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Estratto del documento

DEFINIZIONI DI PARTE

Tipo di giudizio Introduce l’azione Subisce l’azione

Procedimento di I grado introdotto con Attore Convenuto

citazione

Procedimento di I grado introdotto con Ricorrente Resistente

ricorso

Appello Appellante Appellato

Cassazione Ricorrente Resistente

Giudizio di esecuzione Creditore procedente Debitore escusso

Giudizio cautelare Ricorrente Resistente

2 – legali difensori

L’art. 82 c.p.c. sancisce che davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio

personalmente nelle cause il cui valore non eccede € 1.100,00 (millecento/00). Negli altri casi, le

parti non possono stare in giudizio se non col ministero di un difensore. Il giudice di pace,

tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su

istanza verbale di parte, può autorizzare a stare in giudizio di persona. Davanti alla Corte di

Cassazione occorre il ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo. L’art. 86 c.p.c.,

comunque, permette a chi abbia la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con

procura presso il giudice adito, di stare in giudizio senza il ministero di altro difensore. Ai sensi

dell’art. 87 c.p.c., la parte può farsi assistere da uno o più avvocati, e anche da un consulente

tecnico nei casi e con i modi stabiliti.

L’art. 83 c.p.c. precisa che quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve

essere munito di procura. La procura alle liti può essere generale o speciale e deve

essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. La procura speciale può

essere anche apposta in calce o a margine della citazione o dell’atto in genere, o anche

della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore

originariamente designato. In tali casi, l’autografia della sottoscrizione della parte deve

essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su

foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, o su documento

informatico separato sottoscritto con firma digitale e unito all’atto cui si riferisce mediante

strumenti informatici. La procura speciale si presume conferita soltanto per un

determinato grado del processo a meno che nell’atto non è espressa volontà diversa.

L’art. 84 c.p.c. dispone che quando la parte sta in giudizio col ministero del difensore, questi può

compiere e ricevere, nell'interesse della parte, tutti gli atti del processo che dalla legge

non sono ad essa espressamente riservati. In ogni caso non può compiere atti che importano

disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere.

La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la

rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del

difensore. 3 – responsabilità delle parti per i danni processuali

L’art. 90 c.p.c. sancisce che il giudice, con la sentenza che chiude il grado del processo,

condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne

liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. Se accoglie la domanda in misura non

superiore all’eventuale la proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza

giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la

formulazione della proposta.

I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono decisi con le forme previste negli

articoli 287 e 288 c.p.c. dal capo dell’ufficio a cui appartiene il cancelliere o l’ufficiale giudiziario.

Nelle cause dinnanzi al giudice di pace con un valore inferiore ad € 1.100,00 (euro millecento/00),

le spese e gli onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda.Tuttavia, il

successivo art. 92 c.p.c. dispone che il giudice può escludere la ripartizione delle spese

sostenute dalla parte vincitrice se le ritiene eccessive o superflue. Se vi è soccombenza reciproca,

il giudice può compensare le spese che tra le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel

processo verbale di conciliazione.

L’art. 96 impone alla parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio in mala fede o con

colpa grave possa essere condannata oltre che alle spese anche al risarcimento dei danni che

liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.

L’art. 97 c.p.c. statuisce che se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse

alle spese ed ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa. Può pronunciare

condanna solidale di tutte o di alcune tra esse, quando hanno interesse comune. Se la sentenza

non ripartisce le spese, la ripartizione è intesa per quote uguali.

4 – diritto di azione e tipologie di attività giurisdizionale

L’art. 99 c.p.c. dispone che chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre

domanda al giudice competente. Questa disposizione si accompagna a quelle contenute negli

artt. 2907 e ss. c.c., in merito all’attività giurisdizionale.

L’art. 2907 c.c. prescrive che alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità

giudiziaria su domanda di parte (art. 99 c.p.c.) e, quando la legge lo dispone, anche su istanza

del pubblico ministero o d’ufficio. L’art. 2908 c.c. prescrive che nei casi previsti dalla legge,

l’autorità giudiziaria può costituire, modificare od estinguere rapporti giuridici, con

effetto tra le parti, i loro eredi od aventi causa. Occorre però soffermarsi sull’aspetto dell’impulso

ex officio, che ricorre in realtà in casi limitatissimi opportunamente previsti dalla normativa,

ne procedat iudex ex officio

vigendo fuori di essi il brocardo cui consegue l’esclusività del potere di

azione in capo al titolare del diritto leso.

Da queste norme si evince la suddivisione dell’attività giurisdizionale c.d. di cognizione a seconda

di tre distinti indirizzi:

1. Giurisdizione di accertamento, dove il giudice interviene in una situazione di incertezza di

rapporti giuridici per dichiarare l’esistenza o meno di un diritto, indipendentemente dalla

violazione di una norma (es., il datore di lavoro propone la domanda per accertare

inconfutabilmente che una serie di assenze del lavoratore integrino la fattispecie di giusta

causa di licenziamento);

2. Giurisdizione costitutiva, che tende a produrre una modificazione giuridica, ossia a

costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico. La giurisdizione costitutiva può

essere necessaria qualora il diritto può essere attuato esclusivamente dal giudice (es.,

separazione dei coniugi, interdizione, inabilitazione, ecc.) oppure non necessaria, come nel

caso dell’obbligo di contrarre assunto con un contratto preliminare proprio rimasto ineseguito

e attuabile con sentenza ex art. 2932 c.c. (da distinguersi dal c.d. contratto preliminare

improprio, ossia un contratto qualificabile come una compravendita realizzata per scrittura

privata senza formale atto notarile);

3. Giurisdizione di condanna, con cui si chiede, oltre all’accertamento del diritto che si vuole

far valere, l’affermazione di un diritto violato e del conseguente bisogno di riparazione. Il

principale effetto della sentenza di condanna è la formazione del titolo esecutivo, ma non è

l’unica: altri effetti sono l’iscrizione di ipoteca giudiziale (la sentenza attribuisce al creditore

la legittimazione di procedere a proprie spese all’iscrizione di ipoteca di un immobile del

debitore ex art. 2218 c.c.) e l’applicazione della prescrizione ordinaria (i diritti per i quali la

legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è

intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci

anni, come premio al creditore che abbia dimostrato vitalità del credito avviando un’azione di

condanna).

La domanda dell’attore potrebbe invece richiedere l’esecuzione di un’attività giurisdizionale

di esecuzione, la quale mira ad ottenere l’attuazione pratica del diritto del creditore anche

contro la volontà del debitore (es., pignoramento), nonché di un’attività giurisdizionale

cautelare, la quale mira ad impedire che il diritto da tutelare sia pregiudicato durante il

tempo necessario per ottenere la tutela giurisdizionale. Dato che quest’ultima attività è

strumentale a quella di cognizione o di esecuzione, non presenta caratteri autonomi ma, a

seconda dei casi, quelli propri della cognizione, dell’esecuzione oppure di entrambe.

5 – interesse ad agire

L’art. 100 c.p.c. rubricato interesse ad agire dispone che per proporre una domanda o per

contraddire alla stessa è necessario avervi interesse.

Pertanto, la tutela giurisdizionale civile si attiva su richiesta di un soggetto che abbia

l’interesse e la legittimazione ad agire poiché è stato leso un suo diritto soggettivo

meritevole di tutela. In altre parole, affinché il processo civile nasca, è necessaria una

richiesta, un’azione, promossa al fine di conseguire un giudizio con cui ottenere una certa utilità

(c.d. interesse ad agire) da parte di un c.d. attore, il quale ritenga di essere titolare di un diritto

soggettivo protetto dall’ordinamento e quindi al contempo legittimato a difenderlo (c.d.

legittimazione ad agire), poiché leso da altri.

Il potere di promuovere un’azione spetta a tutti, cittadini italiani e non, ad eccezione

dei soli incapaci, in sostituzione dei quali il potere di proporre domande relative ai loro diritti

spetta ai loro rappresentanti legali.

6 – litisconsorzio necessario

L’art. 101 c.p.c. istituisce il principio del contraddittorio, sancendo che il giudice non può

statuire sopra alcuna domanda se la parte contro la quale è proposta non è stata

regolarmente citata e che durante il processo tutte le parti interessate dovranno essere tenute

informate e messe in condizione di difendersi.

Naturalmente conseguente all'art. 101 c.p.c., l’art. 102 c.p.c., rubricato “litisconsorzio

necessario”, sancisce che se la decisione deve essere pronunciata coinvolgendo più

parti, queste debbono agire od essere convenute nello stesso processo. Se questo è stato

promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del

Ratio legis

contraddittorio in un termine perentorio da lui stesso stabilito. è quindi proprio

garantire il principio del contraddittorio.

Ciò avviene, ad esempio, quando un attore chiede di condannare il convenuto alla demolizione

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
71 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher David893. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Consolo Claudio.