Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 42
Storia della filosofia I Pag. 1 Storia della filosofia I Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 42.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia della filosofia I Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 42.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia della filosofia I Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 42.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia della filosofia I Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 42.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia della filosofia I Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 42.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia della filosofia I Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 42.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia della filosofia I Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 42.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia della filosofia I Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 42.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia della filosofia I Pag. 41
1 su 42
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Bulgaria) e, come tutti i barbari, era un personaggio da tenere a distanza; proprio per

questo risultava essere misterioso ed interessante. Di lui si inizia a parlare attorno al

VI secolo a.C., come di un personaggio a metà tra lo storico e il mitico. Egli, oltre ad

essere un poeta e un cantore, era anche un incantatore poiché con il suo canto

riusciva a persuadere chiunque e qualunque cosa. Era legato al mondo degli inferi.

Egli veniva visto come il detentore di un sapere misterico, poiché aveva rapporto con

il mondo dei morti ed era riuscito anche a trascinarne uno per ricondurlo alla vita.

L’orfismo è la prima dottrina in occidente che sostiene una antropologia dualistica,

ovvero che l’uomo è un composto di anima e corpo che però non sono fatti della

stessa natura e non sono destinati allo stesso fine. Ad esempio, nei poemi di Omero,

le anime sono dei fantasmi che hanno un ricordo lontanissimo del mondo nella Terra,

poiché, per Omero, l’uomo vero non è colui che sopravvive nell’aldilà, bensì l’eroe

valoroso che combatte e agisce: il vivo, non il morto. Ciò che resta dunque dell’uomo

quando muore, nell’Ade (negli inferi), non ha più niente dell’uomo vero. Gli Orfi,

invece, sostengono esattamente l’opposto, ovvero che l’uomo vero non sia il

contenitore, quindi il corpo, ma la sua anima, che è immaginata come uno spirito

che per una colpa non precisata è stata incarcerata in un corpo dal quale cerca di

uscirne attraverso reincarnazioni e rituali, e comportamenti ascetici che la aiutino a

liberarsi dai legami corporei (es. smettendo di mangiare carne). Il concetto di

dualismo antropologico lo introduce dunque l’orfismo e non il cristianesimo, e

prevede che l’anima e il corpo vivano in contrapposizione e dove la prima deve

svincolarsi da quest’ultimo; si tratta di una lunga serie di pratiche che tentano di

liberare l’anima dalla sua dipendenza dal corpo - niente carne, niente cibi che

rimandino al corpo, purificazioni, preghiere, contatto col mondo spirituale, pratiche

ascetiche. Lo scopo è quello di liberare l’uomo dalla sua condizione mortale: l’uomo

vero non è il corpo ma la sua parte nascosta.

- I presocratici

I presocratici, o naturalisti, vengono chiamati da Platone e Aristotele ‘‘fisiologi’’,

‘‘fisici’’, o ‘‘teologi’’, tre termini che ad oggi non hanno più lo stesso significato.

Vengono chiamati ‘‘teologi’’ perché ricercano il divino, che per loro sussiste nelle

cause prime. Il ‘‘fisico’’ o ‘‘fisiologo’’ si occupa della ricerca della physis, che in latino

significa ‘‘natura’’, ovvero il punto di partenza della realtà; ecco perché Aristotele,

quando fa un discorso sulle cause nomina per primo Talete, e poi Esiodo. I

presocratici si sono occupati dell’uomo, anche se si conosce di questi abbastanza

poco. Di loro ci sono pervenuti frammenti delle loro opere e testimonianze da parte

di due autori molto importanti quali Platone e Aristotele.

Talete è stato un grande filosofo, matematico e geometra vissuto tra il VII e il VI

secolo. Talete, per Aristotele, è un personaggio avvolto nelle nebbie. La differenza

tra l’atteggiamento di Talete e di Omero consiste nel fatto che Talete pensava che

l’origine di tutte le cose, l’archè, fosse l’acqua, con la differenza che, mentre i poeti

come Omero raccontavano senza dare prove, Talete ragionava sugli eventi che

voleva spiegare, desumeva delle cose da ciò che osservava, ragionava su ciò che

vedeva e su ciò che era desumibile. Talete pensava dunque che il principio fosse

l’acqua, questione che gli è stata suggerita probabilmente dall’osservazione che

tutto si alimenti di acqua, anche il caldo, che sopravvive anch’esso grazie a lei -

l’acqua è fonte di vita. Talete è stato il primo a porsi criticamente il problema

dell’origine di tutte le cose.

Aristotele afferma che la Filosofia sia un sapere che non ha scopi pratici, quindi che

non serve a nulla di importante. Lo dice nel primo libro della ‘‘Metafisica’’ : la Filosofia

nasce una volta che sono stati risolti i problemi del quotidiano (es. avere una casa,

un telefono, un televisore) e i problemi superflui (es. avere il telefono di ultima

generazione); questo significa che, finché non si sono risolti questi problemi, non si

può fare Filosofia, e poi che anche dopo aver risolto questi problemi, c’è sempre un

qualcosa che manca. Non si può fare a meno di interrogarci del senso dell'esistere,

poiché ci sarà sempre un qualcosa che manca. Questo sta a significare che le

condizioni di prosperità sono condizione necessaria ma non sufficiente. Certamente,

il mondo greco era un mondo dove si viveva bene e c’era prosperità, ma la Filosofia

rispondeva a dei bisogni diversi, e non nasceva dall’interesse.

La Scuola di Mileto, della quale facevano parte Talete e i suoi due allievi

Anassimandro e Anassimene, è testimonianza di una ricerca libera da scopi pratici.

Anassimandro è il primo Filosofo che pare abbia usato la parola archè, che per lui è

identificata nell’apeiron – ‘‘senza limiti’’, ‘‘illimitato’’, ‘‘indeterminato’’, ‘‘infinito’’.

Questo principio, per Anassimandro non si identifica in un principio fisico (acqua aria,

fuoco), bensì con un qualcosa che non ha limiti né qualità. Secondo lui, tutto nasce e

tutto ritorna a questo principio – ciclicità e periodicità nel divenire delle cose.

Anassimandro sosteneva che le cose che sono pagano le une rispetto alle altre il fio

della loro ingiustizia secondo l’ordine del tempo – il nascere di un qualcosa toglie

l’esistenza ad un qualcuno che già c’è; la generazione è implicante il morire di

qualcun altro. Ciascuna realtà, quando inizia ad esistere, toglie spazio ad una realtà

che già esiste.

Anassimene mette come primo principio l’aria, esattamente per gli stessi motivi per

cui Talete poneva come primo principio l’acqua. L’aria non è intesa solamente come

respiro, ma nel senso che la stessa anima dell’uomo era identificata come un soffio

vitale – animus deriva dal greco anemos che vuol dire ‘‘vento’’. L’aria si rarefà e si

condensa permettendo così il divenire.

Quasi nello stesso periodo, sulla costa occidentale della Magna Grecia, nascono i

Pitagorici, un gruppo di Filosofi che lavorano in comune ma che si confondono tra

loro poiché senza nome (sono conosciuti da tutti come i ‘‘Pitagorici’’). Vengono

riconosciuti tutti nel loro insieme e non nella loro individualità. I Pitagorici non erano

semplicemente una scuola filosofica ma anche un partito politico e una setta, tanto è

vero che, ad un certo punto, prendono potere politico a Crotone, dove risiedeva

Pitagora, facendo così scaturire contro di loro una rivolta. Pitagora è così costretto a

scappare e si rifugia a Metaponto, in Basilicata, dove fa nascere una nuova scuola

pitagorica. Oltre a lavorare in comune e ad avere un carattere settario, per il quale

l’insegnamento era trasmesso in maniera segreta, sono stati i primi ad avvicinarsi

alle scienze matematiche facendole progredire. L’elemento unificante di questa

scuola erano le ricerche sul numero, che diventa, per quanto paradossale, l’archè. Il

numero è il principio dei Pitagorici, che per loro si identificava in una figura

geometrica (es. il 3 era rappresentato con un triangolo). Quando i Pitagorici

pensavano al numero come principio di tutte le cose, non intendevano che ogni

singolo numero potesse generare ogni cosa, ma piuttosto che questi fossero la

struttura nascosta delle cose. Studiando la natura, i Pitagorici, e praticando la

matematica, si sono resi conto che, nella natura, i fenomeni come le stagioni, i ritmi

biologici, i tempi di incubazione del feto e la struttura armonica della musica, si

basano sui numeri, quindi su un qualcosa di ordinato e misurabile. Quando Aristotele

parlava di causa, non la intendeva solamente come un qualcosa che determina un

certo avvenimento, bensì come un principio di integrazione, ovvero ciò che ci aiuta a

capire la natura di una cosa (es. conoscere la natura di un tavolo, quindi di cosa sia

fatto, ci aiuta a capire se questo può essere trasportato con facilità o meno). È

necessario conoscere anche la struttura, il principio interno, la formula, oltre che il

fine. Quando Aristotele afferma che il numero sia una causa formale, sottintende che

questo sia la struttura interna della realtà. Se i Pitagorici erano così bravi osservatori

della realtà da capire che questa si comportasse con regolarità (secondo un ordine),

a tal punto che Pitagora per primo ha chiamato il mondo ‘‘cosmo’’, per loro, infatti,

quest’ultimo non era visto come un’accozzaglia di fenomeni strampalati e disordinati,

ma rispondeva ad una serie di regole, un’armonia, poiché i fenomeni rispettavano

delle proporzioni, erano misurabili e riconducibili al numero. I numeri rappresentano

dunque per questo la struttura portante della realtà, perché tutto ciò che compone

una determinata cosa (es. un cane, un gatto, un tavolo), risponde a un ordine ed è

misurabile. I numeri erano la chiave interpretativa di tutti i fenomeni del cosmo. Il

numero aveva una caratteristica divina, quindi si caricava di significati altri dalla

misurabilità strettamente detta, tanto che, pare che i Pitagorici associassero ciascun

numero a una cosa (es. il 4 era la giustizia). Questa struttura numerica aveva una

valenza simbolica, i quali venivano ricondotti alla coppia pari-dispari (1-2). L’1 era il

principio unitario, il 2 il principio del molteplice; la funzione del numero era di

unificare il molteplice. A questa caratteristica, i Pitagorici attribuivano anche valori

etico-religiosi, poiché, per i Greci, tutto ciò che è delimitato è perfetto. Questo

miscuglio di osservazioni della realtà che la riconducevano a dei principi unificanti, si

mescolava con considerazioni di carattere religioso, etico e spirituale. La realtà è

dunque una sorta di delimitazione dell’indeterminato. Lo stile di vita pitagorica era

fortemente caratterizzato in senso dualistico, cioè si pensava che l’uomo fosse un

composto di anima e di corpo dove ciò che conta non è il corpo ma l’anima: da una

parte c&rsquo

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
42 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sarapisanii di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Marianelli Massimiliano.