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SPD.

Di fronte a ciò la SPD non negò la fiducia a Brüning, ma la Repubblica di Weimar era entrata

in una crisi dalla quale non sarebbe riuscita a uscire.

La dottrina nazista

Il partito nazionalsocialista era stato fondato subito dopo la guerra da Adolf Hitler.

Base programmatica della NSDAP aveva come punti centrali: critica violenta ai socialisti e ai

comunisti, accusati di aver tradito la patria; odio contro pacifismo e internazionalismo;

opposizione di principio al pluralismo democratico e allo Stato di diritto; impegno di restituire

al paese la sua grandezza.

Nel giro di pochi anni Hilter, abile oratore e trascinatore di folle, ispirandosi a Mussolini,

riuscì a fare della NSDAP il più importante partito della Baviera. Al partito aderirono anche il

gen. Luddendorf e l’aviatore Hermann Göring.

Il partito creò presto dei reparti d’assalto: le SA. In carcere, nel 1923, Hitler scrisse la prima

parte del Mein Kempf in cui esponeva il suo programma.

Cardine delle idee di Hitler era il concetto di «razza»: lotta tra razza ariana - incarnata nei

tedeschi, biologicamente superiore e culturalmente creativa – e razza ebraica, corruttrice e

creatrice di tutti i mali (liberalismo, comunismo, ecc.).

Lo Stato per Hitler si costruiva sulla comunità etnica fondata sul sangue, sulla stirpe, sulla

terra e doveva essere guidato da un Führer. Con il Führerprinzip si cancellava ogni idea di

democrazia, rendendo inutile il Parlamento.

Il rapporto doveva essere diretto tra il popolo e il capo.

Il nuovo Reich, infine, avrebbe dovuto espandersi verso est, rompendo ordine di Versailles,

sulla base del Lebensraum (lo spazio vitale) dovuto alla «razza dominante».

Il partito nazionalsocialista

Uscito di prigione Hitler riorganizzò il partito, dandogli dimensioni nazionali e riaffermando

suo carattere paramilitare, affiancando alle SA, di cui non si fidava completamente, le SS

(Schutzstaffeln, «reparti di protezione») una guardia pretoriana posta nel 1929 sotto la guida

di Himmler.

Le SA e le SS alla fine del 1931 avevano già fatto più di 60 morti e 3.000 feriti tra gli

oppositori, creando un clima da guerra civile nel paese.

La crisi del 1929 consentì a Hitler di acquistare nuovo consenso.

Il partito riuscì a sfruttare il malessere sociale provocato dalla depressione economica, il

risentimento contro il trattato di Versailles e il malcontento verso la Repubblica di Weimar.

I nazionalsocialisti acquistarono consenso di classi medie urbane, timorose della loro

marginalizzazione e tra le popolazioni rurali. Il successo fu enorme soprattutto nel mondo

giovanile e studentesco: nel 1931 il 40% di iscritti aveva meno di 30 anni. 800.000 iscritti nel

1931 e 1.400.000 nel 1932.

Il rafforzamento della NSDAP fu confermato dalle elezioni presidenziali del 1932. Il

presidente uscente Hindenburg fu rieletto, paradossalmente, col sostegno della SPD, del

Zentrum e dei liberali, per opporsi all’elezione di Hitler, ma questi ottenne il 36,8% dei voti.

La fine della Repubblica di Weimar

Dopo le elezioni presidenziali la crisi della repubblica di Weimar arrivò al termine.

Nel maggio 1932 Brüning che aveva decretato, tardivamente, lo scioglimento delle SA fu

costretto a dimettersi.

Al suo posto fu nominato Franz von Papen, un cattolico reazionario e gradito ai militari, che

puntava a una sorta di dittatura oligarchica.

Con un colpo di mano, von Papen sciolse il parlamento e le nuove elezioni del Reichstag

videro un grande successo nazista.

Con 14 milioni di voti e il 37,4% la NSDAP divenne il primo partito (Zentrum 15,7%, SPD

21,6%, KPD 14,6%).

Pochi mesi dopo von Papen, che si era accordato con Hitler, sciolse ancora una volta il

Parlamento.

Le elezioni di novembre non modificarono la situazione, ma spinsero Hindenburg, intimorito

dal successo comunista, a nominare il 30 gennaio 1933 Hitler nuovo cancelliere.

Era la fine della Repubblica di Weimar: Hitler aveva preso il potere e nei mesi successivi il

suo governo di coalizione (con popolari e nazionalpopolari) avrebbe trasformato lo stato.

L’incendio del Reichstag e i pieni poteri

Il governo di Hitler si presentò inizialmente come un governo senza maggioranza

parlamentare e in cui i nazisti dichiarati occupavano solo 3 ministeri. Per legittimare il

governo furono convocate nuove elezioni.

La campagna elettorale fu segnata dalla violenza.

Il 27 febbraio 1933, sette giorni prima del voto, la sede del Reichstag andò a fuoco,

probabilmente per mano nazista.

Il governo accusò il partito comunista dell’accaduto e, con questo pretesto, scatenò una dura

azione repressiva contro SPD e KPD.

Nonostante il clima di intimidazione, la NSDAP raggiunse il 44% dei voti, sotto la

maggioranza assoluta, mentre un terzo degli elettori votò comunque i partiti di sinistra.

Il 23 marzo 1933 Hitler si fece accordare i pieni poteri dal Parlamento epurato dal KPD,

messo ormai fuori legge. Nel volgere di poche settimane Hitler sostituì la repubblica

democratica con un regime totalitario e dittatoriale: il «Terzo Reich».

Stato e partito

Hitler mise fine alla struttura federale della Germania, nominando governatori alla guida del

Lander, cui nel 1934 fu tolta la sovranità.

Seguì lo scioglimento della SPD, mentre gli altri partiti decisero per l’autoscioglimento. Una

legge stabilì che nel paese poteva esistere un solo partito: la NSDAP.

Anche i sindacati furono sciolti e inquadrati in un «Fronte tedesco del lavoro» che

comprendeva lavoratori – privati del diritto di sciopero e di libera organizzazione – e datori di

lavoro e in un’organizzazione dopolavoristica.

Nel dicembre 1933 iniziò la cosiddetta «sincronizzazione» tra Stato e Partito secondo cui i

membri del partito godevano di uno statuto speciale e non dovevano dunque essere

sottoposti ai tribunali ordinari. Il responsabile politico-organizzativo del partito e il capo delle

SA diventavano membri di diritto del governo.

Hitler dunque nazificò lo Stato e occupò tutte le istituzioni attraverso il suo partito.

Diversamente dal fascismo italiano, a Hitler bastarono pochi mesi per terminare la

costruzione dello stato totalitario nazista.

Alla morte del presidente Hindenburg nel 1934 Hitler aggiunse quella carica a quella di

cancelliere, autoproclamandosi «Führer del Reich e del popolo tedesco».

La propaganda nazista

Per sviluppare il programma di subordinazione dei tedeschi al regime, i nazisti impiegarono i

due principali strumenti dei governi totalitari: propaganda e repressione.

Sotto la supervisione di Joseph P. Goebbels, ministro della stampa e dell’informazione, tutti i

mezzi di comunicazione di massa furono monopolizzati dal partito.

I contenuti dell’insegnamento furono controllati dal partito, resi funzionali all’ideologia

ufficiale. I giovani furono inquadrati e condizionati ideologicamente nelle Hitlerjugend

(Gioventù hitleriana).

Il mondo universitario e accademico fu posto al servizio del partito unico.

Le biblioteche furono epurate dalle opere di scrittori di sinistra, democratici ed ebrei (da

Voltaire a Marx a Freud, da Mann a Kafka) e nelle piazze si organizzarono roghi di libri

«indegni dello spirito tedesco».

Il nazismo condannò in blocco l’arte moderna come «decadente e degenerata» e ritirò dai

musei i quadri più significativi di un’intera epoca (Chagall, Kandinsky, Klee).

Il nazismo organizzò poi spettacolari parate militari e sportive, feste e cerimonie pubbliche di

massa, incorniciate in una scenografia monumentale.

Lo scopo di questa ritualità pervasa da un carattere sacrale e da una forte carica mistico-

simbolica era di coronare quel processo di appropriazione dell’individuo da parte della

collettività.

Un dirigente nazista dichiarò nel 1938: «la sola persona che ha ancora una vita privata è la

persona che dorme».

La repressione e la resistenza al nazismo

Accanto alla propaganda, un ruolo fondamentale ebbe la repressione degli avversari,

operata dalle SS e dalla polizia segreta creata nel 1933: la Gestapo.

La Gestapo operò un’epurazione capillare nell’amministrazione e imprigionò illegalmente gli

oppositori politici.

La repressione colpì duramente anche alcuni oppositori interni. Nel corso della «notte dei

lunghi coltelli» (30 giugno 1934) le SS uccisero circa 200 nazisti, tra i quali i vertici delle SA e

lo stesso Eric Röhm che le guidava: le velleità d’indipendenza di questi gruppo non

piacevano al nuovo regime.

Una forma di resistenza sotterranea al regime rimase viva, soprattutto tra i giovani

(esperienze come i pirati dell’Edelweiss, le bande di Lipsia, il movimento swing) che con

comportamenti non approvati (ad es. ascoltando lo swing) si opponevano alla penetrazione

nazista.

Molti intellettuali (tra cui Thomas Mann, Bertolt Brecht e Albert Einstein) furono, però costretti

all’esilio.

Anche la Chiesa cattolica – in virtù delle preoccupazioni espresse da Pio XI nel 1937 sul

nazismo – e le Chiese protestanti espressero un’opposizione spesso clandestina e

silenziosa.

I campi di concentramento

Gli oppositori furono rinchiusi dalla Gestapo in campi di concentramento (lager) - che

anticiparono i campi di sterminio – gestiti dalle SS con una inumanità tale che provocava

spesso la morte dei reclusi.

Tra il 1933 e il 1939 furono internati circa un milione di individui, tra cui 350.000 membri del

Partito Comunista.

La repressione non colpì soltanto gli oppositori politici, ma anche tutti coloro che venivano

considerati «devianti», appartenenti a una «razza parassitaria» che avrebbe danneggiato la

«razza ariana».

Tra loro vi erano persone omosessuali, appartenenti alle etnie rom e sinti (volgarmente

definiti «zingari»), testimoni di Geova, immigrati, vagabondi e, soprattutto, ebrei.

Il sistema repressivo nazista coinvolgeva anche la magistratura, ridotta a pura esecutrice

delle volontà del nazismo e che emanò circa 20.000 condanne a morte.

I campi di concentramento

Rom provenienti dal Burgenland, immagine propaganda delle SS, 20 luglio 1938

Le leggi antiebraiche e la notte dei cristalli

La persecuzione degli ebrei era parte integrante dell’ideologia nazista. La «soluzione finale»

immaginata nel 1942 rappresentò in questo senso solo la fine tragica di un percorso iniziato

sin dall’avvento del regime.

Nel 1933 furono epurati gli ebrei impiegati nelle amministrazioni statali e comunali e una

serie di provvedimenti li escluse dall’esercizio delle professioni liberali e dalla docenza

universitaria.

Le leggi di Norimberga, approvate nel 1935, vietavano agli ebrei, priv

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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giorgiarittano di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Adamo Pietro.