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SEMMAI METTI COSA PAC

SEMMAI METTI COSA OECE

COSA QUINDICENNIO

RELAZIONI CON IL MEDITERRANEO

Uno dei principali tratti distintivi dell’integrazione europea tra la fine degli anni ottanta e

l’inizio degli anni novanta è rappresentato dallo sviluppo del Partenariato Euro-Mediterraneo

istituito dalla conferenza di Barcellona del novembre 1995. Infatti, con questa conferenza si

ha come scopo la creazione di una nuova triade di figure che rappresentano una sorta di

vertice che deve dare coesione/forma alla figura dell’UE nel contesto internazionale.

Nel corso degli anni 80 la politica mediterranea della cee vive una fase di stallo in quanto

mancavano i fattori che favorissero la crescita come ad es l’impulso della cooperazione tra

le due sponde del mediterraneo, e solo con l'inizio degli anni 90 che la cee

(successivamente ue) mette al centro della propria agenda esterna i temi del mediterraneo.

Una serie di fattori portano al rilancio delle relazioni: in primo luogo cambia la visione

comunitaria del fenomeno dell’immigrazione credendo che la questione non debba essere

risolta solamente a livello nazionale, ma a livello europeo, con l'obiettivo di promuovere

stabilità e sviluppo nel mediterraneo; collegato a ciò si vede il problema del fondamentalismo

islamico che mina la sicurezza esterna e la stabilità dei paesi.

In questo contesto appare urgente per le istituzioni europee dotarsi di strumenti efficaci di

politica estera per far fronte a queste sfide.

L’Europa si trova in una posizione di totale marginalità, visto il ruolo egemone rivestito dagli

USA nelle dinamiche del mediterraneo, pertanto inizia a strutturare una iniziativa

mediterranea che le consenta di affermare una presenza politica nella regione. L’idea era

quindi quella di una sorta di burden sharing mediterraneo: l’Europa avrebbe integrato sul

piano economico, sociale e culturale le iniziative politiche e di sicurezza messe in piedi

dagli Stati Uniti. Il quarto allargamento dell’UE del 1995 (Austria, Svezia e Finlandia), unito

alla forte spinta impressa dall’Unione verso Est al fine di agganciare i paesi dell’Europa

centro-orientale (PECO) dopo la dissoluzione del blocco sovietico, sembrava disegnare una

chiara gerarchia di priorità nelle strategie di sicurezza europee. Italia, Francia e Spagna

apparivano unite dalla preoccupazione di trovarsi alla periferia di una comunità proiettata

verso Est, ma fu soprattutto la Spagna a farsi interprete della necessità che il processo di

adesione dei paesi dell’Est non andasse a scapito dei rapporti con la sponda Sud.

In tale contesto nei primi anni 90 iniziano a delinearsi due proposte strategiche da attuare

nel mediterraneo: la prima prevede l’istituzione di una conferenza sulla sicurezza e la

cooperazione nel mediterraneo, fondata sulla sicurezza economica e affari sociali, aperta

alla partecipazione di tutti i paesi dell’UE e mediterranei, oltre che USA, URSS e monarchie

petrolifere del golfo; una seconda, sviluppata all’interno della commissione europea, avanza

l’ipotesi di costituire un partenariato tra UE e mediterraneo, fondato su dimensione sociale

culturale ed istituzionale.

La conferenza di Barcellona segna l’atto di nascita del PEM (convenzione

paneuromediterranea) che si fonda su tre pilastri: dialogo politico e di sicurezza,

cooperazione economica e finanziaria, partnership sociale culturale ed umana, ed ha come

scopo fondamentale il raggiungimento della pace e stabilità nell’area, attraverso questi

pilastri.

L’introduzione di questo principio indica la volontà dei paesi europei di costruire un approccio

condiviso e non limitarsi più a proiettare nel mediterraneo le iniziative europee.

Almeno in teoria, Barcellona segna il superamento delle precedenti politiche comunitarie che

in effetti non avevano raggiunto gli scopi auspicati, restando sempre ancorate a un'idea

paternalistica di assistenzialismo e sostegno, di derivazione coloniale o post-coloniale. La

nuova impostazione è desumibile già dalla terminologia usata: non si tratta più di paesi in via

di sviluppo, o di paesi terzi mediterranei, bensì di paesi partner. Si delinea quindi il concetto

di partenariato, che opera in ambito multiculturale, nel rispetto delle caratteristiche, dei valori

e delle specificità di ogni paese, riconoscendo pari dignità ai partners e soprattutto mettendo

in luce i reali squilibri tra le due rive del Mediterraneo.

I motivi del sostanziale fallimento di Barcellona sono stati al centro di un vasto dibattito

politico ed accademico, dal quale sono scaturite tre principali chiavi di lettura. La prima ha

collegato la crisi del Partenariato alle dinamiche complessive del progetto di integrazione

europea. La priorità assegnata dall’UE all’allargamento ad Est e alla missione storica di

«riunificare» l’Europa dopo le divisioni della guerra fredda, avrebbe contribuito in modo

decisivo a marginalizzare il processo di Barcellona nell’agenda comunitaria. Anche

l’adesione di Cipro e Malta nel 2004 avrebbe inceppato il meccanismo del PEM,

sbilanciandone la composizione a favore dei paesi arabi, mutandone la natura da

euro-mediterraneo a euro-arabo. La seconda linea interpretativa ha ricondotto i risultati

modesti del PEM a fattori di tipo esogeno. In tal senso, il fallimento del processo di pace

israelo-palestinese e il clima internazionale post-11 settembre avrebbero reso impossibile il

compimento del progetto di Barcellona. La sfida del terrorismo internazionale avrebbe

offuscato il capitolo democratico di Barcellona, spingendo l’UE a scegliere di «non morire

per la democrazia», preferendo investire sulla stabilità dei partner meridionali piuttosto

che sulla promozione di riforme dagli esiti incerti. La war on terror condotta

dall’amministrazione Bush, con il sostegno di alcuni paesi europei, avrebbe infine affondato

definitivamente il progetto di Barcellona. Il disegno americano di democratizzazione del

Grande Medio Oriente si sovrapponeva a quello del Partenariato, determinandone l’ovvio

indebolimento e contribuendo inoltre a minare la credibilità dell’Europa come democracy

promoter presso le opinioni pubbliche del mondo arabo. La terza scuola di pensiero, invece,

ha attribuito gli scarsi esiti di Barcellona alle sue stesse insufficienze.

Secondo questi analisti, il disegno del PEM presentava diverse carenze strutturali. In primo

luogo, l’idea di un Mediterraneo come mare unico, in cui potesse funzionare un approccio

comune a tutti i paesi. In secondo luogo, la sopravvalutazione della disponibilità dei paesi

della sponda Sud ad intavolare un dialogo così profondo ed articolato con l’Europa, centrato

anche sui temi politici e dei diritti umani. In terzo luogo, la fiducia eccessiva posta nel

modello neo-liberale di sviluppo.

L’istituzione della PEM fu importante per la politica di sicurezza europea nei confronti delle

sfide provenienti dal bacino del mediterraneo, però la questione fu affrontata in maniera

disarticolata ed in base alle differenti priorità di politica estera dei partner europei e non in

un'ottica unitaria inizialmente ideata con la dichiarazione di Barcellona. Ad esempio, L’UE

non si apre al commercio delle merci PAC- protezionismo in materia di prodotti agricoli

quindi questo partenariato è una apertura unilaterale dei paesi della sponda sud al

commercio internazionale.

RELAZIONI CON AFRICA

Nelle origini del trattato di Roma nasce l’idea di “eurafrica” che corrispondeva ad un regime

di associazione, di aiuti finanziari e di libertà degli scambi che i paesi africani avevano con le

rispettive madrepatrie.

Questo sistema venne confermato nel 1963, dopo che le colonie africane erano diventate

indipendenti, dopo vari negoziati, attraverso la Convenzione di Yaoundé che prevedeva una

area di libero scambio più un fondo europeo di sviluppo (Fes) gestito dalla Commissione ma

finanziato dagli Stati membri. L’obiettivo della Francia era di fare della CE una tappa della

decolonizzazione. Anche altri paesi africani come Kenya Tanzania e Uganda decisero di

agganciarsi all linea Yaounde ma a causa della guerra in Nigeria i negoziati non andarono a

buon fine. questo sistema venne molto criticato di creare tra i pvs delle discriminazioni e di

essere favorevole solo per la Francia, ma nonostante ciò nel 69 venne rinnovata la

convenzione .

Nel 1971, dopo un negoziato da parte di uk, si sviluppò il sistema delle preferenze

generalizzate all’interno della ce che consisteva nel l’annullamento dei dazi verso i pvs ed

esprimeva la volontà che le economie di questi paesi dovessero diventare economie

manifatturiere e quindi ricevere aiuti. Durante il G77 egli anni 60 questi paesi portarono

all’attenzione internazionale il tema sulla stabilizzazione dei prezzi delle materie prima, ma

nonostante queste richieste fu solo nel decennio successivo che i pvs ricevettero maggior

udienza, anche a causa di un insieme di fattori come lo shock petrolifero, e l’ingresso dell uk

nel ce. tra il 73 e 75 si tennero i negoziati per gli Accordi di Lomé che descrivevano una

nuova formula dei rapporti nord sud, con al nord come “portavoce” il commissario francese

Claude Cheysson e al sud la Nigeria.

Questo accordo perdeva l’abolizione del sistema di preferenze con la fine di una zona di

libero scambio euro-africana cessando quelle relazioni con le ex colonie; l’aumento di aiuti

finanziari e la cooperazione industriale. Tali finanziamenti non prevedevano una

condizionalità politica ed economica, ovvero non dovevano dipendere dall’ordinamento

politico e dal livello economico dei paesi. Inoltre l’accordo prevedeva l'integrazione sub

regionale, modificando le strutture di fondo delle relazioni nord - sud, e l’istituzione dello

stabex che serviva a compensare le variazioni dei prezzi dei prodotti agricoli.

Nella metà degli anni 80 il sistema di lomè vede un deterioramento a causa della decisione

di inserire nel progetto la condizionalità economica (che nel negoziato veniva esclusa); di

elementi estranei al sistema stesso come crisi climatiche e carestie nei paesi africani, il calo

dei prezzi delle materie prime, la diffusione dell'AIDS e l’aumento del debito; ma anche a

causa di elementi interni agli stessi paesi africani dove i propri leader iniziano a perdere

consenso.

Nonostante ciò il sistema vede diversi rinnovi, prevedendo liberalizzazione, apertura agli

investimenti Esteri e crescita della tassazione.

Negli anni 90 venne inserita la condizionalità politica in modo formale che portò al

progressivo declino del sistema di lomè perdendo credibilità.

Nel 95 si ebbe l’ultimo rinnovo di Lomè 4 bis, ma essendo ormai uno strumento u

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Scienze politiche e sociali SPS/06 Storia delle relazioni internazionali

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