinovskij rivendica la primogenitura dell’idea del lungo
Stato di Putin quando nel dicembre 1993 vinse le elezioni
parlamentari, quale contraltare al varo della costituzione
imposta manu militari da Eltsin e dalla sua cerchia di
oligarchi. L’idea del lungo Stato di Putin è apparsa ai suoi critici
come una distopia che subordina le istituzioni politiche e la società
civile alla personalità del Presidente russo. Dal canto suo Pavloskij
ha definito il lungo Stato di Putin un impero ironico, in quanto
incompiuto e alieno dalla realtà fattuale. Nel secolo delle imitazioni,
la Russia ha sviluppato un proprio modello di simulazione
alternativa. Nell’ambito dell’Unione Europea invece i paesi post-
comunisti hanno imitato le democrazie liberali occidentali al fine di
essere inclusi nello spazio economico europeo. Infatti i nazional-
populismi dell’Europa centro-orientale non si ispirano al modello
russo. Il revanscismo del tardo Putin, incentrato sull’esaltazione del
mito della Grande Guerra Patriottica, non cela l’intenzione di
restaurare l’URSS, ma è espressione dell’ammirazione per la
volontà di potenza dell’era staliniana.
Nonostante l’apparente marzialità, Pavloskij afferma che il
putinismo è un “populismo di velluto” che crea dei simulacri al fine
di suscitare controversie, distogliendo il popolo dalle questioni
autenticamente dirimenti. Dalla fine degli anni Ottanta l’intero
spettro politico russo è stato populista: al posto dell’ideologia si è
imposto il primato del leader redentore alla ricerca del consenso
populista (“la più alta forma di democrazia è la dittatura assoluta di
un autentico democratico”). Tale paradossalità è emersa con
evidenza nell’ottobre 1993 quado la democrazia militar-elettorale di
Eltsin ha imposto con i carri armati il referendum sulla nuova
costituzione e le elezioni di dicembre della Duma. Il populismo di
velluto in Russia esclude a priori la ribellione delle masse,
perché è impegnato a depoliticizzare il popolo. Al centro
della trama personale si pone sempre Putin: le elezioni sono
fittizie e sono solo uno strumento per rafforzare in maniera
plebiscitaria l’autorità della leadership nazionale. La
propaganda elettorale si basa su complessi semantici inventati e
progettati per suscitare una mobilitazione istantanea; tra questi
complessi semantici il più efficace è quello della Russia minacciata
dalla globalizzazione: il mondo al di fuori della Russia è
rappresentato infatti come minaccioso e malvagio (personocrazia).
Geo-filosofia della democrazia sovrana
Al fine di contrastare l’internazionale rivoluzionaria globale che tra il
2003 e il 2005 ha fomentato le rivoluzioni di velluto nello spazio
post-sovietico (Georgia, Ucraina, Kirghizistan), nel 2006 Surkov ha
elevato ad idea russa del XXI secolo un concetto ideologicamente
la democrazia sovrana
potente: . La democrazia sovrana
significa autocrazia del popolo e della nazione, quale
espressione della forza e della dignità del popolo russo
attraverso il potenziamento della società civile, della
sicurezza dello Stato e del sistema economico. Al fine di
la Russia deve essere libera di
salvaguardare la propria sovranità,
sviluppare un ordine democratico confacente alla propria tradizione
politica, con uno Stato centralizzato che garantisca la coesione di
una federazione multietnica. Il totalitarismo comunista non è stato
un prodotto autoctono della cultura politica russa, ma ha una
derivazione hegelo-marxista: il pensiero politico russo si fonda
comunque sulla libertà e sulla giustizia. Dal crollo dell’URSS sono
emersi l’economia di mercato e un sistema multipartitico che, nel
corso degli anni Novanta, è stato dominato dall’oligarchia affaristica
che si è arricchita smodatamente. Nel caos è emersa una élite
nazionale che ha liberato il popolo dal tallone di ferro dell’oligarchia.
La democrazia sovrana si deve difendere da due minacce: la
revanche dell’aristocrazia e l’isolazionismo patriottico che aspira a
creare una fortezza Russia non dissimile dall’Unione Sovietica.
Tuttavia, la democrazia deve essere forgiata secondo quei canoni
della cultura politica russa. Surkov ha affermato che i canoni
archetipici della cultura politica russa sono essenzialmente
tre: (1) un forte potere centralizzato, (2) l’idealizzazione
della lotta politica e (3) la personificazione delle istituzioni
politiche (a partire da Ivan III). La costituzione del 12 dicembre
1993 ha forgiato un sistema politico superpresidenziale: la
democrazia sovrana è stata paragonata a quello stato
d’eccezione definito da Carl Schmitt “dittatura
commissaria”. La dittatura commissaria, senza sovvertire l’ordine
costituzionale, conferisce al presidente un potere che
comporta la soppressione dei limiti legali e la facoltà di
interferire nei diritti di terzi se le circostanze lo richiedono.
Le “eccezioni dettate dalle circostanze” sono, secondo Schmitt, un
concetto che contraddice logicamente a una regolamentazione
generale della legge. Per questo la demokratura in Russia
concepisce la sovranità come stato d’eccezione permanente.
La democrazia sovrana viene interpretata sia come una forma
peculiare di populismo elitista e statalista, sia come una sorta di
restaurazione autoritaria che ha detronizzato la sovranità popolare.
Diversamente dal populismo nazionalista, quale fenomeno trans-
europeo che ha attecchito nella nuova Europa centro-orientale post-
comunista, la democrazia sovrana non è altro che il rovescio
della medaglia del populismo. Infatti nel momento populista
coesistono due tendenze: la tirannia della maggioranza (Venezuela);
l’ascesa al potere di un’élite manipolatrice (Russia). La
democrazia sovrana impedisce la formazione e la rappresentanza di
una maggioranza ostile e pericolosa, mobilitando il popolo nella
difesa della sovranità dello Stato. Inoltre con l’ascesa al potere
di Putin è stato forgiato un modello piramidale di società,
con alla base la maggioranza dei cittadini e al vertice l’élite
politica ed economica: il vertice della verticale del potere è
il Presidente. Il carattere autoctono del suo lungo Stato
rivendicato da Putin è però enigmatico e contradditorio e sembra
essere una versione nazional-patriottica delle aspirazioni
dell’eccezionalismo russo. Negli anni Novanta i profeti dell’agonia
consideravano l’idea russa come una ripulsa reazionaria della
modernizzazione e della democrazia. L’ideale politico dell’idea russa
fonde tra loro 3 diversi ideologemi:
La civiltà russa è distinta da quella occidentale e il suo sviluppo
storico segue una “via speciale”
Il popolo russo ha una missione storico-mondiale da compiere
La politica è considerata dal punto di vista morale e religioso
All’indomani del crollo dell’URSS, la Russia è stata governata
dall’ala più radicale del movimento democratico che voleva
imprimere un corso accelerato alla transizione verso
l’economia di mercato ed instaurare una democrazia di tipo
occidentale. Durante quell’epoca però non sono state realizzate
riforme politiche fondamentali in senso democratico ed è stato
istituito un peculiare sistema del presidente fondato sull’autorità e
sul carisma personale di Eltsin (coalizzato sia con la corrente
populista che con quella occidentalista). Nel conflitto che, nel 1993,
lo ha contrapposto al Congresso dei deputati del popolo e al Soviet
Supremo, Eltsin ha affermato la propria superiore legittimità
democratica suggellata dall’investitura popolare e, nel momento più
drammatico dello scontro, ha contemplato la possibilità di appellarsi
direttamente al popolo. L’obiettivo della transizione non era la
democrazia, ma l’instaurazione di un governo, verso il quale
il popolo doveva riporre un’incondizionata fiducia. Verticale
del potere e democrazia sovrana sono le formule destinate a
contrassegnare la Russia di Putin.
La democrazia di tipo occidentale non si basa sull’idea di
sovranità, ma sull’idea di “privatizzazione del potere”. La
democrazia sovrana rende impossibile l’emergere della
rappresentanza politica di una “maggioranza pericolosa”,
mobilitando il popolo nella difesa della sovranità nazionale. Gli
apologeti considerano la democrazia sovrana come un
autentico e concreto sviluppo autoctono di istituzioni
democratiche scevro da qualsiasi ingerenza esterna. Per i
critici invece la democrazia sovrana è un’operazione virtuale e di
marketing ideologico per giustificare la svolta autoritaria di Putin. Il
dibattito sulla democrazia sovrana si è