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ATTO III
Ci troviamo in un paesaggio bucolico nei pressi del Monsalvato, il giardino incantato si è trasformato in deserto. È passato molto tempo dagli avvenimenti del secondo atto, Parsifal infatti si è perso nel deserto ma ha preso consapevolezza di sé. Il deserto nella cultura cristiana rappresenta un luogo di meditazione e di purificazione, un luogo di passaggio e trasformazione. L'opera si chiude in maniera circolare proprio nel luogo dove è iniziato, ovvero il monte, questo rappresenta un parallelismo con la storia di Cristo. Parsifal viene riconosciuto da Gurnemanz che ritrova Kundri frastornata tra i rovi che è appena stata risvegliata da un sonno infinito. Durante il venerdì Santo, Kundri e Gurnemanz compiono il processo di lavanda dei piedi a Parsifal, il quale viene battezzato e nominato re dei cavalieri del Sacro Graal. Anche Kundri viene liberata e a sua volta battezzata da Parsifal. Intanto il re Titurel è morto e il suo.Il cadavere viene portato al cospetto di Amfortas, ancora sofferente per la ferita. Il principe supplica i compagni di ucciderlo, ma Parsifal interviene e tocca con la lancia il costato di Amfortas e lo guarisce. Kundri muore grata perché liberata dall'incantesimo e l'opera si conclude.
Interpretazione di Castellucci
Il tema principale affrontato da Wagner è l'individualismo del protagonista ed il compimento del circolo che si conclude. Castellucci invece la interpreta in maniera diversa, affidandosi allo spirito guida della musica come generatrice di immagini che si muovono indipendentemente dalla trama dell'ibretto. La dimensione individuale svanisce lasciando il posto alla dimensione collettiva, infatti nella scena in cui Parsifal e Gurnemanz si incontrano sono presenti 150 figuranti nella scena, tra cui numerosi personaggi dell'opera che marciano verso il pubblico (grazie ad un tapis-roulant).
Riferimento all'immagine del dipinto "Il Quarto Stato".
simbolo del socialismo nel 1800. Castellucci vuole riprendere anche il pensiero politico di Wagner. È la collettività l'unica in grado di prendere in mano il futuro e di garantire la salvezza, il singolo non può fare niente. Questo messaggio lo dimostra con gli effetti visivi, talvolta i personaggi sembrano rompere la quarta parete, coinvolgendo il pubblico come parte della collettività. Inoltre, questa scena è l'unica senza filtri che riportano ad un mondo onirico sfocato. La scena collettiva si conclude con una sorta di amarezza con le figure che mano abbandonano lo spazio e lasciano Parsifal da solo con delle cartacce che avvolgono il suolo.
LEZIONE 24
Incontro con il regista teatrale. Processo creativo della scenografia teatrale improntato sulla luce e suono. Lo spettacolo messo in scena si chiama "The Garden", di Luigi De Angelis, Claron McFadden (soprano + applausi) e Emanuele Wiltsch Barberio (tecnico del suono). Perché
Ricorre spesso il tema della sofferenza a teatro? Si parla della logica della prospettiva del dolore che viene oggettivizzato all'interno di una sorta di polittico. Si tratta di una serie di 7 storie focalizzate su Cristo, ma proiettate con le immagini contemporanee sotto forma di sottotesto che si manifesta all'interno di fatti di cronaca reali. È una sorta di metamorfosi, 7 storie di dolore come vie crucis. Condurre con la voce del soprano verso l'immagine, grazie, appunto, al suono della musica. Una delle figure cardine di questo spettacolo è Ponzio Pilato che si lava le mani da tutti coloro che incolpano Gesù.
LEZIONE 25
IL TEATRO DI CARMELO BENE
Il suo territorio influenza le sue scelte artistiche, si tratta della Puglia, dove la superstizione e la fede erano molto più radicate nelle menti. I pugliesi erano colpiti dal pregiudizio di ignoranza, da qui parte la necessità artistica dello studio del "depensamento o vacuità del pensiero".
che si ispira alla storia del "frate asino", ossia San Giuseppe da Copertina. Si narra che questo frate, nei suoi momenti di estasi, lievitasse e si liberasse dai pesi che vincolano l'uomo alla vita terrena. Questi pesi vengono considerati come ciò che permettono all'uomo il ragionamento. Quindi, il concetto di depensamento non è altro che la liberazione da questi dogmi e l'arrivo alla grazia del pensiero. L'esperienza religiosa che Carmelo Bene affronta in età molto giovane lo porta a manifestare in età adulta un pensiero fondamentale per lo sviluppo del suo teatro di depensamento, che venne in mente all'artista durante i sermoni delle messe in latino a cui assisteva. Un altro fattore della sua vita che contribuì a formare Carmelo Bene artisticamente, fu ciò che riguardava la sua salute che sin da piccolo era alquanto cagionevole. Il corpo diventa un elemento centrale nella sua poetica, fondamentale perarrivare al depensamento poiché il corpo prevale sul pensiero. Il corpo è libero dal pensiero e si manifesta nel teatro del non pensamento, cioè una manifestazione teatrale non dedita a mandare un messaggio esplicito o razionale. Non comunica niente, è un pensiero anti dialettico.
Nel 1959 egli tornò a casa da un viaggio a Roma, compiuto per volere del padre che l'obbligò a conseguire la laurea in legge. Carmelo Bene disobbedisce e comincia a coltivare la sua passione per il teatro frequentando diverse accademie. Egli mise anche in scena degli spettacoli come "Il Caligola". Il suo ritorno a casa avvenne principalmente per il suo bisogno di presentare alla famiglia Giuliana Rossi, la sua fidanzata, che intendeva sposare. I genitori, non contenti della scelta del figlio, lo narcotizzano e lo fanno rinchiudere in manicomio. Qui, Carmelo Bene compie uno studio sul linguaggio, focalizzato sul modo di comunicare, le
gestualità e le movenze dei pazienti e ne consegue che. la parola intesa come fonema, prevale sul significato, poiché all'interno di quel luogo non era possibile comunicare normalmente o essere compresi. Dopo due settimane, egli uscì e si rese conto che "il parlante era parlato", cioè che il linguaggio non aveva nessuna importanza se non diceva niente. Da questo momento in poi, Carmelo compie una ricerca sulle variazioni della voce. All'epoca, in Italia, era in voga il cosiddetto "teatro di regia", che si distingue dal "teatro d'attore" perché il primo cercava di modernizzare il teatro attraverso le scenografie, l'adozione di testi sempre più precisi e di una recitazione naturalistica; il secondo, invece, era la "commedia dell'arte", dove la focalizzazione era più sull'interpretazione dell'attore che recitava in maniera esagerata e veniva aiutato dalla.Figura del capo comico. Secondo Carmelo Bene, l'attore non deve essere guidato da un regista che non c'entra nella recitazione, il che ridurrebbe l'attore a mero esecutore, ma deve essere in grado spontaneamente di gestire tutto ciò che riguarda la scena e il teatro. Questo vuole dimostrare che è impossibile interpretare e immedesimarsi in un personaggio; l'attore si rivela, quindi, non attore che rappresenta l'impossibilità della rappresentazione.
Dal 1961 al 1963, Carmelo Bene attua il "teatro di laboratorio", ossia uno spazio teatrale allestito come spazio di sperimentazione artistica, e Bene si trasforma in capo comico, con un gruppo di attori nella sua equipe, e che si occupa di tutto ciò che concerne la messa in scena. Questo teatro si trovava in un quartiere popolare nel Trastevere che a poco a poco comincia ad assumere sempre più rilevanza, attirando l'attenzione di diversi intellettuali di spicco come
Pier Paolo Pasolini o Alberto Moravia. Egli attira la società benestante con le sue provocazioni, queste ultime presenti nel suo teatro come accezione che denota la sperimentalizzazione di esso. Il pubblico rimane, quindi, sconvolto da queste manifestazioni in cui tutto ciò che accade è imprevisto. Un esempio di ciò può essere il "Cristo 63", in cui Carmelo Bene racconta che Alberto Greco, pittore e attore argentino che interpretava Giovanni Battista, a un certo punto avrebbe urinato sugli spettatori, in particolare su un ambasciatore argentino, e che poi alla fine dello spettacolo avesse cosparso il pubblico di panna. Egli destruttura quindi il teatro di tutte le sue convenzioni sociali e di linguaggio. Nel 1968, dopo aver messo in scena il cosiddetto "teatro alla Carmelo Bene", quest'ultimo decide di fermarsi dal teatro. In quel periodo approda sulla scena teatrale un tipo di teatro improntato sulla politica e sulle tematiche di.attualità dell'epoca e questo entrava in conflitto con lo stile di Bene che non esplicitava le sue fazioni politiche ma si limitava a provocare il pubblico in altre maniere, non legate alla politica in sé. Da questo momento in poi, il regista si dedica alle pellicole che riscontrano numerose polemiche in Italia. Il cinema, però, lo avvicina alla scena culturale francese dove approda come cineasta, poi nel 1977 tornerà in Francia nelle vesti di attore e regista teatrale, con "Romeo e Giulietta", Bene si affaccerà a un primo riscontro di peso sul panorama. Nel 1972 torna a teatro, dove attua una transizione verso una nuova fase poetica teatrale, nella quale abbandona quella fase provocatoria e adotta uno stile più lirico. In particolare, con "Saad", l'attore assegna all'apparato sonoro un ruolo centrale. Da qui ha inizio la ricerca sulla "voce prima della parola". Egli poi attuerà la svolta.
concertistica nei suoi spettacoli per focalizzarsi sulla fonè, cioè sull'esternazione della materialità della voce, che non veicola dei messaggi, è una sorta di scrittura ad alta voce, una ricerca vocale che non esclude la presenza di parole di senso compiuto che però sono inserite in un contesto dove non hanno senso. Si ha una sorta di frantumazione delle parole, un suono che crea delle immagini. Questa ricerca viene apportata anche in altri ambiti, come nella dimensione radiofonica.
In questa ricerca sulla fonè, diventa fondamentale l'utilizzo della strumentazione fonica e del playback che permettono di rendere evidente la non coincidenza dell'espressione dell'attore con ciò che viene udito, quindi, viene enfatizzata l'impossibilità dell'attore di esprimersi. Questo provoca in chi osserva uno spaesamento, l'attore viene sostituito dalla "macchina attoriale". In questo modo, la voce
Il testo si compone: il testo diventa una partitura vocale predisposta come un collage, mescolati con dei brani lirici. Dissociazione totale della voce dal corpo dell'attore, la voce diventa corpo stesso della macchina-attore.